venerdì 19 febbraio 2021

Viganella, dove il sole è riflesso nello specchio

 

Silvia Camporesi, Viganella, frame da video


Portiamo la luce e il calore del sole nei paesi dove si fa desiderare

Da Arteprima Progetti

E anche qui altra meraviglia funzionale. In Italia:

Viganella, dove  il sole è riflesso nello specchio

https://www.facebook.com/arteprima.noprofit

Da Wikipedia

"Il centro di Viganella nel Verbano Cusio-Ossola, ospita la parrocchiale della Natività di Maria Vergine, del XVI secolo, ed alcuni antichi edifici di interessante architettura. In tutto il territorio comunale si trovano poi numerose cappelle ed alcuni oratori, tra i quali spiccano i seicenteschi edifici di San Domenico e San Giulio.

A partire dal 17 dicembre 2006 il piccolo centro ha conosciuto grande fama per l'installazione nelle sue vicinanze di un grande specchio (di metri 8x5), destinato ad illuminarlo, dato che, dall'11 novembre al 2 febbraio di ogni anno, il paese si trova completamente in assenza di sole a causa della montagna prospiciente. La costruzione dello specchio è costata circa 100.000 euro. Alla fine del 2015 il sistema fu disattivato a causa della mancanza di manutenzione. A novembre del 2016, tuttavia, lo specchio è stato riparato ed è tornato in funzione"..


Ci sono altri paesi di mia conoscenza (e altri ancora ce ne saranno in Italia), dove il sole è latitante, e di un tratto, all'improvviso, tutto diventa grigio, e dalle ore 16:30 (almeno nel centro storico della mia città, mentre a valle, e nelle zone alte, fa notte alle 17), arriva quel grigio freddo e umido che ti accompagna, con un velo di malinconia, fino alla precoce notte: Postiglione (SA) dove i raggi del sole, pare che sorgano alle 10 del mattino, e in piena estate, tramonta alle ore 19 di sera, senza tregua; Sicignano degli Alburni (SA), esposto completamente a nord, nascosto dietro la grande e bellissima muraglia dei Monti Alburni, da "somigliare a una nave capovolta" (come definita da Rino Mele in un suo testo poetico); la Città di Campagna (SA), la mia città di nascita, ubicata in una gola dei misteriosi e leggendari Monti Picentini (luogo ideale di rifugio del brigantaggio locale contro i piemontesi dell'Unità d'Italia), dove l'alba arriva dall'alto delle montagne, e dove il sole in pieno inverno (dalla metà di novembre, agli inizi di febbraio), sorge tra le ore 8:30 e le 9 (a secondo i quartieri alti e bassi, nel centro storico), e tramonta (sempre dietro le montagne) tra le ore 13 e le 13:30. Una città che si specchia in se stessa, definita dal sottoscritto, per un suo progetto "Città Invisibile”, nel senso che la si vede solo arrivando alle sue porte, entrandoci dentro a poco alla volta...Una caratteristica? la sua pianta naturale è a forma di vulva, e il suo motto è "Civium Amor". Quando fu elevata a rango di città, e prima che venisse istituita a sede vescovile nel 1525, da papa Clemente VII, su detta pianta naturale (a forma di vulva) la Civitas fu ridisegnata nell'urbanistica, tra il 1518 e il 1520, da un grande e ispirato Giulio Romano (allievo e collaboratore ai tempi, di Raffaello, nelle Stanze Vaticane), ed è da anni, dall’ultimo rientro da Milano del 2004, che parlandone con gli amici e conterranei, propongo uno specchio per avere più sole nel centro storico, avvolto, tra l'altro, nell'umidità di due fiumi che l'attraversano, il Tenza e l’Atri. L’ultima volta che ne ho parlato, è stato circa un mese fa, con un amico geometra. Purtroppo, la classe politica amministrativa, guidata da sindaci generalmente, diplomati, e anche laureati (dei quali alcuni abitando a valle, come gli ultimi due, che nella "Obscura et Orrida Valle", come definita dal vescovo-architetto e filosofo Juan Caramuel y Lobkowitz, non hanno mai sentito il problema dell'oscurità anticipata, o forse non si rendono conto, come i cittadini che ci abitano) non si è mai dimostrata all'altezza di ascoltare voci "visionarie" (di cui si parla nel mondo dell’arte), e si sa gli artisti "visionari", in assenza di sindaci illuminati, "visionari" e "sognatori" anch'essi, non hanno la possibilità concreta di realizzare economicamente certi progetti, anche con i dovuti permessi.

