Amarcord 7
Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie
Bruno Bischofberger con Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat e Francesco Clemente (New York,1984) |
Bruno Bischofberger
Bruno Bischofberger, mercante di Zurigo, è stato uno dei grandi protagonisti dell’arte internazionale degli anni Settanta e Ottanta. Insieme a Leo Castelli è stato il gallerista che ha maggiormente influito sul mercato dell’arte di quegli anni. Mentre però Leo Castelli, triestino doc, influiva dall’alto della sua autorità storica e con uno staff di artisti come Jackson Pollock, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Cy Twombly, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, ecc. Bischofberger doveva muoversi convulsamente tra Zurigo, St, Moritz e New York, in cerca sempre del blue chips. Se Leo era l’immagine del buddha immobile aspettando che il mondo venisse a lui, Bruno era l’immagine della trottola che girava il mondo, alla caccia di artisti e collezionisti. Certo, il vero mercante tra i due era Bischofberger, mentre Leo era l’immagine stereotipata del gallerista che protegge i suoi artisti.
Bruno possedeva una bellissima casa a St. Moritz, proprio accanto a quella dell’avvocato Agnelli, dove talvolta mi ospitava con Helena. Con l’avvocato spesso si salutavano dalla finestra e poi insieme andavano al Circolo dello Sci, dove si ritrovavano numerosi miliardari di tutto il mondo. Un club della ricchezza noioso e borioso dove non si era ammessi se non presentati da un socio eminente.
Ricordo che mi presentò un signor Rossi della famosa ditta Martini&Rossi e il noto playboy Gunter Sachs, allora protagonista del jet set internazionale e suo fedele collezionista. La sola persona simpatica e autoironica in quel club per ultraricchi era Bruno Bischofberger.
Il circolo era frequentato dai soci appassionati di “skeleton”, una specialità allora esclusiva di St. Moritz. Si trattava di uno sport pericoloso, in cui un folle con la pancia sullo slittino e la testa in avanti, si lanciava a forte velocità in una pista di ghiaccio, rischiando di spaccarsi la testa a ogni curva. Allora lo skeleton si praticava solo a St. Moritz e i soci si opponevano che diventasse sport olimpico per mantenerne l’esclusività molto snobistica. Ebbene, Bruno era stato campione mondiale (di questo sport praticato da non più di cinquanta persone e solo a St. Moritz), mi pare nel 1959. Per questo era molto rispettato. Vendeva a gogò opere di Warhol (di cui era grande amico) e, successivamente, della Pattern Painting, poi di Schnabel e la Transavanguardia a quei miliardari i cui pur sostanziosi prezzi praticati allora da Bischofberger erano per loro come bruscolini. Mi disse anche che aveva venduto numerose opere all’Avvocato e all’armatore greco Niarchos, altro suo vicino di casa.
Un giorno senza preavviso me lo trovai in redazione a Milano, a quei tempi in via Donatello 36. Con i pantaloni alla zuava come i montanari di Appenzello, suo cantone di origine, dove da giovane gestiva una galleria di artisti naïf, mi presentò un imberbe biondiccio un po’ brufoloso Julian Schnabel. Dovresti fargli una intervista, mi disse. È un giovane molto interessante. Io avevo sentito parlare di Julian Schnabel ma non lo conoscevo abbastanza per poterlo intervistare. Lo feci più tardi a New York. Una bellissima intervista che poi Julian, con la sua tipica arroganza, volle rivedere e la mortificò facendola diventare un comunicato stampa. Julian nel suo film su Basquiat, che ebbe un ottimo successo, ritagliò un ruolo quasi da protagonista per Bruno Bischofberger, interpretato da Dennis Hopper.
