A Ferrara il primo museo dedicato all'artista salernitano Ugo Marano
Da 1TV5, 19 Ottobre 2013, ore 13:32
Sono già trascorsi due anni da quel 15 ottobre 2011 quando il mondo perse la luce del maestro Ugo Marano, artista poliedrico, ceramista, morto all’età di 68 anni. Proprio in questi giorni in cui ricorre l’anniversario della sua dipartita, arriva la notizia che l’ASP, l’Azienda Speciale di Servizi alla Persona del Comune di Ferrara ha dato parere favorevole alla nascita del Primo Museo Ugo Marano, accogliendo così la richiesta dell’associazione DNA Maratea Contemporanea, da sempre attenta nel divulgare opere e pensieri dell’artista, e la disponibilità della Famiglia Marano. Il Museo dovrebbe sorgere entro l’anno nei locali di proprietà dell’ASP siti nei pressi di Via Ariosto a Ferrara e dovrebbe proporsi come Fabbrica delle idee e dei linguaggi. DNA Maratea si occuperà della promozione e gestione delle attività culturali. La famiglia Marano, invece, darà in comodato temporaneo (7anni rinnovabili) opere e idee legate al tema della città , dell’architettura e dello sviluppo, in linea con il ruolo avuto a Ferrara dall’artista quando era in vita. Egli, infatti, con l’economista Pasquale Persico, partecipò al Piano Strategico di Ferrara, strumento pianificatorio di medio-lungo periodo, proposto per delineare percorsi di sviluppo dei territori e lì espose la sua riflessione sulla città. Il costituendo Museo, dunque, si condenserà di alcune delle opere più belle di Ugo Marano, quelle che più rappresentano questo artista e la sua capacità di essere insieme un abile artigiano e un fine pensatore, quelle che hanno proposto rotture culturali e propositive. Sarà un laboratorio temporaneo di ricerca sull’arte contemporanea, un piccolo museo d’arte. Stupisce, però, che a ricordarsi del maestro, originario di Cetara in Costiera Amalfitana, sia stata Ferrara prima e meglio di altre città a lui più vicine, quelle salernitane e campane, che ancora l’idea di un Museo dedicato a Marano non avevano concretizzato. Evidentemente la città estense ha capito di più il messaggio dell’artista se gli rende omaggio a due anni dalla morte. Ferrara ha dato così materia ad un concetto di Marano: la vitalità della morte come humus necessario.
Daria Scarpitta
Tra le tante notizie di musei che chiudono, pare che se ne stia aprendo uno a Ferrara, dedicato all'amico artista salernitano di Cetara, Ugo Marano, uno degli artisti di quel 1976 ("Arte nel sociale"), invitati da Enrico Crispolti alla Biennale di Venezia di quella edizione 76, il cui esordio, come ricordato da Angelo Trimarco..."risale al 1968. ad Amalfi, dove negli Arsenali dell’antica Repubblica, l’arte povera, pilotata da Germano Celant, inizia la sua avventura d’alto mare". Lui che dal territorio non ha mai voluto staccarsi per trasferirsi altrove, per scelta non solo di vita, ma artistica e culturale..."E' quì che devono venirci a trovare...", mi disse una volta d'estate sotto casa sua a Cetara, con quel mare meraviglioso che faceva da cornice al dialogo...A me che abitualmente, ero quasi sempre su un treno di seconda classe, nell'andirivieni e nei soggiorni, tra un sud e un nord del paese, nel mio modo interdisciplinare di lavorare sull'Identità e Memoria. Potevo capirlo, certo, per la sua scelta "coraggiosa" nel restare, dando nuova linfa all'arte della ceramica e della terracotta, nella sua patria di "scuola vietrese" sulla Costiera Amalfitana, nell'essere insieme, come dice Daria Scarpitta, un "abile artigiano e un fine pensatore". Mi chiedo, al tempo stesso, e al di là delle recenti ed effimere "Luci d'artista", e a parte il FRAC di Baronissi (che non è il capoluogo), se bisogna ancora aspettare molto a Salerno, da parte delle Istituzioni, per avere un museo, non solo per Ugo Marano, ma per un'intera generazione che ha dato molto alla città di Salerno e al territorio tutto del salernitano e campano, un museo vivo (come da noi tutti amato) che sia una base di partenza, per un percorso, fino alle ultime generazioni...Eppure non sono mancati e non mancano (ancora oggi), personalità di quella famosa Scuola di Critica d'Arte di Salerno...Cos'è? è per caso assente una politica istituzionale??? Possibile che a Salerno si preferiscano solo i "presepi e le luci di Natale"???
