sabato 18 maggio 2019

Amarcord 27 - Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di Giancarlo Politi

Amarcord 27
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giancarlo@flashartonline.com

Effemeridi
Per il mio Amarcord abituale chiedo ancora qualche giorno. Questa tornata la dedico, con veloci flash, a eventi più o meno interessanti o che mi hanno colpito. Alla mia età sono sensibile ad ogni paradosso. E ricordo a chi mi legge che quando scrivo esprimo il mio punto di vista, non mi sento un dispensatore di verità, non voglio insegnare niente a nessuno. I miei sono pensieri in libertà, di un uomo che ha vissuto per 60 anni dentro l’arte, a contatto con i maggiori artisti del tempo (Burri ma anche Rauschenberg, Jasper Johns, Jeff Koons, nostro fraterno amico, Damien Hirst, Maurizio Cattelan, Francesco Vezzoli, ecc.) e si è sempre ritenuto (forse illudendosi) uomo libero da qualsiasi imposizione o moda, ma solo vittima delle proprie convinzioni e ossessioni.  Per me la Verità sui grandi problemi metafisici, economici, politici ed esistenziali non esiste. La verità è il nostro personale punto di vista, a cui ci appelliamo per convinzione oppure per opportunità. La storia è quella che è, ma potrebbe essere anche tutt’altro. Ciò che spesso leggiamo è frutto di errore o più spesso di mistificazione e ignoranza. La grande scuola francese della Nouvelle Histoire (Braudel, Le Goff e molti altri) attraverso la rivista Annales ha cercato di riscrivere la Storia, più aderente alla realtà, ma ancora grandi risultati non si sono visti.
Lara Favaretto, Thinking Head, 2018. Fotografia di Andrea Avezzù. Courtesy La Biennale di Venezia.
  
La Biennale di Venezia

Non ho mai capito perché la Biennale di Venezia (ma soprattutto Documenta e altre grandi rassegne d’arte) debbano essere realizzate da un solo curatore. Perché i Consigli di Amministrazione o i Presidenti delle grandi manifestazioni culturali, ci vogliano imporre, come visione o informazione dell’arte, il punto di vista monocratico (spesso ossessivo) di un curatore? Il panorama dell’arte (ma soprattutto del mondo), in particolare oggi, è così complesso ed etereogeneo che occorrerebbero molti curatori con differenti punti di vista e di diverse culture e continenti per cercare di interpretarlo. Come può un intellettuale anche di rango come Ralph Rugoff proporci uno spaccato dell’arte di oggi, espressione di un mondo in sconvolgimento e frammentizzato ed eterogeneo? No, Ralph Rugoff, che peraltro in anni lontani è stato un valido collaboratore di Flash Art, ci propone la sua visione del mondo e dell’arte del tutto personale, (peraltro la sua -con quella di Massimiliano Gioni- è la migliore Biennale della gestione Baratta). Ma vi sembra logico che una struttura come la Biennale di Venezia (o Documenta) che assorbe milioni e milioni di euro del contribuente (l’ultima Documenta mi sembra sia costata 37 milioni di euro: una piccola finanziaria), ci imponga una visione dell’arte di un unico curatore polacco? E’ possibile e giusto investire ingenti patrimoni per finanziare le bizzarrie personali dei curatori? Tutti abbiamo vissuto il disastro di Adam Szymczyk nell’ultima Documenta, per cui credo sia anche indagato. Il solo Direttore che ha cercato di proporre un panorama variegato e anche interlocutorio, fu Francesco Bonami con la sua Biennale del 2003, La dittaturadello spettatore, con sezioni curate anche da Hans Ulrich Obrist, Carlos Basualdo, Catherine David, Hou Hanru, Gabriel Orozco. Quella Biennale è stata, mi pare, la prima e unica grande rassegna con punti di vista diversi, anche se non spettacolari (dopo il famoso Aperto ’93, curato da Helena Kontova insieme ad altri 13 curatori, tra cui lo stesso Bonami che con le sue scelte offrì un contributo rilevante).
Speriamo che il prossimo Presidente (il Doge Baratta credo stia per essere pensionato) si renda conto della complessità di una Biennale e non l’affidi ad uno sparuto curatore. Continuerebbe con i paradossi personalistici e vomiti intellettuali (come direbbe Nicolas Bourriaud) di tutti i curatori. Per una buona Biennale di Venezia occorre un team di curatori eterogenei e molto diversi tra loro.
In ogni caso bisogna riconoscere che Ralph Rugoff è un ottimo curatore. E’ stato lui stesso, in una splendida intervista su Artribune, ad ammettere che una grande rassegna, diventando un baraccone, annulla le opere. Tanto di cappello caro Ralph che ammetti che ormai l’arte è diventata inevitabilmente uno spettacolo. E che l’arte non può cambiare il mondo.