La tomba del Faraone
La nuova sede della Galleria Bischofberger. |
Bruno, appena un artista appariva sulla scena di New York, acquistava tutta la sua produzione. Negli anni Settanta, oltre a Warhol, (Bruno mi confessò che per firmare il portfolio di grafica delle Marilyn in negativo, Warhol chiese il viaggio aereo in prima classe per lui e il suo staff – una decina di persone – e volle riservato anche tutto l’ultimo piano di un grand’hotel, pretendendo un congruo finanziamento per la sua rivista Interview, di cui di fatto Bruno divenne l’editore), Bischofberger acquistò tutta la Pattern Painting (Robert Kushner, Zakanitch) allora sotto i riflettori e facente capo a Holly Solomon, la gallerista cult di Soho, per qualche tempo referente di Bruno a New York. Dopo la Pattern Painting, che Bruno abbandonò al primo segnale di flessione del mercato, grazie a Annina Nosei, curioso e intuitivo personaggio italiano, moglie di John Weber, il gallerista dell’arte minimal e concettuale, conobbe Jean Michel Basquiat, affascinante ragazzo di colore pieno di genio e di droghe varie, che presentò a Andy Warhol, per una amicizia senza fine.
Bruno mi raccontava che spesso andava da Zurigo a New York in giornata. Partiva da Zurigo per Parigi alle 7 del mattino. Poi a Parigi alle 9 si imbarcava sul Concorde che dopo 3 ore lo faceva atterrare a New York alle 8 del mattino locali.
Ad attenderlo c’era una Limousine che per 200 dollari lo scorrazzava tutto il giorno negli studi degli artisti. Nel pomeriggio Bruno, con la sua limousine che lo riportava all'aeroporto JFK, riprendeva il Concorde per tornare in serata a cena con la famiglia a Zurigo. Anche per questo e per la sua fame di opere, Bischofberger divenne un mito. Bruno comprava solo artisti americani o viventi a New York (anche Francesco Clemente) ma ne acquistava a tonnellate, per poi liberarsene al primo segnale di debolezza del mercato. In ogni caso ogni artista di New York sognava di vedere arrivare davanti al suo studio la sua famosa Limousine bianca, che poteva fare la fortuna di ogni artista, ma anche dannarlo (Rodney Ripps, dapprima acquistato e celebrato da Bruno, poi abbandonato, sembra abbia tentato il suicidio). Nei suoi anni d’oro Bischofberger è stato il gallerista di Julian Schnabel e della Transavanguardia. Con il declino della Transavanguardia, forse per stanchezza, iniziò anche il declino della galleria Bischofberger, che rinunciò alla Fiera di Basilea e apriva la galleria solo su appuntamento.
Nel 2009 la Fondazione Agnelli ha celebrato Bruno Bischofberger con una mostra della sua collezione di arte e design. Nel 2015 Bruno Bischofberger, per rispondere alle grandi gallerie americane, inaugura, con una mostra di Miguel Barcelò, uno spazio, sempre a Zurigo, di duecentocinquantamila metri quadri. Sì, avete capito bene: di duecentocinquantamila metri quadrati è la Piramide che il Faraone Bruno Bischofberger si è fatto costruire per riporvi i suoi tesori e farsi seppellire con loro: la grande arte contemporanea, il suo amore primigenio, e il suo amore più recente, il design. Uno spazio restaurato da sua figlia Nina e da suo marito Florian Baier. E diretta dal giovane Magnus Bischofberger che all’ombra del grande padre vuole continuarne in qualche modo (ma in quale modo?) l’ambiziosa tradizione. Per ora la grandiosa costruzione, più grande di un aeroporto o cinque volte uno stadio, è una cattedrale nel deserto dove su appuntamento si può visitare questa splendida tomba dell’arte contemporanea.
Contributi
Fabio Novembre
Caro Giancarlo, i tuoi amarcord sono bellissimi.
Li sto girando ad amici degni di condivisione :)
Continua, grazie!
Ti abbraccio, Fabio
Loredana Parmesani
Caro Giancarlo, leggere i tuoi colti e umani ricordi è una meraviglia. Grazie. Un abbraccio. Loredana
Loredana, che emozione leggerti. Non ti vedo dall’estate di dieci anni fa a Hydra, nella villa di Dakis Joannou, quando abbiamo trascorso una bellissima estate insieme. Il tempo vola, ma vediamoci da noi prima che sia tardi. Un abbraccio da Helena e Gea, che ti deve molto.
