venerdì 31 agosto 2018

Lia Rumma Magister di Civiltà Amalfitana 2018


 Lia e Marcello Rumma,1964

Sarà una donna a ricevere il prestigioso titolo di Magister di Civiltà Amalfitana nel corso di questa edizione del Capodanno Bizantino in programma adAmalfi tra il 31 agosto e il 1° settembre. Un riconoscimento che la città, Antica Repubblica Marinara, attribuisce ogni anno a personalità, amalfitane di origine o di adozione, che si sono distinte per particolari meriti in uno dei settori di spicco della storia locale. La scelta, per la prima volta in assoluto dall'istituzione del premio, è ricaduta su una donna: Lia Rumma, illuminata gallerista che ha favorito la nascita dell’arte contemporanea contribuendo a scrivere importanti pagine di storia ad essa legate.
A convergere con entusiasmo sul suo nome è stata la commissione del "Premio Magister Civitatis Amalfie”, riunitasi a inizio agosto presso il Salone Morelli di Palazzo di Città. Il gruppo di lavoro composto dai sindaci di Amalfi e Atrani, Daniele Milano e Luciano de Rosa Laderchi, dagli assessori alla cultura Enza Cobalto e Michele Siravo, dal Presidente del Centro di Cultura e Storia Amalfitana Ermelinda Di Lieto e dagli storici e ideatori della manifestazioneGiovanni Camelia e Giuseppe Gargano, ha stabilito di assegnare per il 2018 il titolo di Magister a Lia Rumma. Una delle principali ricercatrici di talenti artistici che ha speso la propria vita, assieme al compianto marito Marcello, nell’alimentare e promuovere, attraverso l’attività di mecenatismo, i più importanti movimenti artistici internazionali.
Fu proprio ad Amalfi, negli anni Sessanta, che Marcello e Lia Rumma, all’epoca giovani collezionisti di Salerno poco meno che ventenni, si fecero promotori delle mostre di una nuova generazione di artisti emergenti oltre che di molteplici iniziative culturali.
In particolare Marcello Rumma divenne sponsor e organizzatore di importanti rassegne negli Antichi Arsenali di Amalfi, col patrocinio dell’Azienda Soggiorno e Turismo di Amalfi di cui in quegli anni era presidente il giornalista e poeta Giuseppe Liuccio. Aspetti del “Ritorno alle cose stesse” (1966) a cura di Renato Barilli; L’Impatto Percettivo (1967) a cura di Alberto Boatto e Filiberto Menna; Arte Povera più Azioni Povere (1968) a cura di Germano Celant, che riscosse da subito un enorme successo di critica a livello internazionale, furono i tre eventi che la città ospitò in quell’indimenticabile periodo di grande fermento culturale.
Nella ricorrenza del cinquantenario della mostra Arte Povera più Azioni Povere, Amalfi ricorda che, proprio grazie a quelle iniziative, vennero scritte in città alcune delle più importati pagine della rivoluzione culturale del '68. Si propagarono partendo proprio dall'Arsenale, instillando nuove correnti e un moderno sentire nel panorama dell'arte internazionale.
Si assegna, dunque, per grandi meriti artistici, il titolo di Magister Civitatis Amalfie a Lia Rumma.
Ai sensi dello Statuto fondativo il Premio per l’anno 2018 sarà intitolato a Giovanni di Amalfi, monaco e traduttore dal greco al latino di opere che sono la prima e unica testimonianza della vita culturale e artistica degli occidentali a Bisanzio nell'XI secolo.
L'investitura del Magister di Civiltà Amalfitana è in programma sabato 1° settembre dinanzi alla cappella palatina di San Salvatore de' Birecto dove, alle ore 19.00, avrà luogo la solenne cerimonia in costume d'epoca. Il rito, che ricalca quello dell'incoronazione medievale dei Duchi di Amalfi, si svolgerà alla presenza di Sua Eccellenza l'Arcivescovo di Amalfi - Cava de' Tirreni Monsignor Orazio Soricelli.
Il nuovo Magister sarà presentato con tutto il suo immenso bagaglio di storia personale venerdì 31 agosto alle 20.00 in Largo Duca Piccolomini nel corso di un’intervista pubblica condotta dalla giornalista de Il Mattino Erminia Pellecchia.
La manifestazione del primo settembre prenderà il via alle ore 18.00 quando da Amalfi partirà il Corteo Storico che ricostruisce la sfilata per le nozze di Sergio III, figlio del duca di Amalfi Giovanni I e nipote del duca Mansone I, e Maria, figlia del principe di Benevento e Capua Pandolfo II, avvenute nel 1002.
In occasione del Capodanno Bizantino viene presentata una versione più ricca del Corteo che ogni anno accompagna la Regata delle Antiche Repubbliche Marinare: quasi cento figuranti - tra esponenti del Governo ducale, nobili, cavalieri, dame, paggi, valletti, arcieri e marinai, popolane e fioraie, tutti in abiti disegnati nel 1955 dallo scenografo del San Carlo di Napoli, Roberto Scielzo, celebrano l’apogeo della Repubblica intorno al Mille, quando le navi amalfitane solcavano sia il Mediterraneo orientale che quello occidentale e creavano 'colonie virtuali' nei principali centri dell’Impero Bizantino.
Al termine della cerimonia, il corteo scorterà nuovamente il Magister verso la monumentale scalinata del Duomo di Amalfi, dove alle 20.30 si celebrerà l'avvenuta investitura al cospetto della cittadinanza.



