martedì 5 giugno 2018

Amarcord 4 - Incontri, ricordi, euforie e melanconie

5 giugno 2018
Amarcord 4
Incontri, ricordi, euforie e melanconie
a cura di Giancarlo Politi


John Cage 

John Cage e Lascia o Raddoppia
Pochi ricorderanno cosa è stato Lascia o Raddoppia, la fortunata trasmissione di Mike Bongiorno che inaugurava la nascita della televisione in Italia e anticipava lo star system – molto più dell’Isola dei Famosi o del Grande Fratello. 
Ma il successo di Lascia o Raddoppia è decisamente incomparabile. Si calcolava che oltre trenta milioni di italiani lo seguissero. Ogni giovedì sera, dalle 21 alle 22:30 l’Italia si fermava. Il Parlamento chiudeva, nei cinema si sospendeva la programmazione e si accendeva la televisione. In tutti i bar del Bel paese e in tutte le parrocchie si radunava la gente per guardare il programma insieme al parroco. I pochi privilegiati che possedevano un televisore in casa erano assaliti da torme di vicini che si portavano una sedia per far parte della platea della famiglia. 
Ebbene, io ho partecipato a Lascia o Raddoppia come esperto di poesia italiana contemporanea. A ogni risposta esatta il premio si raddoppiava sino a raggiungere i 5 milioni, una cifra da sogno per quei tempi. Era il 1956. 
Qualcuno penserà che sto esagerando. Chiedete a un ultra settantenne e vi dirà. E sarete sorpresi. Una volta, nei miei viaggi settimanali per partecipare alla trasmissione da Trevi a Milano (viaggio sempre in piedi nel corridoio del treno per guardare il paesaggio: da Trevi a Milano non mi perdevo né un albero, né un fiume, né una stazione ferroviaria tanto ero affamato di curiosità) sono entrato in una UPIM, il supermercato dell’epoca. Ebbene, appena varcato l’ingresso, il supermercato si fermò. Tutte le commesse mi saltarono addosso per un autografo e chiedermi come era Mike Bongiorno. Io allora più goffo e naïf di oggi, mi spaventai e scappai in strada. Pensavo di soffocare. Il successo era per me imprevisto e non riuscivo a fronteggiarlo. L’Osservatore Romano mi dedicò un grande articolo in prima pagina perché avevo letto una mia poesia religiosa, Per chi sei morto Signore. Il Corriere di Informazione, edizione pomeridiana del Corriere della Sera, mandava i suoi inviati a scovare dove abitavo (allora in periferia da una mia lontanissima parente, da loro individuata chissà come).
Insomma i quindici minuti di notorietà per me durarono qualche mese. E che notorietà! Ricevevo migliaia di lettere da ammiratori, ammiratrici, povera gente che elemosinava soldi e dai malati negli ospedali (con la TV accesa per tutti) che mi chiedevano una copia della poesia. Un mio zio trascorreva le sue giornate a duplicare le copie della poesia con la carta copiativa, da inviare ai richiedenti. Lo Specchio, la più prestigiosa collana di poesia (che pubblicava Ungaretti, Montale, Quasimodo), mi chiese subito di pubblicare un libro di poesie. 
Allora, oltre a scrivere poesie, ero un grande fan di tutti i poeti italiani, che un po’ scopiazzavo. Scrissi quasi per gioco una cartolina a Mike Bongiorno che così, poco dopo, mi chiamò per partecipare a Lascia o Raddoppia. 
Per essere ammessi bisognava superare un esame per niente facile, perché i commissari erano degli incompetenti e a volte ponevano domande assurde, anche sui propri parenti poeti – anche se si vociferava che tra essi vi fosse Umberto Eco, non proprio un esperto di poesia. Agli esami con me c’era John Cage che si presentava come esperto di funghi, di cui secondo Mike era un grande conoscitore. Il “musicista” era in Italia e non aveva i soldi per tornare negli Stati Uniti. Due suoi allievi, Hidalgo e Marchetti, scrissero a Mike Bongiorno spiegando la situazione di Cage. Mike era molto benevolo con gli stranieri, soprattutto americani, anche per fare sfoggio del suo perfetto inglese, cosa rara allora. John Cage rispose tranquillamente a tutte le domande e vinse i fatidici cinque milioni. Dopo la vittoria mostrò a tutti gli italiani la sua bravura con un concerto fatto con pentole, scodelle e tutti gli oggetti della cucina. A me è sempre restato il dubbio che Mike Bongiorno avesse voluto aiutare John Cage a tornare negli Stati Uniti, concordando con lui le domande e le risposte. Parlai a lungo con John e mi sembrò di capire, dai suoi sorrisi ironici, che di funghi ne sapesse quanto me. Ma tutti fummo felici per lui e per il concerto che ci regalò. 