Milovan Farronato, curatore del Padiglione Italia. Courtesy i-d.vice.com/it
Padiglione Italia
Ho sempre trovato risibile il Padiglione Italia, molto spesso affidato a curatori maldestri. E’ passato alla storia (e vi resterà a lungo) il paradossale Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi, forse il solo di cui tutti ci ricordiamo e che ha azzerato il valore culturale di una partecipazione alla Biennale di Venezia. E la famigerata idea (per raccogliere denaro) degli eventi collaterali, per cui ogni artista che partecipa a una di queste infestanti rassegne belle o brutte, ormai include la Biennale di Venezia nel proprio curriculum. Inoltre la Biennale di Venezia (come Documenta e Manifesta) è diventata una faticosissima caccia al tesoro in una città quasi impraticabile per un essere umano che non sia veneziano.
Il Padiglione Italia di quest’anno, curato da Milovan Farronato non sarebbe stato un paradosso se la presenza del curatore fosse stata più discreta. Invece il suo narcisismo lo ha portato a prevalere sugli artisti facendola apparire una mostra personale del curatore. A cui riconosco comunque intelligenza e capacità di gestione. Anche se le scelte forse potevano essere più attuali.
Sarebbe auspicabile anche che il Padiglione Italia fosse ricondotto (come era un tempo) all’ingresso principale dei Giardini, attorniato dalle partecipazioni nazionali che non hanno un proprio padiglione. Che con il tempo aumentano e talvolta sono molto interessanti. Ma soprattutto sarebbe auspicabile che un curatore italiano sia inserito nell'eventuale team del Padiglione internazionale. Non è giusto, anche se riconosco che l’Italia è ormai un fanalino di coda, che il paese ospitante non sia adeguatamente rappresentato nel Padiglione Internazionale.
Mary Boone, cover di New York Magazine Aprile 1982. Courtesy New York Magazine.
Mary Boone in prigione
Mary Boone è stata una delle più importanti galleriste di New York, cioè del mondo. Nel 1982 l’allora influente settimanale New York, le dedicò la copertina con la scritta: La nuova regina della scena dell’arte. In quegli anni Mary si sposò con il grande mercante tedesco Michael Werner, che aveva appena aperto una galleria a SoHo. Insieme divennero una vera potenza di fuoco dell'arte.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quella data. E Mary nel tempo ha consolidato la sua fama e dimostrato grande abilità, gestendo artisti molto importanti e costosi, come Brice Marden, Julian Schnabel, Eric Fischl e molti altri. Sempre elegantissima, intelligente, astuta, abile. Leo Castelli me ne parlava con ammirazione come di una straordinaria gallerista e mercante. Anche se a Leo soffiò l’emergente Julian Schnabel che lui avrebbe tanto voluto nel suo staff. E di questo Leo ne restò frustrato per tutta la vita, pur restando ottimo amico di Mary Boone. Ebbene, la grande Mary Boone sta andando in prigione per evasione fiscale. E le sue due gallerie stanno chiudendo. Tra poco la (ex) bellissima, ma ancora bella Mary sarà in cella (anche se pare si tratterà di una prigione per privilegiati, forse con alti costi di permanenza) per due anni e sei mesi. In Usa il fisco non guarda in faccia a nessuno brutto o bello che tu sia..
 Luigi Ontani davanti alla scultura-fontana a Vergato
Luigi Ontani e il pupazzo di neve
Sta facendo molto scalpore una scultura di Luigi Ontani posta nella piazza principale  del suo paese natale, Vergato, credo in provincia di Bologna. Io ritengo che Ontani sia un ottimo artista, talvolta anche eccellente. Ma ho sempre disapprovato il suo narcisismo ed esibizionismo che parte da lontano. Detesto non solo il suo esibizionismo ma di tutti gli artisti e curatori; vorrei che la presenza fisica sia la più discreta possibile rispetto alla propria opera. Ontani si fece già notare negli anni ’70 quando volò da Roma a New York vestito da Cristoforo Colombo. C’è da riconoscere a suo merito che il senso del ridicolo non lo ha mai sfiorato, neppure viaggiando in aereo addobbato come al Carnevale di Venezia, tra passeggeri sbigottiti.
