Amarcord 1
Incontri, ricordi, euforie e melanconie
a cura di Giancarlo Politi
Ritratto fotografico di Francesco Vincitorio |
Francesco Vincitorio, chi era costui?
Chi si ricorda di Francesco Vincitorio? Eppure negli anni ’70 è stato un frequentatore e testimone popolare dell’arte. Dopo la guerra, in cui come prigioniero fu anche deportato in Polonia, diventò funzionario di banca. Era nato ad Ancona, ma appena tornato dalla prigionia si trasferì a Roma. Appassionato infaticabile dell’arte, camminatore instancabile tra studi e gallerie. Si prodigò per far conoscere soprattutto gli artisti meno noti e famosi. Fondò e diresse per 12 numeri NAC, Notiziario di Arte Contemporanea: una rivistina molto spartana (con tendenze moraliste) ma densa di informazioni: solo recensioni di mostre anche dalle più disparate località e di artisti spesso sconosciuti. In un certo senso fu un precursore del web: recensire tutte le mostre di tutte le tendenze per permettere al lettore di scegliere. La rivistina visse solo per 12 numeri, poi per difficoltà economiche chiuse. Tenne anche, con grande successo, su L’Espresso, una rubrica di brevissime informazioni sull’arte. Ricordo che si aspettava l’uscita de L’Espresso per imbattersi in qualche curiosa informazione di Vincitorio. Amico di tutti, artisti, galleristi, critici, si batté inutilmente per un Sindacato di artisti moderno e di vero aiuto per chi ne avesse bisogno.
Perché ho pensato a lui? Così, perché mi attraggono le vicende della vita. Francesco Vincitorio, molto amato e popolare negli anni 70 e totalmente dimenticato oggi. Ma questa è la vita.
Francesca Alinovi e Luciano Inga-Pin presso la Galleria Neon, Bologna, 1983. |
Un altro desaparecido: Luciano Inga-Pin
Anche Luciano Inga-Pin, popolarissimo gallerista degli anni '80-'90 è scomparso dalla memoria comune. Eppure Luciano fu veramente il gallerista milanese di tutti gli artisti con qualche qualità: e li esponeva con amore, senza quasi vendere nulla ma anche senza chiedere nulla. Ma se riusciva a vendere qualcosa (così facevan tutti) l’artista nemmeno lo sapeva. Ma era il gallerista più amato e popolare di Milano in quegli anni. Fu lui ad esporre per primo Marina Abramović, Gina Pane, Urs Lüthi, Günther Brus. Ma anche Mimmo Paladino, Nicola De Maria, Giuseppe Maraniello, i Nuovi Futuristi e tanti, tantissimi altri. Anche se il suo grande amore, in cui si incarnò veramente, fu la Body Art. di cui divenne promulgatore e punto di riferimento.
Si impegnò moltissimo per promuovere il lavoro di Marina Abramović, che dopo di lui, gradualmente, prese il volo.
Fui molto dispiaciuto a causa di una pubblicità di Abramović su Flash Art che non potei rifiutare, in cui la ormai famosa artista serba, metteva in guardia i collezionisti che avevano acquistato le sue opere da Luciano perché avrebbero potuto essere dei falsi. Io non credo che lo fossero: si trattava solo di stampe fotografiche dell’epoca molto poco professionali che Marina, diventata super professionale, volesse togliere dal mercato. Ma anche se Luciano Inga-Pin avesse venduto qualche opera di Marina non certificata, non meritava certamente quel trattamento.
Incontrai Luciano le ultime volte in Versilia, povero e malato, ospite del comune amico Egidio Giorgi: sempre gentile e sorridente, senza mai lamentarsi o accusare qualcuno. Sempre pieno di ricordi e amori per l’arte.
Fui sorpreso quando al suo funerale, a spese del Comune, in una sconosciuta chiesa di periferia, mi ritrovai solo con Giovanni Veneziano. In tutta Milano eravamo stati gli unici a portare l’ultimo saluto a Luciano. Quello fu per me un altro grande insegnamento di vita.
Ugo Carrega, Traccia, 1999 |
La Poesia Visiva. Dove sta oggi?