Anche Filiberto Menna e Sergio Dangelo con me a Lascia o Raddoppia


Agli esami parteciparono anche Filiberto Menna, esperto di Impressionismo e il pittore Sergio Dangelo, per il Jazz, che però sbaglio alla prima domanda. 
In quanto a me, nelle prime settimane me la cavai benissimo, malgrado quesiti insidiosi come quella su Dino Campana (“Ci dica chi è quel poeta che per sopravvivere suonava il triangolo nella Marina mercantile Argentina”). In realtà ero molto preparato, avevo trascorso gli ultimi due tre anni a studiare con passione e piacere tutta la poesia italiana dal 1905 al 1950, dopo che il medico di Trevi aveva brutalmente frustrato tutte le mie ambizioni di corridore ciclista, scoprendomi, alla vigilia di una gara, un soffio al cuore. Tutti gli studiosi di poesia italiana che incontravo, si complimentavano con me, anzi, mi consultavano su alcuni poeti (qualche anno più tardi, Giacinto Spagnoletti, noto studioso di poesia e autore di un’antologia della poesia italiana che gli “esperti” di Lascia o Raddoppia avevano preso come riferimento, in quel momento mio professore all’Università di Assisi, quando mi vide mi disse: “ma tu cosa vieni a fare qui. Sono io che dovrei venire da te”).
Intanto nel mio paese, a Bovara, il prete sull’altare, don Gino, invitava i fedeli a “pregare per il nostro parrocchiano Giancarlo”. Purtroppo le preghiere dei miei parrocchiani non arrivarono a destinazione perché l’ultima domanda non era insidiosa ma idiota. Mi lessero dei versi religiosi di Danilo Dolci, sociologo e agitatore politico, ma non annoverabile nella categoria dei “poeti laureati”, come direbbe Montale. Mi spiegarono poi che la mia caduta era necessaria perché in ogni serata poteva vincere un solo concorrente. E vinse tal Maria Luisa Garoppo, una formosa tabaccaia di Casale Monferrato, mito di tutti i militari e i maschietti italiani dai dodici anni in su. Io comunque vinsi una vettura Fiat che venduta a un mio zio pasticcere, permise alla mia famiglia, con mio padre disoccupato, di vivere dignitosamente alcuni anni. Nessuna vincita fu mai più gradita perché veramente cambiò la vita della mia famiglia. E ringraziai gli astri e me stesso per quella bella opportunità. Anche perché nel frattempo ero diventato conosciuto tra i poeti che grazie alla mia notorietà tornarono a essere popolari anche loro presso il grande pubblico. Da allora e per alcuni anni iniziai a frequentare Ungaretti, Montale, Quasimodo, Sinisgalli, Luzi, Caproni. Con emozione e spesso commozione.  
La mia notorietà mi portò a lavorare a Roma, al settimanale La Fiera Letteraria, la più autorevole testata letteraria italiana diretta da Vincenzo Cardarelli, che mi incaricò di selezionare le poesie dei lettori e di rispondere loro. Ma un giorno, tal Giuseppe Sciortino, critico d’arte del settimanale, venne a mancare e il capo redattore Pietro Cimatti, conoscendo la mia frequentazione con Burri (che veniva a trovarmi in redazione per poi portarmi a cena dal Pollarolo, in via di Ripetta), Dorazio, Perilli, un giovanissimo Schifano, mi chiese di ricoprire quel ruolo. E da allora eccomi qua. La mondadoriana collana de Lo Specchio (esiste ancora?) aspetta la mia raccolta di poesie da dare alle stampe.
Dai Lettori
Gentile Giancarlo,
le sono davvero molto grato per questo bellissimo suo Amarcord. Una rubrica che lei, con tutta la conoscenza vissuta in prima persona, lo stile asciutto e nitidissimo ma percorso da mille vene passionali, è davvero l'unica persona che può fare in questo modo. 
Matteo Zauli, Museo Carlo Zauli