Ma ciò che è successo nel suo paese è veramente oltraggioso. Infatti Ontani e l’Amministrazione Comunale, senza chiedere il parere dei cittadini, con estrema sfrontatezza come è d’uso in Italia da sempre, ha installato una grande scultura nella piazza centrale, una specie di enorme fauno con membro eretto che dalle foto sembra stia orinando. L’opera è di una bruttezza indicibile, barocca e pesante, come molte opere di Ontani (altre invece sono straordinarie per leggerezza, novità e poesia). Ma io da tempo e sempre scagliandomi anche contro i grandi artisti internazionali, denuncio l’invasione del suolo pubblico. Anche l’amministrazione di Vergato dovrebbe sapere che il suolo pubblico è degli abitanti e prima di installare una grande scultura invasiva (e aggiungo orrenda) sulla piazza, avrebbe dovuto chiedere il parere di tutti i cittadini di Vergato, mostrando magari loro il modellino dell'opera. Ma si sa, per le nostre amministrazioni, tutte, ma proprio tutte, destra, centro, sinistra, estrema destra ed estrema sinistra, il suolo pubblico è "cosa loro". La sola scultura pubblica che io approvo è, come sosteneva il grande curatore di scultura, Kaspar Koenig, il pupazzo di neve. Che nello spazio di qualche ora si scioglie fra il tripudio di grandi e piccini. Vi rendete conto cari amici la responsabilità di una amministrazione e di un artista nel collocare una scultura sul suolo pubblico che per anni o decenni resterà lì ad inficiare ed inquinare la mente e lo sguardo dei passanti o abitanti del luogo? Cambiano i tempi, i gusti, i costumi, Chi si arroga il diritto di giudicare il gusto e la sensibilità degli utenti di oggi ma soprattutto futuri? Nei musei le opere vengono rimosse dopo qualche tempo e messe nei magazzini, ma queste opere pubbliche hanno la pretesa di restare ad aggredirci in eterno. I nostri arroganti amministratori che oltraggiano meravigliose piazze anche rinascimentali (vedi Pietrasanta) in nome di una pseudo cultura e pseudo arte perché non fanno un passo indietro? E l’assessore alla cultura di Vergato, tale Ilaria Nanni, non si è vergognata di paragonare un dileggio (riprovevole) alla scultura di Ontani da parte di qualche cittadino infastidito, alla strage di Marzabotto? Lo stesso sindaco di Marzabotto, pare abbia sfilato davanti a questo orrendo fauno, con la fascia tricolore. Questo gesto lo ritengo una grave offesa alle vittime della grande tragedia nazista di quella cittadina. Comparare il gesto vandalico sul brutto Fauno di Luigi Ontani alla strage di Marzabotto è demagogia elettorale ma anche criminalità culturale. Io ne chiederei subito la destituzione. Io sono ancora indignato con il sindaco di Milano, Paolo Pillitteri, cognato di Bettino Craxi, che ai suoi tempi (anni ’70) invase le piazze e le vie più belle di Milano con spregiudicate sculture di artisti (per lo più socialisti e amici di Bettino) che oggi sono diventate ferraglia arrugginita, senza alcun valore estetico o simbolico. Solo ferraglia di artisti raccomandati che danneggiano l’immagine della città e inquinano la nostra mente. Io salverei solo la grande scultura bronzea di Arnaldo Pomodoro, in Piazza Diaz, quartiere della finanza e del potere e che Francesco Bonami brillantemente ha definito “il grande bitcoin”. Ma è comunque una brutta scultura che è sopravvissuta al tempo. E la patina sul bronzo ne certifica l’età e il diritto alla sopravvivenza. Debbo confessare che le sole sculture pubbliche che io oggi apprezzo e che ritengo collocate in spazi appropriati, sono la grande Porta di Lampedusa di Mimmo Paladino che guarda l’Africa, in ricordo di chi non è mai arrivato, la scultura Dietrofront di Michelangelo Pistoletto a Porta Romana a Firenze e Ago Filo e Nodo di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen a Piazzale Cadorna a Milano. Queste tre opere  riescono ad indicare alcuni importanti snodi dell’arte contemporanea. Per il resto vorrei tutte oasi verdi. Anche a nome dell’arte.
L'aereo Brussels Airlines dipinto da Jos de Gruyter e Harald Thys.

