Amarcord 9
Incontri, Ricordi, Euforie, Melanconie
di Giancarlo Politi
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Il primo viaggio a New York con Pio Monti
Se ripenso al mio primo viaggio a New York mi scappa da ridere. Lo desideravo da sempre, forse da ragazzino, quando mio padre, non so come, mi regalò una giacca di pelle (o similpelle?) come quelle dei piloti dei caccia anglo americani (almeno così mi sembrava). Ricordo che, come Alberto Sordi ne Il Vigile, mi guardavo orgoglioso allo specchio e mi sentivo un vero pilota. Immaginavo già l’invidia dei miei coetanei con quella giacca americana e io volavo già sopra le nuvole. Non so perché ma il mito dell’America, per la mia generazione, era fatale. Forse per le interminabili file di camion degli aiuti del Piano Marshall con sacchi di grano che tanto piacquero anche a Burri e che vedevo sfilare davanti alla mia casa, sulla via Flaminia, a Trevi.
Portai quella giacca con molto orgoglio anche se mi pare che ai miei compagni passò inosservata come se non la portassi. E questo fu per me una delusione cocente, eppure io mi sentivo realmente come Sordi nella sua divisa da vigile.
Il mio desiderio di conoscere l’America (e in particolare New York), aumentava con l’età: verso i 17 anni mio padre che faceva il camionista e si recava spesso ad Albano, nelle vicinanze di Roma, dove mi lasciava sul raccordo anulare in prossimità della via Flaminia (e mi riprendeva la sera nel medesimo posto). Poi io un po’in autostop e un po’a piedi riuscivo ad arrivare a Roma, in via Veneto, proprio davanti all’ambasciata americana, dove c’era una bellissima biblioteca dell’USIS (United States Information Service). Pare fosse un’idea della CIA per promuovere una certa immagine dell’America e informare gli italiani sulla sua cultura. Ma sinceramente era una promozione ben fatta. In particolare c’era una rivista di cultura e arte dove vidi per la prima volta un grande contenuto sull’Espressionismo astratto americano, Rothko, Franz Kline, de Kooning, Pollock, che poi rividi nel 1958 alla Galleria Nazionale, nella splendida mostra organizzata da Palma Bucarelli, che alcuni anni dopo espose anche Burri e Manzoni procurando proteste parlamentari sedate da Giulio Andreotti, pare grande ammiratore della bellissima Palma Bucarelli. Dunque già dall’età di 15 anni vivevo con il mito di New York, che però restava un sogno. Invece il mio sogno si concretizzò alcuni anni dopo, nel 1967, grazie all’incontro di Boxe per il titolo mondiale tra Benvenuti e Griffith e alla generosità del mio amico Pio Monti che mi offrì il viaggio. Da Macerata, gli iscritti dell’Aci avevano organizzato un viaggio Roma New York di una settimana, per assistere al match mondiale Benvenuti Griffith, al Madison Square Garden. Costo, mi pare, 170 mila lire (oggi 85 euro), volo e hotel compreso (e forse biglietto per il match, ma che noi ignorammo). Allora non esistevano i voli low cost e questa occasione offertami da un amico mi parve una manna del cielo. Quando atterrammo a New York, mi pare al vecchio aeroporto Fiorello La Guardia, io camminavo a 50 cm da terra (appena atterrato, di nascosto, baciai il suolo americano). Attorno a me presero corpo i fantasmi di Geronimo, di Buffalo Bill, Pecos Bill, il Piccolo Sceriffo, ma soprattutto di Tex Willer che allora usciva in formato orizzontale a strisce. Ma anche l’emozione di mettere i piedi sulla terra dei poeti che amavo, (Walt Whitman, Ezra Pound, T.S. Eliot, Edgar Allan Poe), e di Jackson Pollock, che mi aveva già frastornato in Italia.