Biografia di Marcello Rumma e Lia Rumma

Negli anni Sessanta Marcello e Lia Rumma, giovani collezionisti di Salerno, poco meno che ventenni, si fanno promotori di mostre di una nuova generazione di artisti emergenti e di molteplici iniziative culturali tra Salerno e Amalfi.
Marcello Rumma diventa sponsor e organizzatore di importanti rassegne negli antichi Arsenali di Amalfi, col patrocinio dell’Azienda Soggiorno e Turismo di Amalfi di cui era Presidente Giuseppe Liuccio: Aspetti del “Ritorno alle cose stesse” (1966), a cura di Renato Barilli; L’impatto percettivo (1967), a cura di Alberto Boatto e Filiberto Menna; Arte Povera più Azioni Povere (1968), a cura di Germano Celant, che riscuote da subito un enorme successo di critica a livello internazionale.
Nel 1969 Marcello fonda la casa editrice Rumma Editore, con cui pubblica testi fondamentali di Estetica, Filosofia e Arte: Bianca Maria D’Ippolito, Ontologia e storia in Edmund Husserl, 1969; Ossip K. Flechtheim, Storia e futurologia, 1969; Jean Paulhan, Chiave della poesia, 1969; Ferdinand Alquié, Filosofia del surrealismo, 1969; Eugene Fink, Oasi della gioia, idee per una ontologia del gioco, 1969; Adriano Spatola, Verso la poesia totale, 1969; Marcel Duchamp, Marchand du Sel, 1969; catalogo della terza rassegna internazionale di pittura di Amalfi (RA3) Arte povera più azioni povere, 1969; Paolo Bertetto, Il cinema dell’utopia, 1970; Michelangelo Pistoletto, L’uomo nero, il lato insopportabile,1970.
Nel 1971, dopo la morte di Marcello, Lia Rumma si trasferisce a Napoli, apre una galleria d’arte e inaugura con la mostra di un giovane artista americano, Joseph Kosuth, che diventerà presto uno dei principali protagonisti della Conceptual Art. 
Lia Rumma indirizza da subito la propria ricerca sugli artisti più’ significativi e sui movimenti internazionali di quegli anni: Arte Povera, Minimal Art, Land Art, Conceptual Art. Napoli ha così la possibilità di conoscere tempestivamente quanto di importante e di nuovo accade a livello artistico nelle grandi capitali quali New York, Londra, Parigi. 
Nel tempo seguiranno mostre di artisti contemporanei quali: Vincenzo Agnetti, Giovanni Anselmo, Alberto Burri, Enrico Castellani, Gino De Dominicis, Ugo Mulas, Michelangelo Pistoletto, Ettore Spalletti, Gilberto Zorio, Marina Abramović, Vanessa Beecroft , Victor Burgin, Clegg & Guttmann, Günther Förg, Andreas Gursky, Donald Judd, Ilya & Emilia Kabakov, William Kentridge, Anselm Kiefer, Joseph Kosuth, David Lamelas, Robert Longo, Reinhard Mucha, Thomas Ruff, Haim Steinbach,ecc...ecc.
A partire dagli anni Ottanta Lia Rumma apre una intensa e proficua collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli e importanti musei stranieri con cui si realizzano mostre ed eventi prestigiosi:
1986: Rooted Rhetoric. Una tradizione nell’arte americana, a cura di Gabriele Guercio, Castel dell’Ovo, Napoli
1986: Personale di Gino De Dominicis , a cura di Lia Rumma, Museo di Capodimonte
1988:  Joseph Kosuth, Modus Operandi, Cancellato Rovesciato, a cura di Lia Rumma, Museo di Capodimonte
1997: Anselm Kiefer, Holzschnitte, a cura di Lia Rumma,  Museo di Capodimonte  
1999: Lia Rumma apre una seconda sede a Milano, in via Solferino, e inaugura con la personale di Enrico Castellani
1999: retrospettiva di Clegg & Guttmann, Portraits still Lifes and Landscapes alla Galleria Civica di Trento, in cui vengono esposti una serie di ritratti napoletani
2001: Performance VB48  di Vanessa Beecroft in occasione del G8, Palazzo Ducale, Genova
2002: installazione permanente di Joseph Kosuth Queste cose visibili, opera dedicata al dantista Ferruccio Incutti, padre di Lia Rumma,  Napoli, Stazione della Metropolitana di Piazza Dante
2003: Lia Rumma collabora con il Teatro San Carlo di Napoli alla realizzazione dell’Elektra con scenografia di Anselm Kiefer
2004: Installazione Permanente di Anselm Kiefer, I sette palazzi celesti, a cura di Lia Rumma, Hangar Bicocca - Pirelli Real Estate, Milano
2006: collaborazione con il Teatro San Carlo di Napoli alla realizzazione dell’opera Il Flauto Magico con  scene e regia di William Kentridge
2007: Performance VB61 Still Death! Darfur Still Deaf? di Vanessa Beecroft  alla Pescheria di Rialto in occasione della Biennale di Venezia;
2007: collaborazione con il  Museum of Art di Philadelphia per la mostra di William Kentridge Tapestries
2008: produzione della Performance VB62  di Vanessa Beecroft alla Chiesa di Santa Maria dello Spasimo, Palermo
2009: mostra di  William Kentridge Strade della città,  a cura di Lia Rumma, Museo di Capodimonte, Sala D’Avalos
2010:  Lia Rumma apre  e inaugura una nuova galleria a Milano con la personale di Ettore Spalletti
2010: produzione della Performance VB66  di Vanessa Beecroft  presso il Mercato Ittico di Napoli
2012:  installazione permanente della scultura Il cavaliere di Toledo e del mosaico Ferrovia Centrale per la città di Napoli di William Kentridge,  Stazione Metropolitana di Toledo
2012: collaborazione con il Museo di Malaga CAC per la personale di  William Kentridge..No se unirà usted al bàile?
2013: cooproduzione e collaborazione alla Biennale di Venezia per l’installazione dell’opera di Alfredo Jaar al Padiglione Cileno