Mi ha dato gioia, sapere che a Viganella nel Verbano, nel 2006, con circa 100 mila euro, ci siano riusciti, grazie a un sindaco sognatore (ferroviere) Franco Midali, con l'aiuto di un amico architetto Giacomo Bonzani...come raccontato da Silvia Camporesi. su Artribune del 20 gennaio, 2021. A loro va tutta la mia ammirazione, e di tutti quei pochi amici e conterranei “visionari”, che vivono circondati dalle montagne, tra cui Sant'Elmo, dove il sole va via alle ore 13, ancora continuano a sognare.

 
Angelo Riviello Moscato - 15 febbraio 2021


Nato a Campagna (SA) l’8 gennaio 1947. Dopo aver frequentato l'Istituto d'Arte di Salerno, ha studiato Scenografia  con Toti Scialoja all'Accademia di Belle Arti di Roma, e Storia dell'Arte con Nello Ponente. Sul piano dei contenuti, la sua fonte di ispirazione è il recupero di una memoria sul proprio vissuto. "Identità e Memoria" che ritroviamo iniziando dal luogo natio, con una sua auto-biografia, e con alcuni dei suoi personaggi universali. Il suo capolavoro, come evento ritrovato nella memoria, con interventi e progetti di “Arte Pubblica” nel tessuto urbanistico della città, in risposta ai movimenti in auge di quegli anni 80, con il “Progetto Chiena”: il recupero, la salvaguardia, la spettacolarizzazione e la trasformazione dell’evento del fiume Tenza (chiamato “Chiena”), da "Nettezza Urbana" a "Opera d'Arte", strappandola alla “ruspa selvaggia nella ricostruzione post sismica dal 1982 al 1994, nella condivisione di alcuni amici e compagni di strada del gruppo “Amici del Museo”, unitamente agli artisti invitati a partecipare al progetto, da ogni parte d'Italia.



Da Artribune

Viganella, il paese dove il sole si riflette in uno specchio 

By Silvia Camporesi - 20 gennaio 2021

SI TROVA NEL VERBANO-CUSIO-OSSOLA IL PAESE CHE, DA NOVEMBRE A FEBBRAIO, VIVE NELLA PENOMBRA. MA DA QUALCHE TEMPO UN ENORME SPECCHIO ROTANTE HA PORTATO I RAGGI DEL SOLE FRA LE STRADE DI VIGANELLA, ALTRO CHE OLAFUR ELIASSON… IL RACCONTO IN PRIMA PERSONA DELL’ARTISTA SILVIA CAMPORESI.