Il Cowboy che fuma a Times Square
Un autobus ci portò all’Hotel Piccadilly, proprio sull’angolo con Times Square, con l’immensa immagine pubblicitaria del cowboy dalla cui bocca usciva il fumo della sigaretta Camel. Non potrò mai descrivere quelle emozioni. L’hotel mi sembrò una reggia faraonica, il più bell’albergo del mondo, con i suoi 30-40 o forse 50 piani, immenso e popolato da un via vai colorato e chiassoso, con edicola (Newsstand) aperta 24/24 che vendeva i giornali ma anche generi vari (aspirine, chewing gum, biscotti, panini, cioccolate, ombrelli, cartoline, ecc.). Insomma molto più del Paradiso Terrestre e di quanto avessi appreso dai miei fumetti. Io, in una stanza al ventottesimo piano con Pio Monti, nel cuore di Manhattan, in un letto grande come non avevo mai visto e accanto il fumatore della Camel con il suo grande cappello da cow boy che mi sembrava sempre più Tex Willer. E dalle cartine stabilimmo che il MoMA sulla 52ma era raggiungibile a piedi e così molte gallerie che allora erano attorno al MoMA. Senza nemmeno una doccia e senza aprire le valigie, io e Pio Monti ci precipitammo a visitare Pace Gallery, Sydney Janis, Leo Castelli, Marlborough. Pio che aveva rapporti con Carla Panicali di Marlborough di Roma, volle subito visitare la casa madre di New York. La mostra era una collettiva da cui Pio, come un cane da tartufi, individuò un bel Rothko che decise sarebbe stato suo. Iniziò subito le trattative con il direttore della galleria, che mi pare chiedesse venti mila dollari per quel dipinto, forse 70x100. Ma l’opera era bella e appetibile. Pio Monti, parlando in italiano e l’altro in inglese si accordarono appunto per 20 mila dollari, tirò fuori dalla tasca 100 dollari e li lasciò come caparra, chiedendo che l’opera gli venisse spedita alla Marlborough di Roma. Io, rosso dalla vergogna, guardavo la mostra e facevo finta di non conoscere quell’italiano che voleva comperare un Rothko con 100 dollari. Con mia grande sorpresa i due si strinsero la mano e l’affare sembrava concluso – questo un’ora dopo essere arrivati a New York. Guardammo altre gallerie, in attesa di poter andare l’indomani al MoMA. Tornammo in albergo, per poi mangiare in una bancarella: credo würstel con birra. Ma tutto era estremamente buono e straordinario, l’adrenalina rappresenta una spinta inarrestabile. L’hotel mi appariva lussuoso (mentre quando l’ho rivisto negli anni successivi mi apparve ciò che era, cioè una topaia). La sera a New York mi parve fresca e gradevole, le mille luci di Broadway mi facevano girare la testa e sentire al centro dell’universo. Fu una settimana indimenticabile: visitammo anche la vedova di Ad Reinhardt (Pio voleva comperare un’opera) ma lei, bellissima e ieratica (dopo la morte di Reinherdt divenne la donna dell’Espressionismo astratto newyorchese, compito che esperiva con una grande classe e fierezza sapendo di essere l’amante della Storia), ci rinviò a qualche galleria. Al MoMA io fui preso dalla sindrome di Stendhal, con veri capogiri e mancanza di respiro: le sale dei futuristi italiani che non avevo mai visto in Italia, la Metafisica, il Cubismo, ma soprattutto, nuovo per me, le sale degli espressionisti astratti americani e della Pop Art. Amici, voi non sapete cosa significhi veramente la sindrome di Stendhal da uno che arriva a New York da Trevi. Tutto era bello, fantastico, incredibile ma che ti faceva restare senza fiato. Ma veramente. Anche il cibo (sempre würstel) mi parve ottimo. Inutile dirvi che visitammo tutte le gallerie possibili, anche i numerosi buchetti che stavano nascendo, io per curiosità innata, Pio per cercare qualche artista nuovo.
Albers prendeva la comunione prima di iniziare ogni quadro
Un giorno Pio mi disse che si doveva andare a New Haven, nel Connecticut (a un’ora di treno) a visitare Josef Albers. Pio, senza alcun appuntamento ma avendo saputo che Albers era religiosissimo, sino al punto di fare la comunione prima di iniziare un nuovo quadro, perché ci disse lui stesso che la comunione lo aiutava a ottenere un’opera santa e perfetta. Parole sue, dette davanti a me e Pio Monti, aprile 1967, pronunciate da uno dei più grandi pittori del secolo: Pio che sulla porta si era presentato con un mazzo di fiori per Annie Albers, tirò fuori dalla tasca una bottiglietta con l’etichetta di Acqua Santa benedetta dal Pontefice Paolo VI. Albers si commosse al punto che quasi cadde per terra; poi baciò le mani di Pio, il cui nome gli ricordava Padre Pio di cui il Maestro era devoto. Peccato che la bottiglietta era stata riempita con l’acqua del rubinetto all’Hotel Piccadilly.
Inutile dire che Josef Albers in quella circostanza (ma anche successivamente) fu molto generoso con Pio Monti che acquistò, mi pare tre quadri, a prezzi veramente modici. In seguito organizzò a Macerata una bellissima mostra di Albers con opere scelte di cui il maestro del quadrato fu molto contento.
Forse dovrò dedicare un altro Amarcord ai miei viaggi incredibili con Pio Monti.
Al ritorno in Italia (io mi portai dietro ricordi, documenti e idee con cui vissi di rendita con Flash Art per alcuni anni: e così avvenne anche in seguito. Un viaggio a New York a comperare idee che erano avanti di cinque anni rispetto all’Europa).