2014: Lia Rumma entra in collaborazione con l’Archivio Mulas (Milano) e organizza in contemporanea due mostre di Ugo Mulas nelle gallerie di Napoli/ Milano
2014: collaborazione con i Musei  Gam di Torino, Maxxi di Roma e Madre di Napoli per la grande retrospettiva dedicata a Ettore Spalletti 
2015: Lia Rumma partecipa alla56a Biennale di Venezia con le opere  degli  artisti: Vanessa Beecroft, William Kentridge, Marzia Migliora, Luca Monterastelli
2016: cooproduzione e organizzazione della grande opera pubblica di William Kentridge a Roma, Triumph and Laments, un imponente fregio  che racconta degli eventi epici e drammatici della Storia di Roma fino  ai nostri giorni, realizzato con la pulitura della patina depositatasi nel tempo sui muraglioni che costeggiano il Tevere e che si snoda per circa 500 metri da Ponte Sisto a Ponte Mazzini
2017:  Performance di Vanessa Beecroft VB82 alla Certosa di Padula, VB83 a Palazzo Strozzi e VB84 alle Gallerie degli Uffizi
2017: personale di Gian Maria Tosatti Sette Stagioni dello Spirito,  Museo Madre, Napoli
2018: cooproduzione e collaborazione alla  mostra di  Marina Abramović in preparazione il 20 Settembre a Palazzo Strozzi, Firenze
Il programma
Nell'imminenza del Capodanno Bizantino, col quale si rievocano i fasti del Ducato Marinaro che, in qualità di autonomia periferica dell'Impero d'Oriente seguiva il calendario bizantino che a settembre voleva l'inizio dell'anno fiscale e giuridico e la contestuale entrata in carica dei comites che per un anno avrebbero retto il Ducato, Amalfi e Atrani sono dunque pronte alla serie di eventi con i quali le città abbracceranno il Magister di Civiltà Amalfitana.
L'apertura del programma c'è il 31 agosto alle 18.30, con la tavola rotonda “Donne, mercanti e committenti nel Medioevo amalfitano” a cura del Centro di Storia e Cultura Amalfitana.
Alle 20.00 ci sarà il primo incontro tra la città e il Magister, con l'intervista a Largo Duca Piccolomini. La giornalista de Il Mattino Erminia Pellecchia darà vita ad un dialogo a tutto tondo con Lia Rumma, mettendo in luce il legame che lega la gallerista ad Amalfi.
Il giorno successivo, all'apice della rievocazione storica ci sarà la cerimonia di investitura, che ricalcherà l'antico rito d'incoronazione dei Duchi di Amalfi, reggenti del Ducato Marinaro nella sua fase nobiliare, prima che diventasse Repubblica. Dopo la lettura della motivazione in latino, alla presenza dell'Arcivescovo della Diocesi Cava-Amalfi monsignor Orazio Soricelli e dei sindaci di Amalfi e di Atrani, il Magister sarà avvolto con la cappa ducale, che si presenterà in una veste inedita: nell'anno in cui è per la prima volta una donna ad essere investita del riconoscimento, sono stati condotti attenti studi alla ricerca dei colori vestiti dalle ducisse bizantine. Quei colori, saranno svelati quando la cappa sarà posta sulle spalle del Magister.
Il primo settembre la riscoperta delle antiche reminiscenze orientali di Amalfi e Atrani comincerà già dal mattino, alle 10.30 con le Passeggiate Bizantine“Li turchi a la marina” è il nome della visita in barca a cura di Mediateur, alla scoperta delle antiche Torri Vicereali della Costiera Amalfitana.
Nel pomeriggio il balzo indietro nel medioevo comincia alle 17.45 con l'esibizione in Piazza Duomo degli Sbandieratori Città de la CavaAlle 18,00 parte da piazza Spirito Santo il sontuoso corteo storico. Alle 19.00 il corteo raggiungerà Atrani, dove sul sagrato della cappella palatina di San Salvatore de' Birecto ci sarà l'investitura del Magister, e si dirigerà poi di nuovo verso Amalfi dove, alle20.30, sulla scalea monumentale della cattedrale di Sant'Andrea in piazza Duomo ci sarà la presentazione ufficiale del Magister alla cittadinanza. Alle 20.45 la piazza sarà rischiarata dai bagliori delle fiamme sprigionate dallo spettacolo di fuoco della compagnia “Lumen Invoco”. La grande chiusura di una giornata densa di emozioni è affidata a Tullio De Piscopo, che animerà piazza Municipio con la grinta del suo inconfondibile ritmo a partire dalle 21.30.
Per il passaggio del corteo nel tratto compreso tra Amalfi e Atrani, il transito sulla Statale 163 sarà interrotto in entrambi i sensi di marcia il primo settembre dalle 18.00 alle 19.00 e poi dalle 19.30 alle 20.30.
Il concerto di uno dei più grandi percussionisti della scena musicale nazionale sarà il primo degli eventi musicali collegati al Capodanno Bizantino. Nell'anno in cui il tema dell'evento è “Sulle onde del Mediterraneo” sono stati scelti artisti fortemente legati col loro sound, le loro storie e le loro voci alle tradizioni musicali e culturali delle terre bagnate dal Mare Nostrum. Domenica 16 settembre inpiazza Municipio alle 21.00 ci sarà il concerto “Vento del Sud” di Fiorenza Calogero, per il quale si ampliano le partecipazioni speciali: oltre Marcello Colasurdo ci sarà anche Daniele Sepe. Il programma musicale chiude sabato 29 settembre alle 21.00 in piazza Municipio con il concerto di Valentina Stella, col suo sound mediterraneo nato all'ombra del Vesuvio, su quel golfo di Napoli che è luogo storico di incontro ed incrocio di culture.
Amalfi, 29 agosto 2018
Ufficio stampa Comune di Amalfi
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mercoledì 1 agosto 2018

