mercoledì 10 febbraio 2021

Roberto Massi

Lettera aperta scritta all’amico arch. Roberto Massi in data 30 settembre 2020, il giorno dopo la sua scomparsa a Roma. 

(pagina creata a distanza di quattro mesi dal suo ultimo saluto)




Caro Roberto,

mi ricordo quando ci siamo conosciuti al Pub “Le Maschere” di Vico Fondaco Corso, dopo quella tragica scossa di terremoto del 23 novembre 1980, che colpì anche la Città di Campagna.Tu come laureato in Architettura, all’Università di Roma, che si apprestava a dare un suo contributo professionale alla difficile, delicata e burocratica ricostruzione post sisma della mia città, ed io come diplomato in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma, che in prima linea (anche come socio militante di Italia Nostra di Salerno) era impegnato su due fronti, da un lato, alla salvaguardia del centro storico, e del patrimonio storico-artistico-monumentale e ambientale…e dall’altro, con un gruppo di amici promotori, al “Progetto Chiena” con relativa nascita di un Museo di Etno-Antropologia e d’Arte Contemporanea. Un Museo si, Contadino e della Memoria, ma anche un Museo del futuro, nel rispetto della tradizione, incentrato nel presente, come continuità, con l’Arte Contemporanea, per indicare un possibile percorso.




Nel conoscerci, e a seguito di un mio insegnamento nel Liceo Artistico di Via di Ripetta, scoprimmo con gioia di avere in comune, non solo Roma, ma anche un bellissimo largo, con una bellissima Libreria e Galleria d’Arte, chiamato “Piazza Ferro di Cavallo” (a forma, appunto, di “ferro di cavallo”), posto quasi alla fine della mitica Via di Ripetta, luogo di passaggio, nel via vai di personalità dell'arte, del cinema e della cultura in generale, provenendo da una delle diramazioni di Piazza del Popolo (finta parallela di Via del Babuino, e ricordo che spesso incontravo il grande Giulio Turcato, con il naso paonazzo, da buon gustaio di vini d.o.p. o addirittura De Chirico, e altri, come lo scrittore Leonardo Sciascia, attori come Gian Maria Volontè, Renato Salvatori, Marcello Mastroianni...), che continuando, ti porta a Via della Scrofa, e alla bellissima Piazza Navona. Tu come ex allievo di quel Liceo Artistico, ed io come ex allievo dell’Accademia di Belle Arti, ed ex insegnante del liceo, con i due ingressi principali posti uno di fronte all’altro. Fu subito amicizia, raccontandoci i nostri ricordi, i nostri “amori”, le nostre amicizie, diciamo da “dirimpettai sconosciuti” ai tempi degli studi. Il sottoscritto, diviso tra l’Università (con la sua mensa a prezzi popolari) e l’Accademia, a parte i suoi compagni di studio, frequentava alcuni artisti dell'avanguardia romana (Lombardo, De Dominicis, Catalano, Montealgre, Germanà, Papi, Sansò e altri), studiando la storia del Teatro, del Cinema, delle Avanguardie Artistiche del 900, da Cezanne a Picasso, da Duchamp a Calder e a Munari, il Cubismo, il Futurismo, il Costruttivismo russo, il Dadaismo, e tu studiavi Le Courbusier, Walter Gropius e la Bauhaus). In seguito, si parlò di arte, di architettura, di restauro, e di urbanistica, argomenti, spesso collegati alla ricostruzione, certo, anche se, ogni tanto ci lasciavamo andare alle nostre considerazioni, viste da due punti diversi, in modo a volte, anche vivace e diametralmente opposti, ma sempre nel rispetto e nella stima reciproca. Tu in quanto architetto, con un compito delicato, nel dare una tua prestazione tecnico-professionale, nella ricostruzione architettonica, di un centro storico sottoposto a vincolo, e il sottoscritto, nel far rispettare i vincoli dei “Piani di recupero, 1 e 2”, a tutti gli effetti “legge comunale”.