Pio Monti corse dalla Galleria Marlborough e da Carla Panicali a consegnare un assegno postdatato di una settimana per ritirare il Rothko che mise sul bagagliaio della macchina cercando di andare a venderlo al Nord, come diceva lui. Non so dove andò a cercare di vendere il Rothko, ma ricordo, che me lo vidi arrivare a Brescia, dove io in quel momento mi trovavo, disperato perché non aveva venduto l’opera e l’assegno scoperto gli stava scadendo. Gli presentai un illuminato collezionista bresciano, Antonio Spada, che anche su mia intercessione, gli comperò il Rothko, ma al prezzo a cui Pio l’aveva acquistato. Il quale per non mandare in protesto l’assegno, fu felice di cederglielo. Questo e mille altre cose era Pio Monti, di cui gli appassionati d’arte sanno poco. Come di tanti altri protagonisti dell’arte, dimenticati anche da Wikipedia.
PS. NON SIAMO SU SCHERZI A PARTE
Vorrei precisare una volta per tutte che ciò che racconto sono episodi reali, di vita vissuta in prima persona. Non invento nulla. Semmai trascuro o dimentico qualche dettaglio. Per questo faccio nomi e cognomi di persone incontrate, per eventuali riscontri, anche se molti personaggi incontrati sono ormai scomparsi. In ogni caso vi assicuro che non siamo su “Scherzi a parte”.
Contributi
Paolo Manazza
Bellissimo Giancarlo!!
Le tue fatiche, nel rammentare e disporre in un pezzo i viaggi della tua memoria, rappresentano dei piccoli diamanti.
Per quello che conto, a nome di tutti gli artisti e amanti dell’arte, ti ringrazio.
A presto
Paolo
Grazie Paolo. Con Amarcord vorrei riguardare l’arte che ho vissuto, da un’altra angolazione, quella che i critici paludati guarderebbero schifati. Ma l’arte è fatta di personaggi mistici come Albers, che si comunicava prima di iniziare un’opera e di personaggi maledetti, saberranti, drogati, ma unici. E tutti affascinanti anche se talvolta inquietanti. Penso a Francis Bacon, a Jean Michel Basquiat, o a Rimbaud e Verlaine. L’arte fatta da uomini, non solo da santi. E io con questo Amarcord voglio essere il voyeur dell’arte.
Ma non un dissacratore come alcuni penseranno, bensì un appassionato a tutto tondo. In cui benedizione e maledizione a volte sono una faccia della stessa medaglia.
Marva Griffin Wilshire
Carissimo Giancarlo, leggo sempre i tuoi Amarcord. Ma il nr.5 l’ho riletto tante volte perché conoscevo Dino Gavina e mi ha fatto enorme piacere quello che hai scritto su di lui. Sono molto amica di Silvia, sua figlia, che è molto felice della tua Newsletter. Come stai? Non ti vedo da tanto, dai tempi di Rita e Giorgio Upiglio. Spero di incontrarti presto.
Grazie, mucias gracias. Salutoni Marva
Annalisa Scillitani
Quando uscirà il libro? perché uscirà vero, uno splendido libro che metterà insieme questa affascinante storia dell’arte contemporanea attraverso i ricordi di un grande TESTIMONE e PROTAGONISTA?
Saluti Cari, Devoti, Distinti, Appassionati, Cordiali, Formali, Affascinati, Grati.
Scelga Lei. annalisa scillitani bibliotecaria e lettrice
Cara Annalisa, spero che il libro uscirà. Anzi ne sono certo. Così mi hanno assicurato Gea e Cristiano. Ma prima mi faccia finire di scriverlo. Per il momento siamo a otto. Dunque il libro può aspettare. Ne scrivo uno alla settimana. Intanto tutti gli Amarcord sono raccolti sul web nel sito: www.flashartonline.it
Non è già quasi un libro? Grazie dell’attenzione.
Ruggero Maggi
Caro Giancarlo,
mi ha fatto molto piacere leggere il tuo Amarcord su GAC, di cui ero molto amico anch’io.
Lo conoscevo dagli anni Settanta ed abbiamo condiviso molte esperienze tra cui un viaggio in Belgio, dove il “mattatore” era naturalmente Guglielmo con la sua autostoricizzazione. A quella manifestazione io contribuii con un centinaio di maschere raffiguranti GAC che vennero indossate al suo arrivo all’aeroporto di Bruxelles da altrettanti suoi... cloni!
L’anno scorso a Venezia, oltre a Padiglione Tibet, a Palazzo Zenobio ho organizzato anche la prima Biennale di Mail Art il cui ospite d’onore è stato proprio GAC con parte del materiale del mio archivio ed il supporto video e documentazione del figlio Piero.
Tra questi materiali ti informo che ho presentato anche le buste con interventi vari del carteggio intercorso tra te e GAC.