Amarcord 11 Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di Giancarlo Politi

Amarcord 11
Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie di Giancarlo Politi
Cari amici, Amarcord va in vacanza.
Ci risentiamo a settembre, sperando in ricordi sempre più vividi.
Buone vacanze e grazie per la vostra attenzione.

per intervenire, controbattere o esprimere una propria opinione scrivere a
giancarlo@flashartonline.com

Sandro Chia nel suo studio, fotografia e dedica di Allen Ginsberg (New York, 1985) Courtesy Allen Ginsberg Estate.
Sandro Chia
Richard Serra a Roma



Nel maggio 1966, a Roma, la galleria La Salita di Gian Tomaso Liverani espone, con grande scandalo dell’epoca, animali vivi e impagliati di Richard Serra. La mostra, dal titolo “Animal habitats live and stuffed…” desta grande attenzione ma anche polemiche e dibattiti in tutto il paese; mi pare anche che la galleria fu chiusa per alcuni giorni. Ma, ormai il dado era tratto. Artisti, critici, storici dell’arte avevano visto la mostra e qualcosa, di positivo o di negativo, si accese nella testa di tutti noi. 
Richard Serra viveva a Firenze allora, insieme a sua moglie, la bravissima artista post-minimalista Nancy Graves che aveva vinto una borsa di studio Fulbright di due anni in Europa (la stessa borsa di studio che fece arrivare in Italia Robert Rauschenberg e Cy Twombly). Nancy e Richard si erano sposati l’anno prima a Parigi. Nancy aveva studiato alla prestigiosa università di Yale con Brice Marden, Chuck Close, Robert Mangold, dove qualche anno prima si era laureato anche Richard Serra. Firenze all’epoca (come è sempre stata, salvo forse tempi recenti) era una città indifferente all’arte contemporanea. C’era una sola galleria propositiva ma che si muoveva a livello amatoriale, la leggendaria Numero, di Fiamma Vigo, che Firenze dovrebbe ricordare, perché da lei passarono tutti gli artisti italiani e stranieri dell’epoca (compresi Burri e Rauschenberg). Ma per gli artisti americani di allora, come appunto Robert Rauschenberg e Cy Twombly, Firenze era una città provinciale dove non si respirava l’arte contemporanea ma prevalevano solo litigi tra artisti guelfi e ghibellini. Forse per questo Firenze non ha mai prodotto un artista di rilievo dal dopoguerra a oggi. Bisognerebbe chiedersi perché. Dunque, per tutti in quel momento il mito era Roma, certamente la città culturalmente più vivace, forse più della Milano di Fontana e Manzoni. A Roma invece operavano alcune gallerie propositive, prima fra tutte l’Obelisco di Gaspero del Corso e Irene Brin (intorno agli anni ’50 e dove espose anche Burri, convinto che Rauschenberg avesse visto la sua mostra e ne avesse subito l’influenza), poi fu la volta de La Tartaruga, primissimo in Italia ad esporre alcuni espressionisti astratti americani (come Rothko e Franz Kline), diretta da un geniale ma problematico Plinio De Martiis, geloso fino all’isteria dei suoi artisti che non voleva condividere con nessuno – e soprattutto non sapeva fare il mercante, peccato non proprio venale per un gallerista. In ogni caso nei primi anni Sessanta in questa galleria si coagulò la famosa “Scuola di Piazza del Popolo” (Mario Schifano, Giosetta Fioroni, Tano Festa, Franco Angeli, ai quali successivamente si aggiunsero Pino Pascali, Francesco Lo Savio, Sergio Lombardo, Renato Mambor, Jannis Kounellis, Cesare Tacchi, Umberto Bignardi).

Roma caput mundi dell’arte negli anni ‘60
Però questo raggruppamento non piacque ad alcuni artisti (anche perché Plinio era un ottimo gallerista quanto un pessimo mercante, che allontanava addirittura i collezionisti) per cui alcuni di loro preferirono collaborare con le due nuove gallerie maggiormente propositive ed esclusive: La Salita di Gian Tomaso Liverani e l’Attico di Fabio Sargentini, che si andava proponendo come il talent scout del momento. Francesco Lo Savio, Tano Festa e Sergio Lombardo scelsero La Salita, mentre Pino Pascali e Jannis Kounellis (che mi confessò di avere visto gli animali di Serra) scelsero l’Attico. Tra le due gallerie emergenti si stabilì un sano dualismo che portò Roma a diventare la capitale della sperimentazione artistica in Europa. E l’Attico con le primissime mostre di Pino Pascali, Jannis Kounellis e Gino De Dominicis, ma anche con performers e musicisti americani si impose come la galleria di punta nell’Europa di quei tempi. Tempi che durarono poco a causa della morte prematura di Pino Pascali in un incidente di moto, che portò Sargentini a chiudere la galleria di Piazza di Spagna. Per poi riaprirla nel ’69 in via Beccaria, all’interno di un garage, con Jannis Kounellis, e successivamente con Simone Forti, Philip Glass, Steve Reich, Terry Riley e La Monte Young. Il lavoro di ricerca di Fabio Sargentini durò ancora un paio di anni, poi, visto il nomadismo di Kounellis e De Dominicis, si orientò su altri artisti meno propositivi e il mito de L’Attico incominciò a declinare, salvato da improvvise e isolate impennate geniali di Fabio, che con il tempo si era sostituito ai suoi artisti. D’altronde le stagioni di gloria si sa, durano poco, mentre le stagioni in ombra sono lunghissime, spesso eterne.
Ma ho parlato di quelle gallerie e di quella stagione a Roma, per introdurre qualche mia considerazione su Sandro Chia, per certi versi, sintomatica dell’artista di oggi.
Sandro Chia, come Rauschenberg, Cy Twombly e Serra, da Firenze dove era nato, aveva capito che se non fosse emigrato altrove, sarebbe finito come tanti suoi promettenti colleghi. Nel vuoto.