Angelo Riviello (16-Febbraio, 2014)
Ugo Marano, l'autore della "Fontana Felice", nel ricordo di Angelo Trimarco, presidente della Fondazione "Filiberto Menna" di Salerno
Ad Amalfi, il 1968
di Angelo Trimarco
Per ricordare Ugo, ora, mi soccorre una foto di gruppo. E’ il 1968, ad Amalfi, dove negli Arsenali dell’antica Repubblica, l’arte povera, pilotata da Germano Celant, inizia la sua avventura d’alto mare. La foto raffigura Ugo, capelli folti, altissimo, e con una cartella bianca stretta in mano,Marcello Rumma, che di Arte povera più Azioni povere è stato l’artefice, chi scrive, una ragazza con una treccia lunghissima che segna le esili spalle e, sullo sfondo, Gerry Schum, artista, gallerista e collezionista che, in questi anni e anche dopo, ha girato il mondo per raccontare con la sua telecamera i momenti più significativi dell’arte in corso.
Avevamo, tutti, meno di trent’anni ad Amalfi, nel 1968, quando, temerariamente, da punti cardinali diversi, abbiamo scelto di affacciarci nel mondo dell’arte come artisti, collezionisti e critici, comunque, stupiti dalle recenti esperienze che stavano cambiando la scena dell’arte e, insieme, speravano di trasformare il mondo.
E’stato proprio nel 1968 che Ugo, in piazza del Duomo, ha presentato i suoi lavori. Si è trattato di una prova generale, se non di un esordio, alla presenza del popolo dell’arte che, negli stessi giorni, festeggiando l’arte povera, anima la Rassegna di Pittura, divenuta internazionale dalla seconda edizione. La mostra è scandita da sculture, in armonia con lo spazio che si apre sul mare e sul sacro: sculture che rifiutano i materiali nobili, il marmo e il bronzo. E’ questo un tratto – le sculture nell’aperto del cielo, del verde e dell’aria – che l’artista, nel corso del tempo, non abbandonerà tanto da pensare e realizzare, in questa tensione, il lavoro, di scultura e di design – un design che ama il suono del vento -, alleggerito, di volta in volta, con materiali sempre meno invadenti e più teneri, come la ceramica.
Ha voluto che anche la ceramica, talvolta semplici piatti, avesse la seduzione del gioco e l’intensità dell’amicizia. Così, un’estate, per La festa delle Idee, ha invitato a Capriglia, dov’è nato, una famiglia di scrittori, di critici e di teorici dell’arte – Sanguineti, Dorfles e Menna, per esempio -, a realizzare un piatto. Menna, a emblema, ha segnato il piatto con il palmo della sua mano, la mano dell’artigiano e dell’artista che l’età moderna ha distinto e, poi, ha separato. Anch’io sono stato invitato a Capriglia, ma, sottraendomi alla sfida, mi sono limitato a scrivere la presentazione in catalogo citando, come si usava, un lungo brano di Deleuze sul desiderio e sulle sue derive. E’ stato anche nel ricordo di quest’incontro di piatti ad arte che la Fondazione Menna, nel salutare il carissimo amico che ci ha lasciato, ha accompagnato, quale viatico, le parole con una foto che raffigura Ugo, in macchina, insieme a Sanguineti, Bianca e Filiberto.
Anche nella nostra città, a Salerno, Ugo Marano ha realizzato un’opera, una fontana di ceramica azzurra e di acqua limpida – l’ha chiamata Fontana Felice - che ha collocata nello spazio antistante la chiesa di San Pietro in Camerellis, nel centralissimo corso Garibaldi. Lo so, non è la Fontana dei Fiumi di Bernini, a piazza Navona. Non deve essere, però, neanche una discarica. Merita, io credo, almeno un po’ di attenzione e soprattutto di manutenzione quale segno, a un anno dalla sua scomparsa, del nostro ricordo e della nostra amicizia.
Ugo Marano con Edoardo Sanguineti, Filiberto Menna e Bianca Menna (in arte Tomaso Binga)- Salerno-Vietri sul Mare, anni 70 |
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