Quando l’arte si fa in quattro mettila da parte
Un bellissimo articolo di Giulia Ronchi, attenta e curiosa osservatrice dell’arte e dintorni, su Artribune, ci informa che Laura Blagho, direttrice della comunicazione e del marketing di Art Basel, lascia il prestigioso (e ben retribuito) incarico per entrare con un ruolo rilevante nel gruppo Artflow. Artflow è una grande agenzia di strategia e marketing che vuole far incontrare l’arte alle grandi aziende (vedi il fortunato incontro tra Arte e Moda già in corso), di cui il più famoso esempio è stato il matrimonio di Takashi Murakami con Vuitton, di cui ha ridisegnato la borsa, ottenendo un successo planetario. Si sa che l’arte dona charme e allure culturale, di cui i brand hanno estremamente bisogno oggi. Un oggetto o un vestito senza la sacra aura culturale è un volgare oggetto di consumo. Sempre l’attentissima Giulia Ronchi ci informa che  la Brussels Airlines ha fatto dipingere la fusoliera di un suo aereo dai due artisti belga Jos de Gruyter e Harald Thys, presenti quest’anno alla Biennale di Venezia, per celebrare Brueghel Il Vecchio a 450 anni dalla sua morte. Mentre le gallerie chiudono la borsa e il mercato dell'arte talvolta langue si aprono inaspettatamente nuovi ed inesplorati mercati per l’arte. Insomma l’arte è la vera araba fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Cari amici artisti, datevi dunque da fare (ma questa volta non con le gallerie i critici o curatori o collezionisti) con i responsabili marketing delle aziende. Per voi tutti, se siete bravi e conoscete le esigenze dei brand, c’è uno spazio enorme e ben retribuito. Altro che vedere le vostre opere impolverarsi nelle gallerie deserte!
NY Art Now: The Saatchi Collection, pubblicato da Flash Art, 1987.
I primati di Jeff Koons
Ieri (15 maggio), il coniglietto inox di Jeff Koons, che io riprodussi nel 1986 sulla copertina del volume da me pubblicato e dedicato alla collezione Saatchi, NY Art Now, ha realizzato nell’asta serale di Christie’s a New York, la cifra record di 91.1 milioni di dollari, superando il già incredibile primato di David Hockney. Jeff Koons è dunque il più caro artista oggi vivente. Lascio ad ognuno il commento che crede. Io ritengo che Jeff Koons e Damien Hirst siano i due più grandi artisti del nostro tempo. Personaggi di grande qualità e intelligenza, hanno capito e usato le migliori strategie possibile del sistema dell’arte. Ad aggiudicarsi l’opera, ispirata da un giocattolo gonfiabile per bambini, è stato il gallerista Robert Mnuchin, il padre del ministro del Tesoro Steven Mnuchin. Ripenso al lontano 1985, quando Jeff mi offrì una sua opera, un trenino in acciaio inox (che poi ha realizzato in asta 38 milioni di dollari) al prezzo di fabbrica: 40 mila dollari. Io rifiutai perché non avevo quella cifra ma che forse con maggiore determinazione avrei potuto trovare. Successivamente capii che per molti aspetti ero stato un coglione. Oppure solo un italiano pavido.
In memoriam di Anna Maria Novelli Marucci
Vorrei qui ricordare brevemente Anna Maria Novelli Marucci. Con lei e suo marito Luciano ci saremme incontrati alla preview della Biennale di Venezia. Anna Maria, insieme a suo marito, era la persona più attiva e informata nel sistema dell’arte che io abbia conosciuto. Lei e Luciano presenti ovunque, sempre primi e attentissimi. E selettivi al punto giusto. Ci siamo incontrati l’ultima volta durante la Fiera di Basilea alla grande mostra di Bruce Nauman: Anna Maria e Luciano passavano in rassegna ogni opera o video, trascinandosi dietro un trolley pieno di libri e cataloghi.
Il 1° maggio, mentre stava ultimando i preparativi per Venezia, Anna Maria è stata colpita da un ictus che non l’ha perdonata. Con lei per me se ne è andata una interlocutrice preziosa, una persona che ho sempre invidiato per le sue curiosità e per la straordinaria vitalità e umanità. Resta a testimoniare l’attività di questa coppia straordinaria il sito www.lucianomarucci.it.
Un variegato palcoscenico di informazioni sull’arte e sulla vita. Che consiglio a chi ha curiosità sull’arte di oggi.