Piazza Ferro di Cavallo, sede dell'Accademia di Belle Arti 
e del Liceo Artistico


 

Quello che ho più apprezzato di te, è stata la sincerità, soprattutto quando con semplicità e modestia, mi parlavi dei miei dipinti che dedicavo a Campagna, alla mia “Città Invisibile”, prima del terremoto, e dopo, la “Città Invisibile Sparita”. Li trovavi si, belli, che ti ricordavano sia il grande De Chirico metafisico, che certe atmosfere sospese di città, del pittore americano Edward Hopper, ma al tempo stesso ti davano un po’ di tristezza, perché, mi dicevi, che non c’erano figure umane, non c’era vita, mentre per me, l’importante era di sottolineare la bellezza di un centro storico, senza auto e senza persone, soprattutto dopo i disastri di un terremoto, seguendo una linea progettuale coerente, e cioè di realizzare un ritratto “ideale”, e non reale della mia città, in modo che quelle persone, potessero ammirarla, capirla e rispettarla, ridandole poi la vita nella realtà, e non credo che tale messaggio si sia compreso, perché le auto, caro Roberto, guidate dall’uomo (compreso una viabilità non risolta), come ben sai, sono dappertutto, nelle piazzette, dove una volta si accedeva a piedi con i gradoni, davanti agli ingressi di casa (anche con divieti di sosta), nelle isole cosiddette pedonali, e finanche nei vicoli a ostruire passaggi stretti pedonali. In questo, nella realtà, la pensavamo allo stesso modo, ma non nei dipinti…che per me, rappresentavano l’unico rifugio “mentale”, nel rispettare un centro storico, con una sua storia, e una sua memoria. Avevo la tua comprensione, ma senza convincerti, eri poco d’accordo.

Con te, e con l'amica e collega Fulvia Zeuli (in rappresentanza della Soprintendenza ai BAAAS di Salerno, ho pianto, quel meraviglioso complesso conventuale degli Osservanti, con la bellissima Chiesa della Concezione, malamente abbattuta, malgrado non si fosse mossa di un millimetro (a parte i danni delle intemperie e dei furti degli infissi, di coppi e tegole), né con la forte scossa del terremoto, e né con una frana postume, causata da un intervento scellerato nel terreno, a dir poco, da "galera", con siringhe di cemento armato che otturò le antiche valvole di sfogo dell'acqua piovana, e malgrado i vincoli posti dalla Soprintendenza ai BAAAS, che fu destinato, nel progetto di recupero (già finanziato, si diceva, e non vorrei sbagliarmi, con un miliardo di lire), a Ostello per la gioventù e per gli studiosi che portava la tua firma, dopo un incontro avuto in Comune, tra noi gruppo dei promotori (amici del museo e della chiena, iscritti a Italia Nostra di Salerno) con il Sindaco, il vice Sindaco con delega all’Urbanistica, con l’assessore alla P.I. e con te in quanto architetto incaricato. Un progetto, coerente, guardando nell’insieme, con la già destinazione, nel 1982, a Museo Civico, dell’altro complesso conventuale, quello dei Frati Domencani di San Bartolomeo, sempre nell’intento di fare di Campagna una colonia artistica, e un polo turistico di richiamo internazionale: San Bartolomeo, la Concezione, la "Chiena-Rassegna dell'Acqua". La Zeuli (come mi fu raccontato, perché in quei tristi giorni, guarda caso, di quell’anno 1987, impegnato a Roma per un concorso a cattedra, risultavo assente, altrimenti con lei ci sarebbe stato anche il sottoscritto davanti all'ingresso principale della Chiesa), fu l’unica a difendere, anche fisicamente la Concezione dalla ruspa selvaggia. Fino ad oggi, sono ancora misteriosi i motivi di quel barbaro e incomprensibile abbattimento, che fu subito oggetto di contenzioso, tra l'Amministrazione Comunale e la Soprintendenza. Si dice, che quel luogo "sconsacrato e abbandonato" dalla Curia Vescovile, con nei paraggi un inizio di case e villini residenziali, molto probabilmente, avrebbe potuto offrire un'occasione per costruire nuove case, o un grande palazzo ex novo. Un palazzo (privato) che, a seguito del contenzioso creatosi,  vedemmo sorgere, nello stesso anno 1987, al posto della Centrale idroelettrica, in Via Piè di Zappino, l'unica testimonianza, di architettura industriale nel centro storico, aggiungendo in questo modo, un altro ingente danno, all'altro già effettuato, con il permesso di un delegato della Soprintendenza, un certo arch. Coppola (Carlo Coppola di Napoli, che fu incaricato, guarda caso, dal Comune, di redigere il "Piano del colore" per la città). Comunque, caro Roberto, hai lasciato un tuo segno, nel rispetto di quel luogo della memoria, che per i campagnesi veraci, accorti e sensibili, resterà sempre “sacro”.

