sabato 9 ottobre 2021

L'unicum alla Biennale di Venezia: elogio dell’artista come manager delle pubbliche relazioni, di Aldo Elefante

 Gian Maria Tosatti: l'unicum made in Italy al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, a cura di  Eugenio Viola (Scuola di Critica d'Arte di Salerno)





"Elogio dell’artista come manager delle pubbliche relazioni"

di Aldo Elefante

 Questa decisione di presentare il solo Gian Maria Tosatti nel Padiglione italia alla prossima Biennale di Venezia è un atto di arroganza ed arbitrio enorme. Mai era accaduto che il Padiglione fosse affidato ad un singolo artista. Quindi neanche Pistoletto ha mai avuto questo onore, tanto per fare un nome. E’ un regalo che Napoli fa attraverso i suoi galleristi e il suo curatore all’Italia. Ma anche Roma non ha voluto essere da meno subito dopo nominando Tosatti direttore artistico della Quadriennale. Però come dimostrerò più avanti da un certo punto di vista questa decisione coglie nel segno.

Eugenio Viola, il neocuratore del Padiglione italiano, è l'autore di questa scelta arrogante. Io l’ho conosciuto "da piccolo" dovrei dire, non molti anni fa, quando era il giovane assistente di galleria di Guido Cabib a Napoli. Non discuto le sue qualità intellettive e di studioso. Ma forse non deve solo a queste il suo successo. La sua condotta molto attenta ai rapporti di forza e di potere, molto andreottiana, che ho potuto verificare di persona come artista, lo rende perfetto per questo anetico sedicente sistema dell’arte.

L’incontro di Viola con Tosatti è avvenuto perché il primo è stato il curatore di un ciclo di mostre del secondo a Napoli supportate da Fondazione Morra, Lia Rumma e Madre (la santissima Trinità), intitolato “Sette stagioni dello Spirito". E’ proprio in questa città, che ha sempre odiato i suoi artisti migliori, Tosatti ha trovato l’America. Qui ha avuto un’accoglienza enorme e gli sono state aperte tutte le porte.

Prima dell’elogio di questo nuovo eletto dalla Chiesa dell’arte contemporanea nostrana, vi racconto delle volte in cui l’ho incrociato nelle sue molteplici attività artistiche napoletane.

Innanzitutto ricordo queste e-mail, che arrivavano a firma sua. Erano proprio le classiche lettere aziendali dove cambiava come di prassi soltanto il nome del ricevente. In esse lui, con tono perfetto dirigente d’azienda, si dichiarava felice di ricevere il destinatario della mail alla sua mostra. Di lui mi vengono in mente ancora l’installazione di un campo di spighe all’interno di Castel Sant’elmo che gli valse la vittoria di un premio, qualcuna di queste Stazioni che aprivano spazi urbani abbandonati alla visita individuale dei fruitori, e soprattutto il suo big show al Madre (dove occupò la Project room al piano terra e otto sale al secondo piano), prima personale dell’artista in un museo pubblico italiano. Sono stato presente anche ad un paio di incontri fra i tanti che organizzò al Museo Nitsch, dove vennero grandi artisti come Kounellis, e dove mi meravigliai di quanto fosse rispettato come interlocutore questo giovane dalla parlantina “giusta" ma dai contenuti piuttosto poveri. E infine ho memoria di un video presentato in occasione di una rassegna nel centro occupato ex Asilo Filangieri che documentava una sua operazione in uno spazio autogestito alla periferia di Roma. Da quello che ho visto mi sono fatto l’idea che Tosatti è un ottimo venditore della nostra merce nazionale per eccellenza, e cioè la retorica (ma questa ritengo contribuisca alle sue fortune non in maniera determinante pur essendo il corredo perfetto del tipo di artista contemporaneo che cercherò di delineare fra poco). Riconosco che le installazioni tosattiane abbiano una loro valenza scenica teatrale e che quindi possano in qualche modo colpire lo sguardo, ma diffido dalle “scene” e non le sopporto più neanche in teatro.

Perché elogiarlo quindi? Perché il vero valore di questo artista è un altro ed è per questo che forse è giusto fargli rappresentare da solo l'Italia a Venezia. Infatti è un artista di buon livello e di ottima retorica ma diventa eccellente come artista manager delle pubbliche relazioni. Tosatti in effetti ha capito con il suo “trasversalismo relazionale", che lo vede uno e trino passare da un salotto di palazzo Donn’Anna ad un centro sociale, che importante è la presenza, l’essere ubiqui ed il mettersi in relazione, sostenendo con una sapiente autopromozione la propria reputazione in modo costante. L’esatto contrario, ma della stessa valenza, di Banksy. Tosatti è dappertutto e dappertutto esporta la sua retorica. Recentemente un "progetto nomade sul tema del declino delle democrazie e la conseguente scomparsa della civiltà occidentale” lo ha portato tra Ucraina, Turchia e Russia, dove è stato anche arrestato.