Contributi
P.S. Questi contributi escono molto in ritardo a causa di una lunga pausa del mio Amarcord. Mi scuso.

Paolo Emilio Antognoli: notizie da Firenze 
Caro Giancarlo,
ho letto anche con un certo sadico divertimento quanto ha scritto su Firenze, una città che non è la mia e da cui non ho mai avuto alcun regalo (ma perché avrebbe dovuto? si potrebbe ribattere, e così sia). Insomma, che abbia la sua giusta punizione! Dopo questa premessa (scherzosa tengo a precisare), devo dire che ho esitato a scrivere perché mi sembrava che l'avvocato di ufficio dell'arte fiorentina dovrebbe farlo qualcun altro, non certo il sottoscritto. 
Dunque mi preparo da buon incassinatore. Ho letto da poco Arthur Cravan!
Ammetterò subito che quanto lei ha scritto, con poche eccezioni, è quello che pensavo anch'io, devo dire pregiudizialmente, prima di calarmi in una serie di archivi e studiare quanto è accaduto a Firenze tra anni sessanta e settanta. Alla fine di questa ricerca la mia visione delle cose è cambiata. In ogni caso, se si guarda soltanto al grande artista, al singolo grande albero isolato dal bosco, alla star internazionale, non c'è neppure bisogno di proseguire il discorso. Però quanti sono, allora, gli artisti italiani che abbiano avuto un successo internazionale dopo una certa data? Non voglio neppure iniziare. Non mi interessa. Vorrei però far notare all'interno di questa città, pur difficilissima, alcuni aspetti che ho notato interessanti, in qualità di testimone esterno. Il piccolo sistema artistico fiorentino, dopo il '68 (lasciamo stare l'astrattismo fiorentino, la stagione felice dell'informale, la galleria di Fiamma Vigo, ecc.), è stato un laboratorio, per quanto poco noto, piuttosto vivace, che però si è concentrato attorno ad alcuni fuochi collettivi, a una mappa di luoghi, e non su figure prime di artisti. Era l'aria del tempo (i collettivi, gli operai, i salotti buoni, Confindustria....). Tra questi art/tapes/22, che era però concentrata soprattutto a produrre video con artisti internazionali; così la galleria Schema - che è stata un'ottima galleria; e Zona, spazio autogestito che poi si trasforma in Base molto più tardi. Personalmente trovo ingiusto il giudizio su Maurizio Nannucci, antipatico a molti e quanto si voglia, ma con una sua storia personale degna di nota, proveniente dalla poesia concreta e dal laboratorio di studi sonori di Piero Grossi. Le attività del tutto ragguardevoli legate a Zona, le tante mostre e iniziative, si devono proprio a Nannucci e a un gruppo infaticabile di buoni artisti quali Paolo Masi, Mario Mariotti e molti altri. C'era inoltre Area, lo spazio di Lotta Continua - Bruno Corà potrebbe parlarne. E molte gallerie poi scomparse, alcune con storie anche tristi - come leggevo su alcuni Flash Art degli anni ottanta. Nella mia ricerca mi occupavo di artisti tedeschi a Firenze nel 1977 (un anno chiave che mi interessava), ma anche di un artista scomparso troppo presto ma di grande levatura che era Luciano Bartolini. Ci tengo a ricordare Bartolini. Le mie ricerche le ho poi pubblicate in un libro, dal titolo molto lungo (come un film della Wertmüller): "Firenze 1977. ..." (Ps. allego per lei la copertina, non c'è però bisogno di pubblicarlo). E Sandro Chia (questo sì forse menzionato), e Remo Salvadori, Renato Ranaldi? Inoltre mi ha molto incuriosito, accanto al lavoro di Masi, quello di un ottimo artista e del tutto ignorato Lanfranco Baldi - di cui ci sarebbe molto da dire e non si è mai scritto nulla. Non dimentichiamo neppure Giuseppe Chiari e Sylvano Bussotti. L'arte, come è noto, rompe le cornici disciplinari dopo il '68. Si è ricordata la Poesia Visiva, ma come dimenticare lo splendido lavoro di Ketty La Rocca, nata a La Spezia ma fiorentina di adozione? Inoltre a Firenze c'è stata un'avanguardia che non mi sentirei di limitare alla sola architettura: i radicali, gli Archizoom, i Superstudio, gli Ufo, i 9999, Gianni Pettena e molti altri. Lasciamo stare la vicina Pistoia, con Melani, sarebbe un'altra storia... Potrei dilungarmi per pagine, ma vorrei solo aggiungere che se molti artisti fiorentini non sono conosciuti, sarà anche colpa loro e certo della città, ma sono anche mancati nuovi interpreti di questa situazione con una serie di iniziative e di mostre che avrebbero potuto mettere in luce almeno questo paesaggio sommerso (non penso a me, ormai all'estero, penso piuttosto al Pecci o a Strozzi, ecc.). Riusciranno i fiorentini a farlo? Su questo dubito anch'io!
Un caro saluto da Bruxelles
Paolo Emilio Antognoli 

