Giovanna Pecci: non appartengo a un'eminente famiglia ebraica
Gentile Giancarlo,
leggo sempre con grande diletto i suoi Amarcord.
Sono Giovanna Pecci, il Museo Pecci è dedicato a mio padre.
Le scrivo per alcune precisazioni in merito all’Amarcord 21 che ricorda la nascita del Museo.
Non sapevo di appartenere ad una eminente famiglia ebraica, le posso assicurare che così non è e non mi spiego da dove provenga questa informazione. Non sapevo neppure che l’idea iniziale fosse dell’amato e stimato Amnon Barzel a cui tanto deve il Museo. Ero una ragazza molto giovane allora, e pur presente in alcune fasi della ideazione e realizzazione del Museo, ho dimenticato tanti episodi ed alcune circostanze; per questo sono felice di aver letto proprio in questi giorni il libro di recentissima pubblicazione della Dott Maria Teresa Bettarinii “Il Centro Pecci- Costruire un’idea” Gli Ori, Pistoia, che ripercorre in modo preciso e puntuale tutta la vera storia vista dalla persona incaricata dal Comune di Prato di seguirne ogni aspetto. La invito caldamente alla lettura, è scritto in modo molto piacevole.
Mi preme soltanto mettere fine ad una polemica che ricordo di avere sentito anche io in passato, citando proprio dal suddetto libro la testimonianza di chi era presente alla seduta del Consiglio Comunale del 18 marzo 1982 in cui si dibatteva sulla donazione del Cavaliere Enrico Pecci, mio nonno:
“ Gli interventi del Sindaco Landini e del Vicesindaco Magnolfi avevano assicurato che non c’era alcun “risvolto”: erano rispettati i vincoli previsti dal piano regolatore, il progetto aveva avuto il parere positivo di tutta la commissione edilizia, e Pecci avrebbe potuto costruire gli edifici anche senza la donazione.” pag. 30. Il 22 novembre alle 18 il libro sarà presentato al Centro Pecci, spero di incontrarla.
Cordiali saluti, Giovanna Pecci.
E se invece io e lei fossimo di origine ebraica? Chi lo sa?
Cara Giovanna, purtroppo il giorno 22 sarò a Roma, al Maxxi, dunque non potrò essere a Prato. Spero mi racconterà lei stessa la serata. La politica, a posteriori, come la storia, tende ad indorare i propri misfatti. Ma le assicuro che suo nonno Enrico non regalò nulla. I benefici delle concessioni che ottenne superarono di gran lunga i costi del Museo (almeno questi furono i calcoli del tempo: anche dello stesso Barzel. E credo ci furono pure delle polemiche sui media). Comunque non toglie nulla ai meriti di suo nonno. Tanto di cappello. Io conobbi Enrico Pecci, me lo presentò Barzel, e fui testimone del suo forte impegno in prima persona per la realizzazione del Pecci. Tutti i grandi musei americani (e molti nel mondo), sono nati da benefit da parte del paese nei confronti dei mecenati. Non conosco mecenati che abbiano realizzato qualcosa in cambio del nulla. E senza mecenati arricchitisi ulteriormente con le donazioni, il mondo sarebbe un deserto.
Lei non appartiene ad una eminente famiglia ebraica? Le credo, anche se mi sembra strano. Suo nonno Enrico era circondato dalle autorevoli famiglie ebraiche di Firenze e forse Prato. Sono loro che hanno convinto suo nonno. Non vorrei sbagliare, ma sia Barzel che Dani Karavan mi parlarono di Enrico Pecci come di un esponente dell’ebraismo locale. Molti amici israeliani sostengono che il mio nome sia assolutamente di origine ebraica. Tutto può essere, ma i miei trisavoli, tra cui pare anche un prete, nonni e babbo, hanno sgobbato quasi come schiavi. E io non mi ritrovo la intelligenza lucida e talvolta luciferina (detto con molta simpatia) della tradizione ebraica. E negli affari sono un fallimento. E questo non fa parte della tradizione ebraica. Ma forse anche sì. Dunque perché non di origine ebraica, senza saperlo, la sua e mia famiglia, anche se agli antipodi?