Il noioso clima concettuale degli anni ’70 in Italia
Sandro lo avevo incontrato qualche volta nelle varie inaugurazioni ma lo conobbi veramente  in occasione di una sua mostra insieme a Notargiacomo alla galleria La Salita, nel maggio 1971. La mostra di Sandro Chia non era né bella né brutta. Rispecchiava il noioso clima concettuale dell’epoca. E Sandro, grande pittore, come si manifesterà in seguito, come d’altronde Mimmo Paladino, per avere un minimo di visibilità si costrinse a fare ciò che lui odiava di più nella sua vita: l’artista concettuale.
Lo rividi ancora nel 1977 a Pescara, da Lucrezia de Domizio, con un’altra poco brillante mostra “Graziosa girevole” in cui incominciavano a emergere disegni figurativi. Poi lui a Roma e io a Milano. Lo persi di vista e lo rividi un paio di anni dopo in una mostra collettiva “Arte Cifra” da Paul Maenz a Colonia (1979) e un’altra ancora in una collettiva di Jean-Christophe Ammann, alla Kunsthalle di Basilea nel 1980. Mostra storica perché segnò approssimativamente la nascita della Transavanguardia ma con l’esclusione di Achille Bonito Oliva che Jean-Christophe non volle in catalogo.
Mi pare che fosse il 1979. Il lavoro di Sandro Chia era totalmente cambiato. Era esploso in una pittura sensuale e gioiosa, che ricordava il migliore Novecento italiano. E con lui Mimmo Paladino.
Era veramente nata la Transavanguardia, la nuova tendenza pittorica italiana che gettava alle ortiche i noiosi anni ‘70, caratterizzati da un’arte concettuale senza idee né grinta. Era stato Achille Bonito Oliva a coniarne il nome, Transavanguardia, e a coagulare l’interesse su cinque pittori, escludendo tutti gli altri pretendenti. I pittori erano Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino e Nicola De Maria. Molti altri, tra cui Ernesto Tatafiore, Mimmo Germanà, Nino Longobardi, pur lavorando nella stessa direzione, vennero esclusi. E a ragione, perché a lungo termine i cinque, anche sulle ali di un imprevisto successo internazionale, sono risultati i migliori. 
L’Italia e l’Europa, in parte anche gli USA, erano state costrette per un decennio almeno, a subire il moralismo in bianco e nero dell’arte concettuale. Il fenomeno Transavanguardia esplose in modo ancora oggi inspiegabile e sconvolse il mondo dell’arte. I cinque artisti della Transavanguardia, vezzeggiati e corteggiati da importanti gallerie e mercanti (in Italia Mazzoli, in Europa Bishofberger) e anche Musei, in poco tempo divennero ricchi, famosi e richiesti ovunque. Francesco Clemente visto il successo e le attenzioni scelse subito di trasferirsi a New York, seguito poco dopo da Sandro Chia. Anche Mimmo Paladino fu tentato, acquistò infatti anche un bellissimo appartamento studio, ma poi, giustamente, preferì la tranquillità e l’aria salubre di Paduli, vicino Benevento, dove era nato e dove si è costruito una bellissima abitazione e studio a sua misura, tra gli ulivi e le brezze della collina. Ormai la bomba era scoppiata e lui era diventato una star. Chi lo desiderava sapeva dove trovarlo.
Enzo Cucchi continuò a muoversi brillantemente tra Ancona e Roma, dove aveva ristrutturato a suo uso e consumo un bizzarro loft, mentre Nicola De Maria è sempre rimasto a Torino.

Sandro Chia a New York
Sandro Chia a New York (come d’altronde Francesco Clemente) impazzava. Con i primi sostanziosi guadagni aveva acquistato un enorme edificio di almeno cinque piani a Chelsea, dove abitava e aveva creato il suo studio, su due piani immensi, affittando il resto, pensate un po’, a Larry Gagosian, che stava lentamente trasferendosi, da Los Angeles a New York. Un altro piano era stato affittato alla galleria Baldacci/Daverio che tentò, senza troppo successo, un approccio a New York.
Sandro Chia si dimostrò come sempre un oculatissimo business man, come ha poi confermato anche in Italia con il suo Castello Romitorio a Montalcino, che mi sembra acquistò tramite Giorgio Franchetti, in cambio di opere. Ora Castello Romitorio è diventato un brand che produce anche un ottimo Brunello che Sandro ha saputo portare al successo con grande abilità. E vedo che in qualche enoteca è posto in vendita a 110 euro alla bottiglia. Di nuovo Sandro ha fatto boom.
Il suo massimo momento di successo e visibilità fu una grande mostra in contemporanea tra Sperone e Leo Castelli (allora andavano di moda: Francesco Clemente espose parallelamente da Sperone, Mary Boone e Leo Castelli. Forse mai un artista come lui).
Ricordo di avere incontrato Sandro proprio in quel momento di massima notorietà, alla fiera di Basilea, in compagnia di Gian Enzo Sperone. Mi congratulai con lui per la grande visibilità che aveva in fiera (era sotto i riflettori di decine di gallerie di alto mercato). Sandro e Gian Enzo Sperone passeggiavano, giustamente orgogliosi, per gli stand di Basilea. Ai miei complimenti Gian Enzo mi rispose: "e la prossima volta tocca a Picasso". Lì per lì non capii. Poi pensai che alludesse all’assalto della fama di Picasso, che Sandro Chia avrebbe soppiantato.
Sorpreso, ma non tanto, visto come giravano velocemente le cose, li salutai complimentandomi ancora con loro.

Una gioiosa esperienza nuova: un’intervista in piedi
Poco dopo (o poco prima?) di questo episodio, io e Helena lo intervistammo nel suo studio a New York. A quei tempi, ma forse un po’ sempre, Sandro era molto pieno di sé. Aveva consapevolezza e considerazione dei suoi mezzi e capacità. Ricordo che ci ricevette seduto a un tavolino dello studio e per tutta la durata della chiacchierata non ci invitò nemmeno a sedere. Noi da critici giornalisti scrupolosi in ogni caso portammo a termine una bellissima intervista, che resta ad oggi una delle migliori che abbia mai rilasciato Sandro. In quell’occasione avevamo in mano una copia di Flash Art International con la copertina di Peter Halley. Guardandola in modo sprezzante Sandro disse: “Questo artista tra un anno sarà scomparso”. Certamente, conoscendo bene Peter Halley, non si sarebbe mai espresso in questo modo nemmeno nei confronti di Sandro Chia, all’opposto della sua idea dell’arte.
Nel frattempo era accaduto uno spiacevole incidente tra lui e il famoso collezionista Charles Saatchi, allora referente assoluto dell’arte contemporanea, incidente probabilmente dovuto alla eccessiva autostima di entrambi. Charles aveva già aquistato alcune opere di Sandro (l’artista dice 23, mentre Saatchi in una intervista parla di sette). Secondo la versione di Sandro voleva acquistare ancora una o più opere che però l'artista gli negò (forse perché già opzionate). Saatchi, pretenzioso come nessun altro, al rifiuto si offese e uscì sdegnato dallo studio. Poco dopo si seppe che aveva offerto le opere in suo possesso ad Angela Westwater, la gallerista di Sandro negli USA e a Bruno Bischofberger, suo mercante in Europa. Operazione questa, sotto un profilo deontologico, anche corretta, perché Saatchi non buttò sul mercato le opere ma si rivolse ai suoi referenti ufficiali. Eppure la notizia trapelò (per opera di Saatchi?) e Chia ne ebbe ripercussioni immediate sul mercato. Un artista rinnegato (svenduto?) da Charles Saatchi, all’epoca era un bruttissimo segno.
Non so quanto realmente questo episodio abbia significato per Sandro Chia, ma una cosa è certa: da quel giorno Sandro subì lentamente una flessione di immagine e di mercato.