Su Firenze ripeti ciò che ho scritto io
Caro Paolo Emilio Antognoli,
felice di incontrare da Bruxelles un interlocutore informato come te su Firenze. E che ripete pedissequamente le mie stesse considerazioni. Identiche. Firenze ha sempre espresso una grande vivacità e litigiosità intellettuale, artisti dalle ottime prospettive, gallerie ambiziose. Ma da tutto questo calderone, se si eccettua la felice stagione di Sandro Chia, ora tornato nell’ombra, e la galleria strettamente commerciale Tornabuoni, nessuno è riuscito a ritagliarsi uno spazio e ad avere visibilità al di fuori di Firenze. E mi chiedevo il perché. Paolo Masi è un bravissimo pittore che avrebbe meritato miglior fortuna, ma per colpa sua o di Firenze, è restato al palo (e su Google ha più spazio un tal Paolo Masi pizzaiolo che il nostro grande Paolo). Nessuna galleria (a parte i recenti tentativi di Frittelli) è riuscita a far decollare Masi. Remo Salvadori, Marco Bagnoli, Renato Ranaldi, bravissimi artisti di nicchia, ma anche loro, solo mai sotto i riflettori almeno nazionali. Un discorso a parte merita Maurizio Nannucci, che ha svolto un grande lavoro con lo spazio Base, facendone anche una sua piattaforma personale. Ma la fortuna di Maurizio Nannucci si chiama Gabriela Detterer, sua compagna e autorevole giornalista d’arte, che ha introdotto Maurizio presso molti musei tedeschi. Ma malgrado questi supporti e la sua bravura, anche lui non è mai riuscito a decollare come tantissimi altri seppure bravi. Delicato e raffinato fu invece Luciano Bartolini, scomparso troppo presto ma che non aveva sufficiente grinta per affermarsi. Un personaggio straordinario a Firenze fu anche Fiamma Vigo, che malgrado una forte menomazione dovuta alla poliomielite da bambina, ebbe una vita estremamente attiva. Come artista e promotrice di artisti. Negli anni ’60 ebbe anche cinque gallerie (Firenze, Prato, Roma, Venezia, Milano): tra gli anni ’50 e ’60 nella sua famosa galleria Numero, passarono oltre duemila artisti. Mi pare che anche Burri e Rauschenberg esposero in una collettiva da lei. La galleria Numero ha rappresentato il vero supermercato dell’arte di ricerca. Era sufficiente non essere pittori figurativi per essere accolti da Fiamma Vigo. Stremata dai viaggi (notti in treno da Roma a Venezia) e da una situazione economica insostenibile (proveniente da una famiglia agiata, per debiti contratti per la galleria le furono sequestrate tutte le proprietà) dopo 26 anni di protagonismo nell’arte, Fiamma Vigo declinò. Terminò la sua vita in miseria a Venezia dove si spense in solitudine all’Ospedale Fatebenefratelli di Venezia. Nessuno parla più di lei, eppure fu una divulgatrice dell’arte straordinaria. Pensate, a metà degli anni ’50 organizzò una mostra di donne. Come vedi caro amico, Firenze spegne tutto, anche le più belle intelligenze. Gli artisti che abbiamo nominato sono tutti ottimi, eppure nessuno di loro è riuscito a guadare l'Arno. Per essere un artista di successo non basta essere bravo, bisogna essere fortunato e ottimo stratega. Jeff Koons e Damien Hirst insegnano.