Loredana Parmesani
Caro Giancarlo,
Amnon Barzel è stato un grande. Grande nel pensare un museo e realizzarlo, grande nella sua visione critica e grande anche come persona. Lo ricordo con affetto e stima e, devo dire, mi manca. Mi manca il suo entusiasmo e la sua forza, la volontà e la caparbietà. Mi piacerebbe tanto rivederlo. Tu sai come poterlo contattare? Un abbraccio e grazie. Penso ci vedremo presto. Loredana
Amnon Barzel, svanito nel nulla?
Loredana, di Amnon Barzel si sono perse le tracce. Il mio “ corrispondente” da Israele, l’incomparabile Nicola Trezzi, che vive a Tel Aviv, mi diceva che Amnon in questo momento dovrebbe essere a Parigi. Ma non sappiamo di più. Speravo che con il mio Amarcord in qualche modo si sarebbe fatto vivo. Invece nulla.
Franco Giuli
Caro Giancarlo,
ottima e originale la tua Amarcord, si legge con molta curiosità e interesse tornando a volte a ritroso in ricordi lontani, sfumati dal tempo.
Ricordo con molto piacere quando nella prima metà degli anni 60 da Fabriano passavo da te a Trevi per farti vedere il mio lavoro che poi hai scritto nel 1966 un bel testo per la mia personale alla galleria Fanesi di Ancona. Alcune volte passavo a Trevi per recarci poi a Roma. Una volta abbiamo dormito in un piccolo albergo che da via Nazionale porta al Quirinale. Ricordo anche i giorni che ci vedevamo (anche con un pranzetto preparato a casa da Vittoria) quando hai curato la più bella mostra che il Premio Salvi a Sassoferrato abbia realizzato. Purtroppo certi periodi, i ricordi e le amicizie si perdono nel tempo macinate dal feroce ritmo della vita di tutti i giorni. Con un abbraccio. Franco Giuli
L’emarginazione in arte? Vivere in periferia
Caro Franco, ricordo la incomparabile pensione vicino al Quirinale. Era il mio riferimento romano, prima di avere un appartamento. Comoda ed economica, malgrado la bellissima location. E anche alcuni piacevoli viaggi a Roma insieme ricordo. Il Premio Sassoferrato? Ne avrei fatto un gioiellino, una perla nel grossolano panorama artistico italiano. Ma Padre Stefano, e lo capisco, voleva gestire per sé il piccolo giocattolo che aveva creato. E preferiva accontentare i suoi amici marchigiani e non, anzi ché lasciare spazio ai più promettenti artisti italiani del tempo. Felici di poter esporre a Sassoferrato. Come lo furono Marotta e Schifano. Ma che avrebbero messo in ombra il santo frate ideatore del premio.
A te invece complimenti per il tuo lavoro e per la costanza di portarlo avanti, malgrado le difficoltà che hai incontrato vivendo a Fabriano. Una buona galleria, in questo momento di riscoperta degli anni ’60, farebbe la sua fortuna se si occupasse del tuo lavoro. Ma l’emarginazione in arte esiste e come. E’ il vivere in periferia. Dove però avete l’aria buona e una alimentazione sana. E’ già molto, credimi, se penso alla vita di molti artisti sofferenti che vivono a Milano o Roma.