Viale del tramonto?
Come spesso avviene nella vita ma sempre nell’arte, il successo non è eterno. E gradualmente la stella di Sandro Chia (e di quasi di tutti gli artisti della Transavanguardia) cominciò a declinare (in compenso prezzi delle bottiglie di Brunello lievitavano). A quei tempi, lo incontravo spesso a New York e poi recentemente a Roma, perché Sandro Chia è un uomo arrogante ma molto intelligente. Da ogni suo incontro se ne esce accresciuti, sempre. Parlando di arte, di politica o di vita.
A Roma qualche anno fa, gli chiesi come si sentisse un artista, dopo i grandi trionfi internazionali, ad entrare in un cono d’ombra senza la corte delle grandi gallerie, musei e collezionisti. E lui semplicemente: “Oggi i miei guadagni sono superiori a quelli dei momenti di gloria. Perché se i tuoi prezzi diminuiscono, il mercato si allarga. Mentre prima solo poche gallerie e collezionisti potevano permettersi le mie opere, oggi il mercato si è ampliato a dismisura e vendo felicemente tutta la mia produzione a privati e mercanti anche di provincia, ma umani e simpatici. Da Miami a New York e in Italia il mio mercato, che a voi sembra in ombra, va a gonfie vele”.
Bellissimo esempio di pragmatismo e di accettazione della realtà, senza malumori o rimpianti (apparenti).
Ho riportato questa esperienza proprio per dimostrare, come ho sempre pensato, che l’arte ha una sola stagione (anche se a volte dopo anni può ripetersi). Poi ci sono sempre i ripescaggi. Anche se oggi le minestre riscaldate non sono molto di moda.

Contributi

Giacinto Di Pietrantonio
Ciao Giancarlo 
Il viaggio in Germania la facemmo con la tua macchina, non andammo solo a Colonia, ma anche a Dusseldorf, Essen, Bonn. Visitammo un gran numero di gallerie e galleristi e tanti musei. In quell'occasione vedemmo per la prima volta i quadri di Rob Scholte da cui rimanemmo impressionati. Corrado ne comprò uno che poi mise insieme ad altre opere acquistate in quel viaggio nella sua mostra al PAC "il Cangiante.
Mi hai portato anche altre volte all'estero, già  qualche giorno dopo entrato in redazione andammo a Parigi per il solito giro di musei, gallerie, gallerie e artisti. Ricordo che, sempre con Helena, andammo a trovare Jiri Kolar, un grandissimo ancora sottovalutato, sia dalla critica che dal mercato
 Ricordo che, benché vivesse a Parigi già da trent'anni, parlava solo ceco, che ci traduceva naturalmente Helena. Poi andammo a trovare l'allora direttore della rivista ACTUEL Jean François Bizot, a cui la rivista italiana Frigidaire si era in qualche modo ispirata. Andammo a trovarlo, perché tu volevi fare l'edizione italiana, ma dopo un'ora andammo via senza concludere nulla.
All'estero mi portasti con te ed Helena anche a Mosca per la presentazione del primo numero di Flash Art edizione Russa.
Insomma, ho tanti ricordi condivisi con te, un privilegio che non dimenticherò mai. 

Antonella Spano
Gentile Giancarlo, 
non ci conosciamo personalmente, e spero accada presto. Conosco però sua figlia. 
Mi chiamo Antonella Spano e sono la fondatrice della galleria Doppelgaenger.
Per prima cosa, come ho più volte detto, la vostra continua evoluzione, prima con Le lettere al direttore e ora con gli Amarcord, è una vera boccata d’ossigeno. E non esagero: come può immaginare non è facile oggi aver coraggio nel “Bel Paese”.
Ho aperto da sei anni una galleria a Bari, a sud, dove ho avuto la possibilità di esercitarmi in una lunga e preziosa preparazione come assistente presso una galleria, ormai purtroppo chiusa, che è stata prima tra le più importanti d’Italia, e penso sia nel cuore di quanti l’hanno conosciuta (galleria che non posso nominare per scrupolosa deontologia ma, che in animo, spero di ritrovarla in un suo Amarcord).
Mi mancate molto. E’ tutto così differente oggi, poca priorità al rapporto personale, e leggere i suoi ricordi mi riporta in un attimo ai pomeriggi passati tra lavoro e aneddoti, con rigore e divertimento.
Il nostro, mi hanno insegnato, è un lavoro lento, “ bisogna vivere a lungo per godere dei frutti” , non avere fretta o fama di gloria.
Vorrei con questa lettera ufficialmente invitarla a visitare la galleria, poter passare con lei un po’ di tempo e ascoltarla; inoltre mi farebbe piacere se trovassimo un occasione di lavoro da consumare insieme, per esempio l’incontro con Goldschmied e Chiari, che si terrà a settembre negli spazi di galleria, o la probabile mostra di Ben Vautier (ma questa è ancora da concordare e per scaramanzia la terrei al momento in segreto)?
A ogni modo, leggerla è per me avere la possibilità di scoprire retroscena o figure dell’arte che non avrei mai potuto conoscere altrimenti. Dunque grazie.
Con stima
Antonella Spano