Viganella-17-dicembre-2006


Avevo visto una piccolissima immagine di Viganella, tanti anni fa, sulla rubrica della Settimana enigmistica Strano, ma vero”. Era l’istantanea di un gruppo di donne e uomini quasi tutti anziani, gli abitanti del paese, con addosso giacche invernali e occhiali da sole fuori moda, radunati al centro della piccola piazza: guardavano tutti nella stessa direzione. Era il 17 dicembre 2006 e l’allora sindaco Franco Midali, con la collaborazione dell’amico architetto Giacomo Bonzani, stava inaugurando il risultato di una grandiosa idea: uno specchio di quaranta metri quadrati che, posto sulla montagna alle spalle del paese, riportava la luce in piazza. Sì perché, dall’11 novembre al 2 febbraio di ogni anno, Viganella è al buio, il sole è confinato alle spalle della montagna che gli sta davanti e per 83 giorni si trova a vivere in uno stato di perenne penombra.
Franco Midali, di mestiere ferroviere, è un sognatore, un visionario, ed è convinto che esista un modo affinché il paese possa godere di un po’ di luce anche durante quei giorni freddi. Così, dopo anni di studi e di confronti con l’architetto Bonzani, riesce a portare a termine il suo maestoso progetto: con 99.900 euro fa trasportare in elicottero lo specchio del peso di undici quintali. Una volta installato nella posizione decisa, lo specchio ruota regolarmente, per garantire che la luce riflessa si trovi sempre nelle stesse zone del paese, e la sera si corica in orizzontale, come andasse a dormire, così pioggia e vento ne puliscono la superficie. È una macchina perfetta e funziona meravigliosamente.

VIGANELLA, IL SOLE, LO SPECCHIO

Lo scorso anno con un paio di amici sono partita alla volta della valle Antrona (il nome non è affatto casuale), era fine gennaio, la settimana prima che il sole tornasse a splendere in paese. Quando siamo arrivati il sole riflesso era lì, faceva brillare le pietre della piazza di Viganella e gli occhi di un gatto grigio. Un signore ci ha chiesto da dove venivamo ed è andato a chiamare Midali. L’ex sindaco ci ha accolto con raro entusiasmo, raccontandoci ogni dettaglio dell’impresa, mostrandoci gli articoli dei giornali, i bozzetti del progetto, rispondendo alle nostre domande.
C’è un fascio di luce che illumina il portale della chiesa, noto uno strano specchietto rotondo preso da un vecchio motorino, attaccato in cima all’edificio, ne chiedo il significato. Midali va a prendere le chiavi della chiesa e ci mostra il miracolo del miracolo, un incastro di riflessi che conduce al centro dell’altare: il sole si riflette nello specchio, il sole riflesso si riflette sullo specchietto posto sopra alla chiesa, il riflesso del riflesso arriva sull’altare dove giace il crocifisso e si posa sul costato insanguinato del Cristo. Midali ha quasi le lacrime agli occhi quando ci fa vedere queste scatole cinesi di rimbalzi luminosi e io penso che nemmeno 
Olafur Eliasson avrebbe potuto creare qualcosa di così poetico.



Il progetto del sole riflesso a-Viganella-703x420


LO SPECCHIO E LA MONTAGNA

La mattina seguente partiamo in camminata, scalando il monte, per arrivare nei pressi dello specchio e vederlo da vicino. Midali ci ha spiegato per filo e per segno come fare ad arrivare, girando a sinistra dopo un albero tagliato, a destra dopo una baita, attraversando un bosco fitto. Ma ci perdiamo tre volte e lo chiamiamo al telefono dal centro della montagna, lui ci riporta sulla via e ci racconta di quando una turista giapponese rimase bloccata in mezzo al monte per un giorno intero e tutto il paese andò a cercarla.

Dopo due ore abbondanti di camminata finalmente lo vediamo, è lì di spalle, silenzioso, che fa il suo lavoro. Ogni tanto, a cadenza regolare, un piccolo ronzio testimonia i suoi micromovimenti. Dall’alto il paese è davvero minuscolo, il fascio di luce sembra disegnato perfettamente sui contorni della piazza.
Lanciamo il drone che ci mostra la faccia dello specchio perché è impossibile arrivarvi davanti, il terreno è ripidissimo e chiunque ci provasse si ritroverebbe a rotolare a valle.
Fra poco sarà il 2 febbraio, il ritorno del sole verrà celebrato in paese con una sontuosa festa e quel giorno lo specchio verrà spento, fino al prossimo novembre.