Mentre ti scrivo sta affiorando anche a me un amarcord che riguarda te quando, nel lontano 1976, venni a trovarti alla sede di allora di Flash Art per conoscerti e per accordarci per una pubblicità che poi ho fatto sulle tue testate: Flash Art International e Heute Kunst.
ti abbraccio, un caro saluto.
Ruggero
Antonio Carbone
Caro Giancarlo,
in questa bellissima ed istruttiva tua narrazione, di cui ti sono immensamente grato, forse manca ancora un cadeau: come è nata l’idea e poi la sua realizzazione della rivista Flash Art, e in particolare i suoi primi anni di vita???
Grazie per renderci partecipe dei tuoi ricordi, delle testimonianze sull’arte moderna italiana e internazionale dal dopoguerra ad oggi,
Un saluto. Antonio Carbone.
Antonio, dammi un po’ di tempo. Tutto affiorerà in superficie. Tutto ciò che mi appartiene e ricorderò. Saprai anche come e quando e dove e perché nacque Flash Art.
Giampaolo di Cocco
Gentile Signor Giancarlo Politi, leggo con vero diletto i suoi Amarcord, sono scritti con gusto e rendono con una naturale evidenza la vitalità degli episodi che racconta. Mi chiamo Giampaolo di Cocco, sono artista tra Firenze e Berlino, forse anche a causa del mio nome che molti ritengono, sia pure a torto, meridional-mafioso mi trovo ad essere molto isolato. Non posso certo vantare le sue numerose e importanti conoscenze, tuttavia sono stato amico di Gillo Dorfles dal 1982 fino a quando è venuto a mancare, così anche di Omar Calabrese e di Giuseppe Pontiggia, tutti grandi uomini e grandi amici che hanno l’unico torto di non esserci più. Così a 71 anni errabondo in solitudine tra la mia casa di Firenze e una grande ex fattoria che ho comprato nel Brandenburgo adattandola a studio- show room senza trovare grandi occasioni di lavoro. Non posso pagarle una prima classe come Cavellini ma se volesse venire a Berlino potrei offrirle un viaggio aereo tipo Ryan Air che se prenotato per tempo costa il giusto, oltre naturalmente l’ospitalità in fattoria. Nella mia modestia credo di aver prodotto un lavoro interessante soprattutto nel rapporto arte-architettura e credo che ancora non lo abbia capito nessuno, dato anche che non è facilissimo, per cui ho bisogno di una mano; sono convinto di avere svolto una attività utile alla vivibilità delle nostre città dovrei convincere però di questo fatto politici ed operatori in modo da poter continuare. Se vuole può dare una occhiata al sito www.giampaolodicocco.com non è un gran che ed è un po’ vecchiotto, da guardare soprattutto le “installations”, ho però sistemato in giro per l'Italia e non solo varie installazioni permanenti che vale la pena di osservare dal vero. Conto insomma sulla sua curiosità e sulla sua capacità di interpretazione e spero di averla interessata, almeno un po' e che la famosa mano magari me la possa dare lei.
Un caro saluto, grazie per i gustosissimi Amarcord, Giampaolo di Cocco.
Caro amico, non sono ricco, ma un viaggio a Berlino potrei permettermelo. Senza troppi sacrifici. L’equivalente di un pranzo da Rigolo qui a Milano. Purtroppo viaggio sempre di meno, (solo la Versilia, Praga e poco altro). Non mi occupo più di Flash Art e spesso mi piace ricordare. Forse un pensionato dell’arte che vive di ricordi?
Pietro Sergio Mauri
Gentile Giancarlo Politi,
non ci conosciamo personalmente, io conosco la sua notorietà.
Grazie per il gradito ricevimento delle Sue “Amarcord”, sembra viverLe insieme ed offre il clima culturale e personale di tempi artisticamente vivaci.
Con stima e viva cordialità pietro sergio mauri
Giancarlo Nucci
Gentile Giancarlo Politi, ti ringrazio per i tuoi preziosi testi storici che completano un mosaico della dimensione arte.
Seguo con molta attenzione il tuo percorso e conosco la tua presenza dagli anni Settanta. Ti ho incontrato durante alcune mostre tipo Palazzo del ghiaccio Milano, ma non sono mai riuscito ad incontrarti per uno scambio di idee. Intanto grazie per il seguito che dai alle tue relazioni con il mondo dell’arte. Non ho ricevuto il numero 6, ti ringrazio in anticipo, attendo tuo invio. Con stima per il tuo impegno.
Giancarlo Nucci pittore
Potrà trovare tutti gli Amarcord su www.flashartonline.it. Grazie.
Maribea
Grazie
I suoi ricordi, i suoi pezzi di storia sono così veri che mi commuovono... sono una bellissima lettura
Maribea
Vittorio Pannone
STAI RIATTIVANDO LA VITA.
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