Cara Antonella,
Ti seguo da lontano e di te mi ha parlato Gea. Hai avuto un bel coraggio ad aprire una galleria a Bari. Complimenti comunque anche per il tuo programma unico in Italia e per l’omaggio a Chiara Fumai. Marilena Bonomo, la tua “maestra” era mia amica e più volte ho visto sue mostre a Bari (anche grazie a una fiera d’arte che per alcuni anni ci stimolava una visita a Bari). Ma erano altri tempi e inoltre Marilena aveva un retroterra molto solido. Non tutti avevano una villa a Spoleto dove ospitare Sol Lewitt e altri artisti.
Per anni e anni Marilena la vedevo seduta tranquillamente nel suo stand, talvolta molto belli, alla fiera di Basilea, insieme ad una sua parente assistente. Silenziose e attente, come due ancelle dell’arte.
Di Marilena però non ho tantissimi ricordi, né così privati da poterne realizzare un Amarcord. La Marilena che ho conosciuto io era una persona gentile ma riservata che non si apriva volentieri, se non (forse) ai suoi amici più intimi. E manteneva sempre un tratto aristocratico e un po’ classista tipico dell'alta borghesia del sud di quei tempi. 

Annalisa Silingardi
Gentile Direttore,
bei profili senza traccia dello stereotipo tormento ed estasi dell'artista. Aneddoti con simpatia. Aspettiamo Cattelan. 
Grazie. Annalisa 

Cara Annalisa, grazie per la tua analisi molto lucida. Per Cattelan aspettiamo il fresco dell’autunno. Anche a te buone vacanze.

Francesco Annarumma
Caro Direttore Politi,
Posseggo ancora il primo numero di Flash Art che acquistai in edicola, il 117 del Dicembre 1983 (con Mario Merz in copertina). Una scelta quella che ha segnato la mia vita, facendomi diventare a 18 anni, forse il più giovane collezionista di arte contemporanea di allora. Almeno così mi definiva Eduardo Manzoni della galleria La Polena di Genova il quale accettava con pazienza le mille rate di quel giovane napoletano; rate che mi permisero di acquistare opere di artisti importanti che purtroppo non ho più. Sempre Flash Art è stato poi determinante nella mia decisione di buttare alle ortiche i miei studi di giurisprudenza, per aprire nel 2002 una galleria a Napoli. Ancora ricordo con piacere le cene a casa sua dove spesso era invitato Getulio Alviani, il quale dopo iniziali silenzi si lanciava in racconti di ricordi sorprendenti e talvolta divertenti (ne ricordo alcuni bellissimi riguardanti Piero Manzoni). Getulio il quale mi guardava con simpatia, forse perché ero possessore di una sua bella ed importante opera del 1968, ad una mia richiesta di organizzare una sua personale, mi chiese di attendere perché era legato a Dina Carola. Poi come spesso avviene, non ho più insistito e quella che poteva essere una bella occasione, rimase solo un'idea.
Alcuni particolari dei suoi amarcord direttore, li ho ascoltati di persona a casa sua e spero davvero che lei si decida a farne un libro. La storia dell'arte contemporanea italiana e non, le sarà grata. 
Un caro saluto, Francesco Annarumma, Galleria Annarumma, Napoli. 

Caro Francesco,
Allora forse a causa di Flash Art abbiamo perduto un brillante avvocato. Non me lo perdonerò mai. Ma sei sempre un prezioso gallerista, dall’occhio attento e lungo. E saresti stato anche un ottimo critico, veramente ottimo. Te lo dice uno che ne ha visti tanti.

Letterio Consiglio
Caro Giancarlo,
leggo appassionatamente i tuoi Amarcord. Non posso dimenticare, per la mia mostra a Roma nell’87 al Ponte di Margherita Failoni, l’incontro con Francesco Vincitorio. Egli fu incuriosito dei miei quadriguardando seerano piatti o a rilievo. Grazie ancora per tutto quello che hai da scrivere. Se tua figlia Gea farà una pubblicazione sarò il primo ad adottarla nella mia Accademia a Noto (SR). Grazie ancora, un caro saluto. Letterio Consiglio

Caro Letterio,
Che invidia per la tua bellissima Noto, dove ci siamo fermati fugacemente alcuni anni fa, io e Helena, in una invitante pasticceria, in occasione di una delle più belle vacanze della nostra vita, a Ortigia, suggeritaci da Davide Bramante. Con la speranza sempre più remota di tornarci. Ma forse le belle esperienze, per restare tali non vanno ripetute, ma solo ricordate. Pensa, cinque o sei anni fa stavo per acquistare una casa, pare bellissima, con Getulio Alviani. Poi, come tante altre cose, non se ne fece nulla. 

Fausta Squatriti
Caro Giancarlo, sei bravissimo, le storie che racconti, con uno stile diaristico, diventano subito romanzo, perché la tua analisi è psicologica, anche se lo fai quasi solo attraverso i fatti. il secolo breve, tra i suoi cataclismi, di distruzione e di creatività è un secolo che non finisce mai, siamo immersi in quello che è stato distrutto per rinnovare. Tutti i frammenti del ‘900, quando ne troviamo uno nello spazio della nostra consapevolezza, sono un punto di partenza. Purtroppo manca la follia, ai nostri giorni, siamo in grado di storicizzare anche le briciole nel momento stesso in cui ci cadono dal pane, quasi mai impastato da noi stessi, e mi pare che il mondo sia proprio stanco, e che si annoi nella sua stessa miseria concettuale. 
Ma la memoria  ci da il piacere  di diventare memoria, se qualcuno ne coltiverà il terreno con l’arte del racconto.
Ti aspetto anch’io a settembre, con le tue nuove storie vere. Fausta

Angelo Mosca
Caro Giancarlo
Volevo intendere che il mondo legato all'opera e dell'artista che si "nasconde" dietro l'opera sia in declino mentre se c'è una speranza è nel pensiero degli artisti e dell'arte. In un'epoca in cui l'infallibilità e l'unicità  dell'opera sono sostituite dalla riproducibilità e dalla interscambiabilità resta lo "sguardo" dell'arte sul presente che può fare la differenza. Riportare l’arte contemporanea al centro del dibattito  e garantire la sua  sopravvivenza è necessario!  Angelo Mosca.