Silvia Camporesi - 20 gennaio 2021
                                                                                                                                         

Silvia Camporesi (nata a Forlì nel 1973), laureata in filosofia, vive a Forlì. Attraverso i linguaggi della fotografia e del video costruisce racconti che traggono spunto dal mito, dalla letteratura, dalle religioni e dalla vita reale. Negli ultimi anni la sua ricerca è dedicata al paesaggio italiano.


Campagna, Postiglione, Sicignano degli Alburni

I paesi di mia conoscenza, in provincia di Salerno, dove in pieno inverno, il sole è latitante 


Campagna

Campagna


Campagna, dal tramonto dietro la montagna di "Sant'Elmo",
 all'alba dalla montagna "Ripa della Guardia"


Postiglione

Postiglione

Sicignano degli Alburni

Sicignano degli Alburni




















mercoledì 17 febbraio 2021

Angelo Riviello Moscato & Giulio Cesare Capaccio - work in progress 1986/2002

 

A proposito di un dibattito attuale sulla pittura, Angelo Riviello, nel 2002, scriveva in terza persona, per questo progetto, in un’autopresentazione, di una anteprima tenuta a Milano, accompagnata da due testi-lettera all’autore, di Gelsomino D’Ambrosio (un grande maestro del Graphic-Design, ex docente ad honorem dell’I.S.I.A. di Urbino), e di Antonio d’Avossa  (critico e storico dell’arte di quella famosa Scuola di Critica d'Arte di Salerno, ex docente all’Accademia di Belle Arti di Brera):

"Nuvole", 2002, acrilico e tecnica mista su tela, 70x100 cm.


Testo di autopresentazione

L'artista campano, Angelo Riviello, che da anni vive e lavora tra Milano e la Città di Campagna in provincia di Salerno, e che da anni svolge un lavoro interdisciplinare (fotografia, film-video, installazioni, scultura, pittura), nel recupero di una propria radice: autobiografica, storica, culturale e antropologica, ci presenta questa serie, detta "Delle Imprese", il titolo di un libro del Capaccio, suo conterraneo, letterato e storico, personaggio di potere nel periodo del Barocco Napoletano. Personaggio che conobbe la gloria, ma anche la miseria. Lo storico piu' accreditato di Napoli, che ebbe soprattutto il merito di promuovere ricerche di archeologia. Infatti fu il primo ad interessarsi degli scavi di Pesto (oggi Paestum).

Si tratta di un "work in progress dal 1986", di una delle serie dedicate ai personaggi storici, nati e/o soggiornati nella sua città (Giordano Bruno, Giulio Romano, J.Caramuel y Lobkowitz, etc,), definita dal Vasari come "...una delle meraviglie antiche", parlando di Giulio Romano, nelle sue "Vite". Una serie che vuol essere una sorta di rivisitazione, reinterpretazione e/o sostituzione dei personaggi, scambiando le date, scambiando i periodi, scambiando i nomi. Rendendo un omaggio con affetto, con ironia, con convinzione.

Rivendicando un'identità, legata in questo momento, soprattutto ai rischi della globalizzazione, con una cultura del vuoto sempre piu' dominante. Da un lato si tratta di un omaggio e di una rivisitazione, dall'altro vuol essere un pretesto. Un pretesto per resistere a questa invadenza del vuoto, che si registra in questo nostro sistema sempre piu' globalizzante. Un pretesto per ridiscutere di arte, nelle sue discussioni formali, ma soprattutto nelle idee e nei contenuti, dove il mezzo,per Riviello, e' solo una consequenziale scelta soggettiva.

Nel caso di questi lavori (ad eccezione dei tondi in ceramica a cera sarda), si tratta di pittura: colori acrilici e gouache su carta intelata e acrilico e tecnica mista su tela. Il disegno si compone di due ovali dello stesso emblema. Uno e' riportato in bianco e nero, fedelmente all'originale, e l'altro invertito e reinterpretato con la pittura, e spesso anche con i titoli tradizionalmente intesi, dove pare che l'artista si diverta, accompagnati dalla tecnica di esecuzione, con la data e con la dimensione dell'opera. Moscato e' il cognome di sua madre.