Giobatta Meneguzzo
Caro Giancarlo,
Ti ringrazio per avermi citato sul numero 339 di Flash Art. Forse sarebbe da chiarire il precedente articolo scritto da Alessandro Bava apparso sul numero 332, nel quale ci sono alcune inesattezze. Ad ogni modo spero di sentirti presto e ti ringrazio ancora. Saluti,
Giobatta Meneguzzo, Museo CasaBianca, Malo, Vicenza
Caro Giobatta, ognuno è responsabile di ciò che pensa e scrive. Noi due conosciamo la verità delle cose che abbiamo vissuto. E io ho una grande stima e riconoscenza per te. Ricordo con nostalgia i giorni trascorsi insieme a Malo, a parlare di arte e della tua straordinaria casa, che mi dicono ormai (giustamente) mutilata delle opere che la videro nascere. E del tuo bellissimo e maniacale museo della grafica. Se avessi il tempo e la forza mi piacerebbe veramente effettuare una rimpatriata e parlarti tanto, di tutto, senza che tu capisca nulla. Come è d’uso ormai tra le persone che hanno ascoltato tanto. Per noi che abbiamo vissuto tante, intense primavere, con Fontana, Castellani, Nanda Vigo, è più importante scambiarci occhiate e sorrisi. Le nostre orecchie servono ora a captare le nuvole, i profumi, i colori e i sapori della tua Malo.
PS. Per chi non ricorda: La casa di Giobatta Meneguzzo a Malo, è stata costruita da Nanda Vigo su progetto di Giò Ponti, con opere realizzate espressamente da Lucio Fontana, Nanda Vigo e Enrico Castellani. E forse anche Soto?
Giuliano Giuman
Caro Giancarlo, molto interessanti i tuoi Amarcord. Ti volevo segnalare che nella pinacoteca dell’Accademia Vannucci a Perugia, c’è un quadro figurativo di Alberto Burri Pesca a Fano del 1947. Saluti.
Giuliano Giuman
Caro Giuliano, grazie per la segnalazione. Io oltre che nel suo studio a Città di Castello, dove Burri mi mostrò due sue opere figurative, ne vidi altre due a casa di Brajo e Bettina Fuso. Che fine hanno fatto? Sono nel Fuseum? Il quale è ancora attivo? Oppure come tutte le Fondazioni di buona volontà e di grandi propositi, dopo qualche anno vengono invasi da ragnatele e da topi?
Luca Rossi
Grazie Giancarlo, bellissime questa pagine. E detto da me buona camicia a tutti :)
luca
Grazie Luca (????). Buon lavoro.
Antonio Carbone
Caro Giancarlo, da anni leggo e seguo Flash Art, sempre con grande interesse e possibilità di apprendere. Ma queste tue ricostruzioni sul filo della memoria artistica e delle vicende umane hanno un valore incommensurabile: rendono le storie artistiche (artisti, galleristi, critici) umane, vere, affascinanti e più comprensibili in senso più ampio e compiuto. A proposito di Burri, pensavo di trovare nella tua nota qualcosa in merito al rapporto tra Burri e Joseph Beuys. In particolare sul loro incontro ???? Alla Sala dei Notari a PG. Su cui ho letto giudizi contrastanti. Puoi dirci qualcosa?
Grazie, ed attendo con ansia di leggere il tuo prossimo Amarcord.
Saluti,
Antonio Carbone
Beuys vs Burri a Perugia: una pagliacciata
Caro amico,
i miei Amarcord sono frutto di esperienze dirette, spesso con date e nomi precisi. Non invento nulla, semmai con il tempo qualche ricordo si fa più vivo, altri meno. Ma tutto, tenendo conto dell’età, è riscontrabile e rintracciabile.
Non ho assistito all’incontro Beuys e Burri, che nessuno dei due artisti ha gradito e considerato significativo. Mettere a confronto due artisti così antitetici, che non avevano nulla da dirsi, esibizionista per natura uno (Beuys), riservato e timido l’altro (Burri, che spesso assisteva alle sue inaugurazioni nascosto dietro le quinte) la considero una pagliacciata organizzata per la piazza. Burri quando fugacemente me ne accennò, fece un sorrisetto di sufficienza. Pensa quale stima poteva avere il contadino umbro per un (abilissimo) funambolo e incantatore di serpenti. Pensaci bene.
Marino Consani
...ricordi straordinari...di un uomo che non ama la musica…
Per ricordare non c’è bisogno di musica. Bastano gli occhi e le orecchie.