Tosatti capisce dove andare per fare ascolto, audience ed affermarsi in questo sistema dell’arte sempre più beatamente autoreferenziale. Tosatti è amico di tutti. E’ anche giornalista, editorialista per il Corriere della Sera e per la rivista Opera Viva, e dulcis in fundo scrittore. Un uomo per tutte le stagioni, anche per le mezze stagioni che non ci sono più. Piace a tutti. E non vuole dispiacere a nessuno.

E questa è l’arte all'inizio del terzo millennio. Il luogo teorico/pratico dove l’estetica relazionale di Nicolas Bourriaud incontra le pubbliche relazioni teorizzate da Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud. Non più opera processo oggetto performance, ma neanche dispositivo per attivare la creatività del pubblico. Semplicemente superattivazione dell’attività relazionante, con conseguente creazione di un proprio pubblico partecipativo, in vista della creazione di sé come valore che diventa prassi estetica e quindi trionfo, tardivo e in negativo, del mito della sovrapposizione arte/vita. Oggi l’arte sta nelle public relations, e cioè, come da definizione, nelle pratiche di comunicazione il cui obiettivo è sviluppare relazioni. L’artista è quindi prima di tutto un PR. La sua arte sta nel crearsi un seguito, tanti followers in tutti i piani di realtà che frequenta. Naturalmente deve partecipare alle feste e agli eventi che contano, ufficiali o alternativi. Poi la qualità di opere o installazioni è un fattore marginale. Certo quelle spettacolari e di facile lettura sono le migliori, così come gli interventi pseudoimpegnati nel sociale che sanno toccare in maniera superficiale i grandi temi della contemporaneità (interventi realizzati molto spesso da chi sta saldamente a braccetto con i padroni dell'arte). Ma ciò che conta è la capacità di attrazione personale che l’artista sa mettere in campo. E in questa “arte delle relazioni" credo che dopo Cattelan e Vezzoli, che pure devono molto alla loro capacità di relazionarsi con il pubblico dell'arte e soprattutto con le persone giuste, Tosatti sia oggi il più grande in Italia e forse uno dei più grandi a livello internazionale. Ecoo perché il mercato, che ama i lavori retorici e l’artista divo, ha investito su di lui.

Se la motivazione del curatore, anche lui molto relazionale, per la sua decisione fosse stata il riconoscimento di questa “relazionalità estetica" non avrei mosso alcuna critica ed anzi avrei appoggiato la decisione. Invece Viola pretende di proporre questo artista come il miglior ideatore/creatore italiano di qualcosa che siano installazioni o altro, e questo è fortemente opinabile. Insomma non riesce a prendere atto, occultandola, di questa trasformazione epocale dell’arte di cui Tosatti è un eccezionale interprete.

Anche se l’artista romano, come già si può evincere dalle sue prime dichiarazioni, preparerà un grande spettacolo retorico per la Biennale, assisteremo, al di là di ogni scenografia o superinstallazione, al trionfo dell’arte come vita di pubbliche relazioni

Aldo Elefante, 09 settembre, 2021


 Gino Severini

Si questa è l’arte di oggi

Giuseppe Di Guida

Ernesto Terlizzi
Ormai e' cambiato tutto spece nell'arte. Non ci sn piu' regole o punti di riferimento. Tutto non e' piu' come un tempo. Viviamo in una sorta di cortocircuito in cui ognuno e' libero di fare, proporre o proporsi come protagonista assoluto di questo tempo.