La mostra e' accompagnata, negli stampati, da due lettere all'autore, di Gelsomino D'Ambrosio (teorico e ricercatore grafico di comunicazione visiva - art director di Segno Associati di Salerno e docente all'I.S.I.A. di Urbino) e di Antonio d'Avossa (critico d'arte - docente all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano).

Comunicato stampa dalla mostra al Centro Culturale Puskin Via Bernardino Verro, 15 - 20142 Milano 21 maggio 15 giugno 2002 ore 19,00

Lettere/Testi


Caro Angelo,


mi chiedi di scriverti una lettera  che chiamerò “aperta” perché pubblica, in nome della nostra amicizia e dei nostri comuni ricordi.
Mi chiedi, altresì, del reciproco rapporto con un personaggio storico come Giulio Cesare Capaccio, un rapporto che posso immaginare triangolare per i molti rimandi sia geografici che culturali tra noi e lui.
Questo triangolo per le comuni radici e le frequentazioni discontinue può rimandare, come tu suggerisci nella tua precedente lettera, ad alcuni luoghi precisi come Napoli, Paestum, ecc.. Ma istintivamente a questi luoghi io ne sostituirei altri come: Campagna, Roma, Urbino.

Inizio con Campagna. Nel mio ricordo è la città dove uno spazio diventa un’immensa lavagna grigia, noi due vestiti, con i grembiuli neri  (o forse bianchi) e il nastrino che mutava colore di anno in anno, chinati, inginocchiati e a volte distesi a disegnare con “mozziconi” di gesso in una gara priva di vincitori con l’unico desiderio di scoprire i segreti del disegno; un linguaggio che ancora ci accompagna quotidianamente con servizievole sollecitudine.
Infine, sporchi di gesso, con le mani e i grembiuli imbiancati di “purezza” come uno scriba medioevale dopo le preghiere, abbandonavamo quella lavagna o più esattamente quel “largo” ancora oggi dedicato a Giulio Cesare Capaccio.

A Campagna segue Roma. I vertici del triangolo in questa città sembrano allontanarsi, perché  nei nostri ricordi questo luogo ci parla dei primi studi, dell’incoscienza di vivere, e delle prime conquiste culturali. Sole e pioggia, estati caldi e inverni ventosi, cene “rubate” e mattinate sonnolenti in via dei Serpenti, in seguito in via Crispi, in via Margutta e a Trastevere tutto veniva macinato nell’allegro mulino della gioventù.
Per il terzo vertice del triangolo sono, quelli romani, anni oscuri. Giulio Cesare Capaccio cerca l’attenzione dei potenti: celebrando fasti e pubblicando odi ma con malinconici risultati, restando sostanzialmente ai margini della vita intellettuale della Capitale.
Per lui le estati saranno caldissime e gli inverni freddissimi, forse il “sapere” non sarà stato sufficiente ad alleggerire i primi segni della vecchiaia ed ad allontanare il dolce ricordo di Campagna.

Infine Urbino. La città dove da oltre dieci anni insegno in un Istituto – come tu scrivi – specifico a carattere universitario e/o accademico (e/o mi ricordano molto gli anni sessanta), in questa città-nave che si erge sulle colline mille volte incisa e dipinta nel corso “morbido” del tempo.
La città-nave solca queste colline e nei giorni di neve o di nebbia sembra emergere in un mare bianco e umido, in una posizione perfettamente inversa a Campagna, che invece di innalzarsi, sprofonda, mantenendo, però gli stessi umori che si infiltrano tra le pietre e i mattoni, tra l’acciottolato o i “basoli”.
Forse la stessa sensazione l’avrà provata il più importante campagnese che ha attraversato queste strade, giunto fin qui, chiamato da Francesco Maria II della Rovere con l’incarico di soprastante della Biblioteca Ducale, più attento alla politica e al matrimonio tra Federico Ubaldo e Claudia dei Medici che ai libri.
Come puoi facilmente immaginare l’illustre campagnese non è altro che Giulio Cesare Capaccio.