 Il complesso conventuale degli Osservanti, 
con la Chiesa della Concezione

    La Chiesa della Concezione, fino a poco prima del 
barbaro e scellerato abbattimento


Il primo intervento dopo l'abbattimento, 
nel recupero del Chiostro con le arcate e il colonnato


                                         Uno dei luoghi di spettacoli e di eventi vari all'aperto

Progetto di recupero-Visione assonometrica

Anche tu, in un tuo preciso ruolo, fai parte di quello spaccato storico di Campagna, che con decine e decine di artisti di tutta Italia, insieme agli amici di Salerno (storici, critici d’arte, antropologi, fotografi, grafici, giornalisti, intellettuali e un primo nucleo di artisti), ha dato un contributo, gettando con tanta umiltà le basi per un futuro ricco di opportunità, all’intera città/territorio, ubicata a 37 km. dal capoluogo, a 75 da Potenza, e a 100 da Napoli, tra il 1982 e il 1994.

 Mi mancherai tanto, caro Roberto, anche su fb, quando ogni tanto chiacchieravamo, in una delle pagine artistiche, dove ti riconoscevi anche tu, e ne fai sempre parte. Con te vanno via anche certi ricordi, non solo di quella Roma fantastica, condivisi con gioia, e a volte con ironia, che ormai resteranno solo miei, ma anche della Città di Campagna condivisi, da te, da me e da tutti gli altri amici, in un momento in cui abbiamo fatto umilmente una storia, con la sola forza delle idee, e pochi contributi, non solo in sito, ma anche su un territorio provinciale, regionale e nazionale, con echi in altri paesi del mondo…grazie alla presenza di artisti di ogni parte d’Italia e di tutte le nazionalità, e grazie anche a personalità sensibili come eri tu, amante dell’Arte e della Cultura in generale, che ci sono sempre state vicini.

Mi mancherai, e mi mancherà il tuo accento da “romanaccio raffinato” , campagnese di adozione!

Che la terra ti sia lieve!

Angelo Riviello, 30 settembre 2020 (lettera rivista in alcuni dettagli, in data 10 febbraio 2021) 




Roberto in versione rock





ADDIO A ROBERTO MASSI

Roberto Massi si è spento a Roma lo scorso 29 settembre. Nel nostro paese giunse circa quaranta anni fa, subito dopo il terremoto del 23 novembre 1980, come volontario insieme ai tanti altri organizzati dal Sovrano Militare ordine di Malta.



Era un valente architetto e prestò la sua opera professionale non solo nel nostro, ma anche in altri comuni dell’area disastrata dal terribile sisma. Lo ricordiamo per la competenza, per la serietà e per la sua coinvolgente simpatia. Gozlinus nel sentirsi vicino ai suoi cari, lo vuole ricordare anche con una foto dei primi anni ottanta, nella quale è ritratto a Valva mentre pranza, insieme ai suoi genitori, nelle cucine dell’oleificio della Villa d’Ayala.











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