Questo AMARCORD è bello perché è tuo. Trovo banale che la gente si intrometta su questi ricordi che ovviamente hanno una tua particolare lettura altrimenti perché dovrebbero essere melanconici o au contraire euforici? Sono degli aforismi d'arte in cui meno storia ci metti più sono belli. Resta nella poesia! Non rispondere a nessuno. ciao. 
Abbraccio. Boris



Tra le mostre fatte da Diacono alla galleria di Bologna c’era anche quella di Ontani che allora visitai, come le altre, si intitolava “Pentagonia”, una bellissima mostra di foto acquerellate.
Saluti, Giacinto 



Congratulazioni
Questi Amarcord sono veramente gustosi. Per me è un grande piacere leggerli. Sono anche parte di una “storia” che conosco bene e che è anche la mia.
Caterina Gualco, Genova



Ancora, ancora, questi ‘amarcord’!
Non smetta, anche se possono essere sbiaditi.  Altrimenti andranno definitivamente perduti e invece servono tanto a chi, come me un po’ più giovane,
conosce i personaggi di cui parla per fama, ma non li ha mai incontrati personalmente.  
Aprono delle finestre….
Paola Malato



Belli i tuoi Amarcord! Piacevolissima lettura e suggestiva di spunti di riflessione. 
In attesa della prossima mail, ti saluto con affetto
Margherita Angelus



Caro Giancarlo,
condivido la realistica analisi della tua recente newsletter riguardo a determinati fattori che possono influire sul riconoscimento dei meriti di un artista.
Quando nel fare alcuni esempi probatori hai parlato di un pittore della tua terra di origine che privilegia il colore arancione, anche se non ne hai citato il nome, ho intuito subito che si trattava di R con il quale anch’io ho avuto un intenso sodalizio dalla metà degli anni Sessanta. 
Ci frequentavamo spesso e per gratificarlo gli portavo degli amatori che divenivano suoi collezionisti. Ero riuscito perfino a violarne la monastica riservatezza, facendolo ‘confessare’ con una lunga serie di domande per un libro-intervista (rimasto inedito) dal titolo Ritratto come Autoritratto
Il caso R è emblematico di quanti si appartano per elaborare la loro poetica, incuranti di quello che accade all’esterno; il che non amplia i consensi e non giova alla crescita culturale. Oggi – come hai ben osservato – non bastano le qualità. Per affermarsi nel dinamico sistema globalizzato dell’arte occorre essere competitivi in più sensi.
Per onestà intellettuale va detto che siamo attratti, o distratti, dalle esperienze artistiche innovative, dalle contaminazioni linguistiche, dalle opere connesse alla realtà sociale e così via, rischiando di promuovere ricerche e sperimentazioni poco attendibili. 
R ha scelto una via obbligata dal proprio temperamento francescano: ascolta solo i suoi impulsi creativi e la sua sensibilità, esaltati dalla sapienza manuale. Vive nel suo mondo fantasioso e poetico da prolifico visionario, ossessionato dal colore-luce gialloarancio nelle diverse declinazioni, delegando alla storia il giudizio finale. Egli, dunque, è vittima innocente di un isolamento volontario e si accontenta di ciò che gli offre soprattutto il suo territorio. Dispiace che non abbia ancora il successo raggiunto da altri pittori, meno importanti ma più scaltri. 
Grazie per l’ospitalità. Luciano Marucci



Per suggerire spunti di riflessione e alimentare il dibattito intorno ai contenuti della rubrica scrivete a:giancarlo@flashartonline.com

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