Valentina Angeli
Gentile dott. Politi, seguo con molto interesse i suoi Amarcord... mi dedico con passione alla pittura e leggere episodi biografici di grandi artisti che ammiro mi procura un grande piacere. Grazie per la sua generosità. Valentina Angeli
Luca Zanini
Gentile Direttore
grazie e spero in una prossima sua “Storia dell'arte contemporanea (con testimone)”
buona giornata
Luca Zanini
Lasciamo la storia agli storici. Noi che siamo dei voyeur, ci occupiamo di cronaca
Michael Rotondi
Grande direttore!!
Ma direttore de che? Di me stesso? Forse nemmeno.
Vittorio Pannone
CI STAI NUTRENDO.
Se fosse così facile dare da mangiare agli affamati, il mondo sarebbe diverso.
Giuseppe Modica
Caro Giancarlo, grazie.
Affascinante e straordinaria testimonianza, un valore aggiunto fondamentale per
rivelare e dare luce alla Sua avventura poetica.
Giuseppe Modica
Marta Colombo
Gentile Giancarlo Politi, le segnalo l’uscita del nuovo volume “Alberto Burri. Il Grande Cretto di Gibellina”, edito da Magonza, con testo di Massimo Recalcati e fotografie inedite di Aurelio Amendola.
Sudario di cemento steso sui resti di un paese distrutto, il Grande Cretto di Gibellina si fa toccante testimone ed eterno custode della Storia e delle persone che in quei luoghi hanno vissuto. Adagiato sulle macerie della vecchia Gibellina, il lavoro di Burri protegge e preserva, con il perpetuo invito al silenzio, la memoria dell'immane tragedia scatenata dal sisma. Molto cordialmente. Marta Colombo
Alcuni anni fa Burri mi parlava di questo suo cretto abbandonato, invaso dalle erbe e dagli animali. Spero sia stato restaurato.
Alba Cappellieri
Che bel racconto! Grazie
Martina Biondi
Gentile Giancarlo Politi,
grazie per la sua interessante e-mail. Lei conosce a fondo il mondo dell’arte e della poesia. Mi ha fatto venire in mente il lavoro di Simone Casetta che mi piacerebbe farle conoscere. Provi a leggere il testo critico di Simona Bartolena e a vedere il filmato della TV Svizzera di cui le lascio il link.
Mi contatti, se vorrà parlarne a voce. Mi farebbe piacere. Un caro saluto
Martina Biondi
Non è uno spazio per cuori solitari
Cara Martina,
questo spazio è riservato a opinioni e contributi riguardanti l’argomento di Amarcord.
Non è uno spazio per cuori solitari o di dilettanti allo sbaraglio (non è il suo caso).
Io non sono un tuttologo. Anzi, mi reputo un pocologo. Lascio volentieri a chi è più preparato di me di occuparsi dell’altro.
Romina Guidelli
Buonasera Maestro.
Questo messaggio é per lei e non contiene “smania di apparire” tra i molti nomi che stimo e che leggo lasciarle un messaggio sincero al termine dei suoi Amarcord. È proprio per lei. Per me che ho amato spesso senza avere avuto la fortuna di incontrare, “conoscere attraverso” è un bisogno continuo ed essenziale. Colma la mancanza dovuta all'allora giovane età - se non addirittura mancata esistenza - che non mi ha permesso di costruire “ricordi vivi”. Dai libri di storia alla storia vera, il calore si dilata e riscalda i colori. Mi ripeto spesso l'ordine delle priorità della conoscenza: prima gli uomini, poi gli artisti. Questo, a mio umilissimo parere, è l'unico modo d'essere curatori. Questo é l'unico modo per conoscere e amare, davvero, l’opera d’arte. Le sue parole sono il buon viaggio che spesso non ho fatto ma di cui, attraverso lei, posso comunque costruire memoria fino a vedere i colori.
Grazie, volevo dirle semplicemente questo. E che io racconterò di lei, no nel libro che non scriverò, ma nei testi che continuerò a scrivere, dove magari non troverà il suo nome ma ora sa che troverà il suo insegnamento.
Romina Guidelli
Cara Romina, si guardi dai cattivi maestri come me. Ce ne sono troppi in giro.