Negli anni '70 esisteva un grande dibattito sulla Poesia Visiva. Il suo principale rappresentante e testimone, Ugo Carrega, insieme anche a Emilio Isgrò e a Sarenco, sosteneva addirittura che la Poesia Visiva avrebbe anticipato l’arte concettuale. Certo, all’epoca esistevano importanti esempi all’estero che potrebbero ricondursi alla poesia visiva, soprattutto attraverso Fluxus, ma credo che, senza togliere nulla a nessuno, tra Joseph Kosuth e Emilio Isgrò ci sia una sostanziale differenza. Ripeto, con il massimo rispetto per entrambi. Anche se mi chiedo a cosa abbia portato quel grande dibattito, tutte le polemiche di quegli anni in cui sembrava che la poesia visiva stesse rivoluzionando il mondo. Un po’ come il ’68, finito poi in una bolla di sapone. L’unico curatore che ha ricordato la poesia visiva e la sua storia, è stato Vincenzo De Bellis, nella sua discussa mostra Ennesima alla Triennale. Eppure la poesia visiva e il suo parterre hanno prodotto artisti appunto come Isgrò, Ugo Carrega, oggi completamente scomparso, e a Fienze Luciano Ori e Lucia Marcucci. Ma anche molti altri interessanti sperimentatori del momento. La sola galleria che cerca di alimentare il ricordo e il mercato della Poesia Visiva è la galleria Frittelli di Firenze, che ha raccolto molto materiale e meriterebbe una maggiore attenzione, anche dalla città di Firenze. Altrimenti non vedo altre realtà culturali italiane impegnate nel ricordare questo importante momento della creatività italiana.
Post Scriptum: Molto ben scritta la voce "Poesia Visiva" su Wikipedia, anche se sono di parte. Consiglio a chiunque voglia approfondire questa problematica di leggerla. Mi piacerebbe anche conoscerne l'autore per congratularmi con lui perché è veramente completa e complessa. E magari chiedergli, se Gea fosse d’accordo, di scrivere un articolo per Flash Art.
Per suggerire spunti di riflessione e alimentare il dibattito intorno ai contenuti della rubrica scrivete a:giancarlo@flashartonline.com
In occasione di
"Amarcord" (Incontri, ricordi, euforie e melanconie, a cura di Giancarlo Politi)
alleghiamo una lettera-testimonianza di Angelo Riviello, pubblicata sul suo blog, in data 26 settembre 2010
domenica 26 settembre 2010
Luciano Inga-Pin
Pagina dedicata a Luciano Inga-Pin, per quel rapporto, breve ma intenso che ho avuto con lui, a cavallo tra il 1975-76 e il 1977-78, quando senza saperlo (né io e né lui), forse, abbiamo contribuito ad anticipare un humus iniziato negli anni 90
Luciano Inga-Pin
Pagina dedicata a Luciano Inga-Pin, per quel rapporto, breve ma intenso che ho avuto con lui, a cavallo tra il 1975-76 e il 1977-78, quando senza saperlo (né io e né lui), forse, abbiamo contribuito ad anticipare un humus iniziato negli anni 90
La sua Galleria di Via Pontaccio 12/A |
Con Lea Vergine - Foto Mario Gorni |
Con Giovanni Tufano |
Luciano nella sua Galleria |
Caro Luciano,
scusa il ritardo, ma anche se a distanza di oltre un anno dalla tua “scomparsa”, mi piace scriverti adesso che ho un blog, senza l’emozione del momento …perché per me sei sempre in via Pontaccio 12 A, alle prese con le tue mostre, con i tuoi amici e con i giovani artisti…dove ho lasciato una parte di me stesso …e poi tu sai benissimo che per me il tempo è stato, ed è, relativo, molto relativo…quasi inesistente, anche se implacabile, distratto come sono, dagli impegni quotidiani e dai miei pensieri (a volte) che mi spingevano istintivamente in sentieri avventurosi abbozzati (forse in anticipo, senza rendermene conto) andando a scavare in un mio percorso formativo, partendo da una mia realtà antropologica e culturale iniziando dalle quattro mura di casa, per approdare in una realtà molto più ampia….ma senza mai fare calcoli di tempo…perché incapace nel momento magico e ansiogeno (per me) della creatività, di “calcolare” tempi e strategie. Questo, forse anche per fattori caratteriali dovuti ad una mia riservatezza, e al "dubbio" che non mi lascia mai, che mi spingono postume a prendere coscienza?…Pare di si, ed è molto probabile…