Roberto BolzoniCaro Politi,
Ho letto con molto, molto piacere la Sue parole sul grande E. Pound che ho anche, con altrettanto piacere segnalato alla figlia, altrettanto grande traduttrice ed ottima poetessa, Mary De Rachewiltz. Avendo poi io lavorato a lungo per l'Usis di Roma, mi hanno inorgoglito le Sue parole su un'istituzione il cui ruolo è spesso denigrato a covo di spie... bravo, continui a deliziarci con i Suoi ricordi. Roberto Bolzoni
Pound? Il Dante Alighieri del nostro tempo
Ho conosciuto Ezra Pound, il più grande poeta del secolo scorso, a Spoleto, nel 1964 in occasione della presentazione del suo melodramma Le Testament, su parole di Villon, al Festival dei due Mondi. Parlai a lungo con il grande poeta, ma era già un vecchietto che non aveva più nulla dell’arrogante e impavido giovane fascista che incontrò Mussolini per illustrargli la sua via all’economia perfetta: cioè di non far pagare le tasse agli italiani. E che Mussolini non ascoltò. Ma io non sono in grado di giudicare se la sua teoria di tassare il denaro nel momento della sua emissione sia attendibile o no. Certo però che è affascinante. Niente tasse per tutti e nessuna evasione. Chi non lo vorrebbe. Parliamone a Di Maio e Salvini. E magari anche al ministro Savona. Ma per la sua partecipazione (di Pound) a Radio Londra in cui esortava i militari angloamericani a disertare, nel dopoguerra fu rinchiuso in una gabbia a Pisa e poi internato per tredici anni in un manicomio criminale negli Usa. Chi, dopo tale esperienza non sarebbe impazzito? Invece lui tranquillo. in Piazza del Duomo a Spoleto, mi parlava ancora di poesia. Poco della sua e molto di quella del suo amico e collega Thomas S. Eliot, affermando che La terra desolata (The Waste Land) era la più bella opera del ‘900. Mentre noi sappiamo che i suoi Cantos, da molti sono considerati La Divina Commedia del nostro tempo.
Stefano Pasquini
Grazie Giancarlo per questo Amarcord sul Pecci, di cui non conoscevo le origini per motivi generazionali. Mi pare però che tu abbia dimenticato di menzionare Fabio Cavallucci, che, con tutti i suoi difetti, ha comunque portato 65mila persone a visitare la prima mostra dopo la riapertura: "La fine del mondo". Questi numeri mi sono parsi straordinari, in un momento in cui l'arte contemporanea sembra non interessare più nemmeno gli addetti ai lavori. Grazie ancora per le tue preziose memorie.
Stefano
Oggi più curatori che artisti
Fabio Cavallucci ha fatto un lavoro egregio. Ma come tutti i curatori di oggi, ci ha imposto una sua idea, in questo caso apocalittica, dell’arte. Io avrei preferito vedere tanti bravi artisti di oggi, di cui stiamo perdendo le tracce. A causa proprio dei curatori d’assalto, ormai più numerosi degli artisti. E per vedere qualche bravo artista, dobbiamo andare nelle gallerie private. Ma soprattutto alle Fiere d’arte, in particolare alla Fiera di Basilea, dove lì, veramente incontriamo tutti, bravi e no e possiamo scegliere. E non vederci sempre imposte le cervellotiche scelte altrui. Come nelle Biennali di Venezia, Documenta o Manifesta. E spesso anche nei musei.
Antonio Carbone
Caro Giancarlo ,
Anche questi ultimi Amarcord sono interessanti, istruttivi e trasudano tutta la tua passione e competenza dell'arte contemporanea .Offrono una visione autentica e soprattutto completa della storia artistica di questi decenni. Non solo quella patinata ed ufficiale. Ciò ovviamente vale ,almeno, per quelle storie e situazioni che ti hanno visto attivamente presente. Giustamente manca il "sentito dire" che spesso distorce la verità. Ma soprattutto apprezzo il linguaggio chiaro, esplicito, colto ma comprensibile. E su questo aspetto, come lettore assiduo di Flash Art, vogli porti la domanda: perché alcuni articoli della tua prestigiosa rivista non sempre rispecchiano questo stile??? A mio modestissimo avviso ne guadagnerebbe in efficacia, la comunicazione artistica. A beneficio di tutti. In attesa del prossimo, cordiali saluti.
Antonio Carbone
Il critichese imperversa ancora
Caro Antonio,
Flash Art nacque per proporre una informazione chiara a tutti sull’arte. Ma fui subito tacciato, dai critici paludati, che esistono ancora, di semplicismo. Così il critichese ebbe il sopravvento anche in Flash Art perché non trovavo nessuno che sapesse (o volesse) scrivere (a parte Piero Gilardi) in modo chiaro e comprensibile. Alcuni, i più intelligenti, mi dicevano: se togli i veli all’arte cade tutta l’impalcatura. Ho preferito non far cadere l’impalcatura.