Cerco casa?

Caro Giancarlo, 
problemi di smog ed allergie? Cerchi casa? Ti ricordo le Marche, i tuoi trascorsi, il paesaggio, il mare, il cibo, la gente...quale posto migliore per trovare casa se non il Conero!!! Ti aspetto, almeno per una cena di pesce a Portonovo. Un abbraccio. 
Alfredo Saino

Purtroppo dovrò subire i programmi culturali dei sindaci della Versilia
Caro Alfredo,
troppo lontane le romantiche Marche dalle dolci colline raffaellesche, come la mia Umbria: ormai solo un ricordo. Allora sono costretto a cercare rifugio in Versilia e questa estate spero a anche ad Asiago. La Versilia mi piace molto ma mi frustrano i programmi da sottobosco culturale delle Amministrazioni locali, invasivi e amatoriali. Pietrasanta (cittadina bellissima) raccoglie il massimo concentrato di gallerie d’arte di cattivo gusto. Nella prossima estate pare che la bellissima piazza sarà infestata da spuntoni in acciaio e marmo di Pablo Atchugarry. La Versilia ora è ostaggio di oltraggiose opere d’arte in marmo o metallo, ovunque, che avvelenano il paesaggio e le piazze e talvolta ti impediscono di vedere anche il mare (il Molo di Forte dei Marmi dovrebbe essere al primo posto nel Guinness dei primati pr il cattivo gusto, quando invece, senza interventi artistici sarebbe bellissimo). Occorrerebbe una mente illuminata che abbia il potere di vietare la gestione della cultura a tutte le amministrazioni comunali, rilasciando una licenza di intervento sul territorio  solo dopo un attento esame culturale. Invece purtroppo ogni politico italiano si considera un illuminato e da trent’anni ne subiamo le conseguenze. Ma di questo ne ho parlato poco sopra. Anzi, mi scuso per la mia ossessione. Ma io che amo l’arte dico che dovrebbe stare nelle abitazioni, gallerie e musei.