Quanti andirivieni nella tua casa-galleria di via Pontaccio, dove volentieri mi affacciavo dal balcone chiacchierando con altri amici e compagni di strada durante le mostre che tu organizzavi. Quanti ricordi…quanti affetti…quante speranze….quanti nuovi amici conosciuti, grazie a te, alla tua capacità di comunicare e di richiamare tutta una nuova generazione di artisti. Mi ricordo quando suonavo il campanello alla tua porta vetrata. Ti affacciavi sempre con molta disponibilità, interesse e simpatia, con quegli occhi ingigantiti dagli occhiali, da sembrare due binocoli e il sorriso immancabile. Sempre gentile. Sempre sincero. Mi ricordo anche il tuo cane pastore che ti faceva da guardia per un certo periodo. Mi ricordo, in particolare, quando conobbi Giorgio Verzotti e gli parlasti in modo molto simpatico e affettuoso di me e del mio lavoro che svolgevo in bicicletta spostandomi da una zona all’altra di Milano, come agente della Casa Edtrice Einaudi, elogiandomi, come giovane artista, nel fare questa attività per vivere…
Io come altri, sono stato nella tua “sala d’attesa”. Mi dispiace solo di quel dialogo “interrotto” tra te e me, a proposito del mio lavoro, in quegli anni a cavallo, tra il 1975-76 e il 1978… Infatti, quando ebbi modo di conoscere, tra gli altri, anche Mimmo Paladino nella tua galleria di via Pontaccio (1978), l’aria che si respirava nel mondo dell’arte, iniziava a cambiare, purtroppo non solo per gli artisti come me, ma (penso) anche per un “gallerista” come te, di punta, a cui interessava il presente in ogni attimo... Capii, che il momento non era più favorevole per il mio modo di lavorare, tanto da scoraggiarmi nel completare la mia presentazione attraverso le opere, sia di fotografia che di alcuni film super 8 realizzati tra il 1975, 76 e il 1977-78, che dovevo ancora sistemare per la presentazione. Una mostra che di lì a poco, avrei fatto alla Galleria Taide di Salerno (di Pietro Lista e Cristina Di Geronimo), con una proiezione informale di alcuni film, tra amici, la sera dopo il vernissage, tra cui il fotografo Pino Musi, il giornalista Giovanni Ugo Di Pace, l'antropologo Paolo Apolito, Gelsomino D'Ambrosio, Art Director di Segno Associati, lo stesso Pietro Lista e Cristina Di Geronimo, e altri. Film che poi tu hai visto in VHS, tra il 1997 e il 1999-2000. Quando alcuni giorni dopo ti telefonai mi rispondesti che ne eri entusiasta…Poi non so cosa sia successo…non ci siamo più sentiti. Io l’eterno precario (per campare) in una scuola pubblica italiana sempre più problematica e degradata, con tutti gli aspetti consequenziali che si riversavano (e si riversano) nella vita quotidiana e tu…a continuare la tua attività, tra i mille impegni, con passione, fino all’ultimo.
Infatti in quell’anno 78, mentre Mimmo mi diceva, tra l’altro, che stava cercando casa a Milano, il sottoscritto invece la lasciava (ad un amico pittore: Franco Tripodi) la sua piccola casetta (di 40 m2 al quarto piano di via Torricelli al n.5), che non lavorava più con la Casa editrice Einaudi, e intuendo quel “ritorno all’ordine” attraverso la manualità pittorica e il decorativismo, gli rispose che stava per lasciare quella città. Lasciare Milano, sentendosi “inutile”, data anche la difficoltà nel sopravvivere e nel rifiutare sull’altro versante, il facile mercato del sottobosco della città meneghina. Per la stima che tu sicuramente provavi nei miei confronti, fui invitato da te (dopo che avevi preventivato una mia presenza in galleria con un paio di mie opere) ad adeguarmi alla nuova realtà, che come ti dissi, non mi sentii di “accettare”, ringraziandoti di cuore, convinto fino all’ultimo del mio lavoro (anche se tra mille dubbi) che stavo svolgendo e che avevo svolto fino ad allora e che stavo portando avanti, guardando oltre il presente (incosapevolmente proiettato verso gli anni 90?), che tu ancora non conoscevi bene fino in fondo, dal momento in cui “oggettivamente”(come fummo travolti entrambi dal ritorno all'ordine con lo “tzunami” della transavanguardia e di altri "movimenti" similari) fosti costretto (forse), anche senza “tradirmi” ad “abbandonarmi” e non mi fu più dato tempo di proseguire nel fartelo conoscere. Il "Nuovo Futurismo" che teorizzasti nel 1983, insieme a Renato Barilli, era ancora lontano…Così tolsi l'incomodo...non perché non sapessi dipingere "rifiutando la pittura" (anzi avrei potuto riprendere con un mio segno neo-espressionistico che avevo da adolescente allievo nell'Istituto d'Arte di Salerno), ma perché il mio lavoro guardava innanzitutto oltre me stesso, la narrative art, la body art, la performance, era molto "diverso" dalle altre esperienze che tu avevi proposto in quegli anni a Milano, tra cui due grandi della body art, Gina Pane e Marina Abramovic, Guglielmo Achille Cavellini e tanti altri. Una similitudine azzardata, era possibile con altri giovani su un lavoro (forse) prettamente fotografico (inteso come linea di partenza), ma non nell'uso dei vari mezzi tecnico-espressivi, tra cui il desiderio per un uso autonomo del mezzo filmico...