 Salerno, 15 maggio 2002

 Gelsomino D’Ambrosio


Caro Angelo,

ricordo con chiarezza l’occasione del nostro primo incontro. A metà degli anni settanta, in casa di Angelo Trimarco a Salerno, sul pavimento ricoperto di una moquette grigia disponevi una sequenza di fotografie non molto grandi tutte incorniciate singolarmente, ricordo lo sfondo di un cielo azzurrissimo un piccolo aereo di carta, e la tranquillità incuriosita del Professore e del suo assistente, io stesso.

Da allora sono passati molti anni, e tu sei ricomparso in un mio soggiorno in Costa Amalfitana, dove al ruolo di artista affiancavi progetti di esposizioni a Campagna, la tua città, dove ti adoperavi per rendere meno provinciale la vita. Non posso dire di averti seguito in questi anni. Il mio lavoro e la mia vita hanno spesso spinto l’attenzione a differenti climi culturali e pratiche dell’arte. Da qualche anno sei ritornato a Milano dove attraverso comuni amici hai voluto rintracciarmi, chiedendo spesso una mia opinione sul tuo lavoro.

La mia idea nei tuoi confronti è sempre stata molto distesa. Ti ho consigliato di procedere lungo quel singolare percorso che avevi scelto. A partire da Giordano Bruno continuando per Giulio Romano sino a quel Giulio Cesare Capaccio con cui pare ti incontri per questa mostra. Buona l’idea! Ma migliore ancora quella di esporre in un centro culturale fuori dalle logiche di gallerie milanesi più o meno per bene. La singolarità del tuo lavoro si esprime da sempre fuori da queste logiche. Vuol dire che sei un artista isolato. No, credo che tu sia uno dei tanti artisti che non cede al ricatto del supermercato dell’arte, ma organizza la sua ricerca per un piacere di radicate incertezze nell’universo di una cultura visiva che non dimentica che insieme (e non prima) all’arte convivono letteratura, scienza, visioni e utopie.

Di queste certezze è costruito il tuo lavoro, raro e rarefatto, dove ora a elefanti ed emblemi, motti e striscioni, associ colori e geometrie, infine nomi come quello di Capaccio, quasi a consolarti (e a consolarci) di quella perdita, sofferta e voluta, per quel cielo azzurrissimo che in questa città, senza firmamento e senza paesaggio, continua a mancarci tanto.

Un saluto all’ombra delle idee.

Milano, 18 maggio 2002
                                                 
Antonio d’Avossa 


"L'occhio dell'immagine che dietro rappresenta"
Acrilico e gouache su tela, 70 x 100 cm. 
Casa Sannia Museo - Morcone (BN)


"La terza impresa-La mano occhiuta", 1986
Acrilico e gouache su carta murillo intelata, 70 x 100 cm.

"La prima impresa-Eclisse", 1986/2000
Acrilico e gouache su carta murillo intelata, 70 x 100 cm.

"Nunc Noscito Vires", 2001, 
Acrilico e tecnica mista su tela, 70x100 cm.


"Nuvole", 2002
Acrilico e tecnica mista su tela - 70x100 cm.


"La nottola di Minerva", 2000 
Acrilico e tecnica mista su tela, 70x100 cm.


"Parto immaturo", 2002 
Acrilico e tecnica mista su tela,
70x100 cm.


"Vipere nel coito", 2000
Acrilico e tecnica mista su tela, 70x100 cm.


"Il toro di Agrigento", 2001
Acrilico e tecnica mista su tela, 70x100 cm.


"L'impresa di Giuliano", 2000
Acrilico e tecnica mista su tela, 70x100 cm.


"Il pianto del coccodrillo", 2002
Acrilico e tecnica mista su tela - 100x150 cm.


"La gioia del coccodrillo", 2001
Acrilico e tecnica mista su tela, 100x140 cm.