Caro Angelo,
Credo che il tuo ideale romantico dell’arte sarà deluso. Anche perché non credo che l’arte sia mai stata al centro del dibattito culturale, come sperava anche Gino De Dominicis. L’arte ormai ha preso altre strade ed è difficile fermarla. Né ipotizzare dove andrà.

Paolo Tonini
Gentile Giancarlo Politi,
colleziono i suoi belli e preziosi amarcord. Nell'ultimo su Fluxus si chiedeva cosa volesse dire quel "je suis un con" di Filliou. Per gli accaniti lettori di Sade e dei libri pubblicati "sous le manteau", "le con" è soprattutto la f**a. Il meraviglioso Filliou ci giocava sull'emancipazione dalla ragione e la dedizione a ogni genere di piacere, ma "le con" fa pensare anche alla capacità di partorire. E Filliou, che conosceva bene Hegel e Marx, non poteva non apparentare la creatività alla capacità di sognare, principale virtù dei rivoluzionari insieme alla pazienza e all'ironia, secondo il celebre motto di Lenin.
Con i saluti più cordiali Paolo Tonini. L’Arengario S.B.

Caro Tonini,
Grazie per la sua dotta introduzione a Robert Filliou.

Giuseppe Falivene
Complimenti per la sua vita cosi piena e ricca di incontri ed esperienze. Credo che un Amarcord su Claudio Cintoli non sarebbe una cattiva idea. Giuseppe Falivene, Galleria Palestro

Caro Giuseppe,
Sono stato amico di Claudio Cintoli e quando lui si recò a New York mi inviò per Flash Art stimolanti corrispondenze. L’ho poi rivisto successivamente qui a Milano, in occasione di una sua mostra alla Galleria Multipla di Gino di Maggio. Ma non abbiamo avuto più occasioni di frequentarci come quando entrambi eravamo a Roma, dove la sua fama di Casanova lo teneva un po’ ai margini di quel mondo. Roma all’epoca era molto moralista. Non ti accettava se eri ricco (per anni Gianfranco Baruchello e Fabio Mauri sono stati ghettizzati) o se eri un dongiovanni appariscente (si salvò solo Mimmo Rotella perché era un “maledetto” e perché lasciò presto Roma per Parigi). No caro amico, non ho abbastanza ricordi per poter parlare di Claudio Cintoli.

Mimmo Di Caterino
C'è qualcosa di dissacrante e profondamente reale in queste memoria e ricordi d'artista, posso chiederti il permesso  di postarle questi testi su Cagliari Art Magazine? 
E' una piattaforma web che sto curando dal 2014 per consegnare al Big Data, e alla memoria, un'altra idea dell'arte e dell'artista, che in questi testi ritrovo.
Mimmo Di Caterino

Caro Mimmo, fai di me e di Amarcord ciò che vuoi. 

Rossella Farinotti
Con prontezza, leggo anche questo ricordo. Grazie Giancarlo!
ps. certo che Helena è straordinaria in questa foto !!!! ciao ciao!
ps. spero stiate bene, a presto  Rossella

Marcello Jori
Dare piacere agli altri è il più raffinato dei piaceri ...e tu con questi scritti tridimensionali lo stai facendo... Marcello.

Annie Vautier
Cher Giancarlo
J’ai  beaucoup aimé ton Amarcord 10. 
je ne me souvenais pas qu’Abra bavait autant que ça
je te trouve un peu sévère pour Filliou
Ton hommage à Conz me touche j’aimais beaucoup Conz
Ben a reconnu Maciunas chez qui il a vécu quelques jours à NY. Il a bien rit
Je parle de tes « Amarcord » aux gens de Nice.
je vous embrasse tous les deux 
annie
ps je me rappelle en effet qu’un jour tu m’avais vue en train de ranger la vaisselle dans l’appareil 
Abra était à côté de moi et j’avais vu ton regard dégouté sur les assiettes et sur le chien. Après j’ai fait plus attention…. pauvre Giancarlo tu as du souffrir avec les enfants les chiens les chats….

Cara Annie,
Che bei ricordi di quei tempi. Ora ho nostalgia anche della bava di Abrà, che non mi farebbe più schifo. Ma soprattutto ricordo la vostra ospitalità e le bellissime serate a ping pong dove si parlava di tutto, da Support Surface, all’arte concettuale a Fluxus. E di molto Duchamp. Un forte abbraccio da noi al grande Ben. Che io reputo uno degli artisti più vivaci e creativi del secolo scorso.

Patrizio Peterlini, Fondazione Bonotto
Gentile Politi,
bello leggere il suo ricordo di Francesco Conz che, oltre a collezionista, fu anche un prolifico editore. Di Fluxus, ovviamente, ma anche di Azionismo Viennese, ZAJ, Lettrismo, Poesia Concreta Visiva e Sonora e Gorgona. Un vero peccato che il suo enorme archivio, che ho avuto la fortuna di conoscere molto bene dedicandoci quasi sette anni di lavoro, sia andato disperso...
Di una esperienza così importante restano pochi libri. Sicuramente: "Winterreise. Asolo - New York e viceversa 1974", che racconta il viaggio a New York in compagnia di Hermann e Beate Nitsch e Gunter Brus e che segna l'inizio della sua avventura in Fluxus. Purtroppo, i libri sul suo "Secret Museum" e sulle sue edizioni, lavori a cui abbiamo lavorato fino agli ultimi giorni della sua vita, non sono stati stampati. Sono fortunatamente reperibili in formato PDF online.
Dato che ora l'archivio è ricomparso a Berlino, mi vedo costretto a ripetermi: riusciremo mai, noi italiani, a tutelare e valorizzare le storie che ci appartengono prima che il mercato internazionale se ne appropri?
Cordialmente Patrizio Peterlini – Direttore Fondazione Bonotto

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