Manuela Bedeschi
Gentile sig. Politi, ricevo con grande godimento i suoi Amarcord su un indirizzo in estinzione, potrebbe cortesemente prendere nota di questo nuovo?
manuelabedeschi@bedeschimanuela.com
Aggiungo i miei personali complimenti ai tanti che riceve sperando che dia seguito in futuro alla raccolta di tutto il materiale in un volume che sarebbe molto bello rileggere. È veramente interessante vivere con i suoi puntuali ricordi tanti incontri che diventano anche nostri grazie al suo raccontare che ha la rara qualità della chiarezza. Cordialità, Manuela Bedeschi
Gaia Dellera Ferrario
Gent.mo Giancarlo,
sono una sua appassionata lettrice, amante, nonchè talvolta praticante, dell'arte.
Sono giorni che rifletto su quanto sia opportuno inviarle questa richiesta e alla fine, in punta di piedi, mi permetto di farlo. Purtroppo ho smarrito, non so come, alcune puntate dei suoi 'amarcord' e mi chiedo se ci fosse modo di riceverli nuovamente. I numeri sono: 7; 9; 10; 12 Li colleziono con il gusto di avere qualcosa di unico da tramandare nel tempo, spero pertanto di non disturbarla eccessivamente con questa mia.
La ringrazio in ogni caso, per la generosità che esprime nel divulgare, senza tanti cerimoniali, queste "chicche" dal valore inestimabile
Cordiali saluti. Gaia Dallera Ferrario
Bruno Ceccobelli
Caro Giancarlo,
grazie dei tuoi ricordi e che mi fa piacere riceverli....
Saluti da Todi. Tuo conterreaneo Bruno Ceccobelli
P.S. Pittore di campagna, di campagne e di compagni,
pittore che campa e non si lagna!
Le mie partite di calcio a Todi
Caro Bruno, che invidia la tua tranquilla vita di pittore di campagna, a Todi, città bellissima anche se oggi forse un po’ rumorosa. Ma la tua bravura ha sempre superato monti, campagne e città. Peccato che il mondo dell’arte a volte è così distratto e superficiale. Ma io ti seguo come posso, ammirando (e invidiando) i tuoi baldi giovani sempre vicini ai tuoi progetti e in attesa che ti facciano diventare nonno.
Ho indimenticabili ricordi giovanili di Todi. E delle molteplici estati trascorse a Ponterio, vicino alla stazione, correndo sulle pietre levigate dei ruscelli circostanti e le interminabili partite di pallone nel campo di grano appena falciato. Partite che iniziavano all’alba e terminavano al tramonto. Sudate immani, ma felicità immensa.
Caterina Gualco
Belle anche queste tue comunicazioni estemporanee! Buona Versilia.
Caterina Gualco
Estemporaneo è contemporaneo
Caterina, si è sempre estemporanei, anche quando si pensa di non esserlo. E per me estemporaneo è sinonimo di contemporaneo.
Francesca Cursi e Dino Formaggio
Desideravo ringraziarla per i suoi Amarcord di cui ho ricevuto i seguenti numeri 12/13/14/15/16/17/18/19 manca/20 e desidererei sapere quali mi mancano in tutto. Uscirà un libro che potrei regalare agli amici che poco sanno dell'arte moderna e contemporanea. Quello che mi pare mancante riguarda l'arte del nord est o è prossimo il testo ? Io mi occupo di Arte del 900 da sempre e sono ormai di una certa età. Ero allieva del filosofo Dino Formaggio di cui l'Università statale di Milano ne farà a 10 anni dalla morte una serie di eventi.Il suo Amarcord mi ha spinto a scrivere il Mio Dino (Formaggio) in ricordo ed onore. Grazie con stima e simpatia. Francesca Cursi
Dino Formaggio e gli studi di estetica
Grazie per avermi ricordato il grande Dino Formaggio, di cui sono stato estimatore e lettore curioso. I suoi studi sull’estetica furono per me fondamentali. Se ha scritto qualcosa su di lui me lo mandi che lo leggerò volentieri.
Gianmaria Giorgi
Grazie a te Giancarlo! Sei sempre attento e raffinato.
Gianmaria Giorgi