Maurizio Cesarini
Ciò che mi colpisce in alcune forme dell'arte oggi, non la chiamo contemporanea per non iscriverla di prassi in un contesto categoriale che a volte non merita,è una sorta di inversione di senso e di formulazione programmatica.
Ad esempio noto una inversione tra arte relazionale ed arte di relazione, dove il primo termine pur sostanzializzando una modalità artistica , peraltro precedentemente presente, ha comunque il merito di sistematizzare modalità operative contemporanee, oggi appare più frequente un'arte di relazione, ovvero l'immagine di un artista p.r. che gestisce il lavoro non rispetto ad una sua ricerca, ma in base alle relazioni utili in seno al sistema dell'arte ( il giusto curatore,la giusta galleria i giusti eventi a cui partecipare o almeno in cui farsi notare )delegando il senso del proprio lavoro all'ambito nel quale questo viene esposto.
L'altro aspetto, sto evidentemente semplificando, è il politicamente corretto, che già di per sé nella sua definizione è nell'ambito dell'arte una aberrazione,in corretto politicamente, dove l'artista si allinea retoricamente sulle posizioni espresse dalla maggioranza, a cui si riferisce come pubblico, così da produrre furbescamente un'opera che sia sempre allineata alle indicazioni correnti, spacciandola a volte come decisa critica sociale.
In ultimo una allegra disconnessione teorica sulle definizioni dell'operare artistico laddove i termini concettuale, performance,installazione ecc, svuotati di un senso che storicamente li definiva , vengono adottati con superficialità per giustificare un'opera già significativamente superficiale, ma che sapientemente inserita in tali contesti acquista come per magia un'aura che originariamente non possiede.

Gloria Pastore
Un'analisi perfetta e veritiera ..sociale,arte,individualita e consenso

Salvatore Manzi
Che poi di pubblico hanno ben poco alcune relazioni, se non nella loro manifestazione di un certo potere. Queste relazioni sono invece private, interne, viziate.

Sergio Spataro
È il cambiamento dell' abito come moda.nudi non si puo andare, allora meglio camaleonticamente adattarsi e travestirsi
Cosi' e.....

Raffaele Vozla Vozzella
..c è anche da considerare non proprio un particolare secondario , che certo va oltre le tue citazioni di fatti e personaggi , perché è un motore di dinamiche accertato e generalizzato . In parole povere...è l andar di letto e in frasca , il sesso fa girare le cose , senza questo fattore , anche in campo arte , non si sarebbero visti personaggi in luoghi ed occupazioni .

Antonello Tagliafierro
La tua è un 'analisi centratissima della situazione attuale .

Lello Masucci
Tutto come il green pass

Marcella Stefanoni
lettura interessante

Angelo Pretolani
... ai tempi di Lorenzo de' Medici la situazione era diversa?... se eri Torrigiano eri out... o nel Cinquecento con Tiziano... Lorenzo Lotto docet...

Angelo Riviello Moscato
L'unicum made in Italy alla Biennale di Venezia? E' il solito discorso di potere. Chi ha più polvere spara. Evidentemente di "polvere ne hanno piene le carabine"...

Sandro Ricaldone
Lo ricordo al primo Forum dell'arte contemporanea a Prato (2015), dove proclamava di non riconoscere il sistema dell'arte ...

Angelo Pretolani
Sandro Ricaldone ... appunto, come volevasi dimostrare...

Angelo Riviello Moscato
Sandro Ricaldone Questa sera si recita a soggetto...


Franca Palomba
Ivano Sossella Usw se tu pensi che questa assegnazione del Padiglione a Tosatti (ma forse anche del Padiglione stesso a Viola) non sia dovuta anche e soprattutto al fatto che questo artista faccia parte della scuderia di Lia Rumma penso che sei fuori strada. C’è un grande investimento economico su questo artista ed è un’operazione che chiaramente avviene ad un livello importante del sistema dell’arte.

Ivano Sossella Usw
Lia Rumma non va bene ? La sua "scuderia" nemmeno ? grande (non certo grandissimo direi..) investimento nemmeno ? Anche alla mia prima Biennale ci furono scuderie, Lie Rumme e colleghe,colleghi, e investimenti dal sapore non di bruscolini... non va bene ? Fu pure una bella Biennale e mio vedere...in ogni caso grazie e buona serata

Roberto Scala
Biennale o non Biennale i giochi sono stati studiati e costruiti, ora dobbiamo tutti andare a vedere cosa succede a Venezia. Io ci sarò

Walter Bortolossi
Bel commento.
Comunque per me vanno a sbattere. Quel lavoro fuori dall’Italia non interessa nessuno , la sua galleria non è cosí influente a livello internazionale e il Padiglione Italia non serve a nulla . Negli Stati Uniti hanno altro da pensare . È servito a Penone e a quasi nessun altro ma Penone era già piazzato e con tutta la rete che l’ha preceduto era l’ultimo del gruppo.
Ma oggi non c’è più un Celant . Quindi questi , scusate la battuta, confidano in San Gennaro

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