Da Ben Vautier
GIANCARLO TU EST GENIAL 

BEN 

Caro Ben, forse talvolta io sono geniale, ma tu sei il genio dell’arte contemporanea
E peccato che il mondo non se ne sia accorto e quando se ne accorgerà, forse per te sarà un po’ tardi. Ma io che ho conosciuto e frequentato tanti artisti (da Fontana a Piero Manzoni, Yves Klein e poi quasi tutti gli altri), nessuno, dico nessuno possedeva la tua vivacità intellettuale e creatività. Ben, tu hai fatto tutto e sempre benissimo e prima di tutti. Peccato che il mondo sia così cieco. Anche se tu hai avuto estimatori di grande rilievo. Ricordo quale considerazione avesse per te Leo Castelli. E Daniel Templon e Catherine Millet. Ma il mondo dell’arte va così. Dopo averlo frequentato per oltre 60 anni, non ho ancora capito come funzioni, perché un tale artista ha successo e tal’altro (più bravo e originale) resta al palo. Vorrei che anche i più giovani ti conoscessero per fargli capire che tu hai anticipato quasi tutto. Che hai occupato alla grande molti spazi, non come Manzoni e Kline (forse perché morti troppo giovani) che sono passati alla storia con una stitica idea.
Ben, tu e Getulio Alviani siete stati in molti sensi i miei maestri: tu per avermi fatto capire John Cage e la sua scuola post duchampiana, Getulio per avermi introdotto ad Albers e al mondo del razionalismo in arte (e irrazionalismo nella vita).
Ben, grazie per esserci stato. E per essere presente ancora in ogni momento topico della vita culturale e politica. Ricordo ancora un tuo lavoro degli anni ’60: un mappamondo che indicava le etnie che avrebbero dovute essere riconosciute come nazioni. In primis la Catalogna. Questo avveniva 60 anni fa: roba da pazzi, come grande pazzo sei tu. Un abbraccio commosso per quanto mi hai dato e hai dato a tutti. 


Vorrei parlarle della mia arte
Buongiorno 
Io avrei piacere di parlarle della mia arte .. .. ..Ecco il mio sito dove potrà trovare tutte le notizie necessarie al riguardo 
www.davidbacci.it
Grazie del tempo che mi dedicate
Cordiali saluti

DAVID BACCI

Nell’arte c’è spazio per tutti
Caro David, nell’arte c’è spazio per tutti. E l’arte talvolta può essere una ottima terapia di sopravvivenza. Il tuo sito lo dimostra.


Monica Luisa Franzoni
Che divertimento leggere questi testi… grazie!
Monica Luisa Franzoni


La Patafisica è tutto e il contrario di tutto
Caro Giancarlo,
chi non sa molto di Patafisica è già patafisico. Difficile dire in poche parole, un po’ come spiegare in breve la filosofia o la chimica. Non siamo né goliardi né bontemponi (nonostante anche questo faccia parte dello spirito), diciamo che lo siamo ma in modo particolare e non generale, non esiste l’arte patafisica ma artisti patafisici e tutti, a loro modo, lo sono. Picasso, Vian, Queneau, Calvino, Prevert, Jonesco e tanti altri di fama mondiale furono diplomati e se fossero stati dei bontemponi lo furono nella dimensione ironica, giocosa, immaginaria e in fondo per una consistente e persistente presa in giro dell’arte e scienza ufficiali, quella dei tromboni, per intenderci. Uno dei pensieri è questo: “La Patafisica è tutto e il contrario di tutto”, Dada venne dopo. Libertà e immaginario, regola senza regole sono tra le bandiere che sventolano sui palazzi fantastici da riempire con l’Arte quotidiana, quella che non si vede e si vende nelle gallerie. Baj mi ha insegnato tanto e questo che ho detto è solo una infinitesima parte del tutto. Infine, tuo malgrado, devi considerarti patafisico e, se sei d’accordo, sono disposto a conferirti il diploma, non solo in virtù della stima che ho per te, ma perché per la tua esistenza ed esperienza non può essere diversamente.
Afro Somenzari

Grazie per questa sapida e concentrata lezione di Storia dell’arte
Caro Afro,
grazie per questa veloce lezione sulla Patafisica. Ce ne vorrebbero di docenti sintetici ma con contenuti molto alti, come te.

 Flash Art Italia
Via Carlo Farini 68, 
20159, Milano 
+39 02 688 7341

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