"Il principe cortese", 2001
Acrilico e tecnica mista su tela, 70x100 cm.


"Alban e l'elefante - www.memoires-elephant.com", 2001
Acrilico e tecnica mista su tela - 100x145 cm.


"L'impresa della pantera", 2001
Acrilico e tecnica mista su tela, 97x140 cm.


"Il piccione e la colomba" , 2001
Acrilico, gouace e tecnica mista su tela -70x100 cm.
















lunedì 15 febbraio 2021

Grow: La nuova installazione di Daan Roosegaarde in Olanda

 Questo è un aspetto dell’arte per come la intendiamo noi, oggi, nella creatività contemporanea (a parte i progetti che utilizzano l'uso, anche esclusivo, dei linguaggi tradizionali da noi conosciuti,  come la pittura, scultura, e per certi versi la fotografia) guardando sempre avanti, grazie alle informazioni di conferma, molto illuminanti, di Arteprima, e di altre fonti di informazione come Artibune:

https://www.facebook.com/arteprima.noprofit

Da Arteprima Progetti

24 mgeotuSdfehnpnnnarolnanico aSSlsleor htorae 11:Ssseiu2dd3m  · 

 

  · “Due minuti e mezzo di meraviglia, intelligenza, creatività, estetica massima, armonia e funzionalità.

L'installazione luminosa di questo artista geniale, in Olanda (Daan Roosegaarde), non solo fa emergere il lavoro degli agricoltori, non solo riporta la nostra attenzione ai campi coltivati dai quali arriva il cibo che mangiamo inconsapevolmente ogni giorno, ma con quella meravigliosa luce progettata per essere arte che risveglia i nostri sensi e il nostro senso, uccide i parassiti consentendo la diminuzione del 50% dei pesticidi usati comunemente.

Come diciamo sempre, se i processi complessi fossero gestiti e risolti dagli artisti (di questo livello, naturalmente) avremmo un mondo senza insipienza al potere, senza tutte le malattie che abbiamo, senza virus che mutano perché noi gli mutiamo la natura.

C'è da imparare molto in questi due minuti e mezzo, è così che progettiamo anche noi le nostre installazioni pubbliche e ambientali, pensando insieme ai protagonisti della questione da risolvere, per giorni e giorni, a dispositivi di senso che funzionino anche da problem solving attraverso la poesia, l'estetica e la conoscenza tecnico scientifica dei fenomeni”.

Da ArtTribune

Redazione By 21 gennaio 2021

Grow. La nuova installazione di Daan Roosegaarde in Olanda




Ventimila metri quadri di installazione nelle campagne olandesi. Si intitola Grow ed è l’ultimo progetto firmato dall’artista e designer Daan Roosegaarde, non nuovo a questo tipo di operazioni. In questo caso, il tema centrale è l’agricoltura, una pratica fondamentale per la crescita e il sostentamento umano, che troppo spesso passa inosservata ai più.

Il più delle volte notiamo a malapena le enormi aree della Terra che ci stanno letteralmente nutrendo”, spiega il video di presentazione, “Grow sottolinea l’importanza dell’innovazione nel sistema agricolo: come può il light design all’avanguardia aiutare le piante a crescere in modo più sostenibile?Come possiamo rendere il contadino un eroe?

 Una distesa di luci blu e rosse trasforma così i campi in un luogo magico, ma allo stesso tempo l’uso della luce ultravioletta contribuisce ad aumentare la crescita del raccolto, limitando fortemente l’utilizzo di pesticidi. “Grow è un paesaggio da sogno che mostra la bellezza della luce e della sostenibilità. Non come utopia ma come protopia, migliorando passo dopo passo”, ha commentato l’autore.

https://www.artribune.com/television/2021/01/video-grow-installazione-daan-roosegaarde-olanda/?fbclid=IwAR1j0r0edJkJLj2hl-iTYcOo5b67Qv0cgrZ1df6GPPj8HNPAje10eKG9oTc


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