Arrivarono gli anni 80. Che per me rappresentano un “buco nero”…Ormai da Milano ero rientrato a Salerno, dall’estate del 1978, dove nella mia città (Campagna), ho vissuto il tragico terremoto del novembre 80, e dove nel 1982, dopo le mie prime personali alla Galleria Taide di Salerno, nel 1978 e 1981 (che volevo e dovevo fare con te, con la proiezione di alcuni dei miei film super 8, perché è con te e con altri cari amici artisti di Milano, che maturai una mia visione, in quella città dove ho vissuto intensamente gli anni giovanili e di una ricerca spinta agli estremi, non perché Salerno non mi andasse bene, anzi, è il mio capoluogo di provincia, la città della scuola di critica d'arte, dove ho studiato, sognando l'arte, ma al tempo stesso era una città lontana da un circuito nazionale e internazionale), per non sentirmi di nuovo “inutile”, recuperai un antico evento del fiume, in disuso ormai, che serviva, oltre che a pulire le strade della città, nella sua deviazione fluviale, ad un’economia locale che non c’era più, composta da mulini, pastifici, cartiere e creterie (trasformandolo in opera d’arte, come dicono gli amici)…e coinvolgendo “irresponsabilmente” nell'idea progettuale molti altri artisti di ogni parte d’Italia, ad esprimersi con un proprio linguaggio espressivo…attraverso la perfomance, laboratori di pittura e scultura, musica, teatro,danza, video…mentre Lucio Amelio a Napoli, in contemporanea, “responsabilmente”, realizzava “Terrae Motus”, con alcuni dei mostri sacri internazionali dell'arte, dopo avermi invitato nel 1979 a partecipare, come giovane, alla Rassegna sulla nuova Creatività nel Mezzogiorno.
Posso dire che nella mia vita, fino ad oggi, ho trovato solo te come interlocutore serio e rigoroso, con cui confrontarmi e maturare una mia visione…anche se è mancato quel momento magico di verifica, al seguito dei numerosi incontri che facevamo, per i motivi sopraindicati, dove per un attimo ti sei “distratto”, con tutta la mia comprensione, ma al tempo stesso con tanta amarezza e rammarico da parte mia…in una Milano “grigia”, dove complessivamente ho vissuto per quasi 15 anni, nel mio nomadismo da pendolare, nei continui andirivieni, tra il nord e il sud (Milano-Salerno), nei treni affollati di 2 classe (ultimo step dal 1996 al 2003). Ancora oggi, non riesco a pensare che tu non ci sia più. Per me sei sempre in quell'appartamento di via Pontaccio, in una Brera “da movida”, vuota e irriconoscibile, con quel tuo sorriso sempre immancabile e con quegli occhi ingigantiti dagli occhiali, da sembrare due binocoli…e la tua disponibilità al dialogo sempre aperta! Milano (la città a tolleranza zero) non ha perso solo un gallerista, ma un pilastro dell'arte contemporanea in Italia...e uno dei più importanti in campo europeo.
Caro Luciano, sapessi quanto mi è mancata la mia prima mostra personale con te, mediante una tipologia di lavoro basilare (1975-76-77- film super 8 e fotografia di una realtà altra, nuda e cruda), in anticipo di almeno 14 anni da quell'humus iniziato negli anni 90 (anni di fuoco), aprendo le danze dalla tua postazione milanese, con una delle prime esposizioni che facesti, ospitando tra gli altri, Betty Bee e la prima di Vanessa Beecroft, segnalata da Giacinto Di Pietrantonio...dove invitare tutti i miei amici di Milano (e i tuoi amici), con i quali sono cresciuto e mi hanno aiutato a crescere.
Spero di poterla fare in un'altra dimensione con te, nel bruniano universo "infinito et mundi", per rifarci del tempo perduto...anche se io non credo nella reincarnazione come te...
Un caro abbraccio…
Angelo Riviello
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