Arte Pubblica - Public Art
https://it.wikipedia.org/wiki/Arte_pubblica
http://utopiacontemporaryart.blogspot.it/2016/10/fontana-della-chiena.html
https://achienadicampagna.blogspot.it/p/storia-della-chiena.html?showComment=1476742099726
http://utopiacontemporaryart.blogspot.it/2010/07/la-chiena-recuperata-e-restituita-alla.html
Il testo postume di quegli anni 80, di
Angelo Riviello Moscato (artista-scenografo, ideatore e curatore, della spettacolarizzazione della Chiena, trasformata in Opera d'Arte nel 1985) pubblicato sul vecchio sito del Comune di Campagna, Anno 2003/2004:
http://www.comune.campagna.sa.it/VecchioSito/index.php?option=com_content&task=view&id=316&Itemid=205
CAMPAGNA CITTA' DELL'ACQUA - 'A CHIENA
LA CHIENA
Nella settima fatica,
Ercole deviò il corso del fiume Alféo per pulire le stalle del
re Augia.
A Roma, fino a qualche
secolo fa, avveniva l’allagamento di Piazza Navona col fiume Tevere,
creando uno scenario fantastico di incomparabile bellezza.
A Torino, nel 1700, un
leggero flusso d’acqua del fiume Po, veniva incanalato, per la pulizia, nelle
strade più importanti della città.
Nella Città di
Campagna, a tutt’oggi vengono deviate le acque del fiume Tenza lungo
le strade del centro storico, dando luogo a un evento eccezionale di antica
origine, forse unico al mondo, tra la mitologia, la storia e la realtà.
Una “Piena d’Acqua” e
una “Piena d’Arte”
Happenings, performances,
teatro, mimo, danza, musica, cinema, pittura, scultura, fotografia,
installazioni, laboratori, giochi e sfoghi nell’acqua e ai confini con essa,
tra malumori e divertimenti, gioie e perplessità.
Gli sfoghi
Tra luglio ed agosto
Campagna si riempie d’acqua: il fiume Tenza viene deviato dal suo
corso perché diventi linguaggio, perché continui il suo itinerario sotto il
segno della finzione e della rappresentazione: il Tenza, incanalato lungo
le pietre quadrate della strada principale, varca porte e androni con la
semplice superbia di una divinità, si disperde in mille rivoli come le dita
moltiplicate di una grande mano. La città viene posseduta dal dio e i ragazzi
familiarizzati col mito saltano in groppa al vecchio fiume e lo costringono ad
esibirsi (come uno stanco trapezista spinto a fare stupide capriole): un fiume
che anche nel nome ha smesso l’aurea corona e il tridente intabarrandosi con
pochi stracci da contadino (“Tenza” per Pasquale Natella significa
solo “pozza d’acqua”, anzi, scendendo di un gradino, “pozzanghera”). Spettacolarizzare il
fiume, torcerne il senso come un giocoso corpo di serpente . . .
Rino Mele
Gli interventi artistici
Rassegna
Internazionale dell’Acqua-La “Chiena” : Le Porte dell’Arte, Le Porte
dell’Acqua (una situazione per uscire dall’isolamento artistico-culturale,
tra occupazione, riflessione, provocazione, trasgressione, recupero, ricerca e
continuità)
Angelo Riviello Moscato,
aprile 2004
Mi viene da dire, come
dichiarò una volta Achille Bonito Oliva, debuttando in un convegno sul
tema “Arte Contemporanea nel bacino del Mediterraneo” (mi
pare), al Museo d’Arte Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato,
del 1988 : “...io sono il fautore e il teorico della Transavanguardia...”.
Chiaramente, se non avesse avuto gli sponsors, riferimenti precisi nel
mondo dell’arte come alleati e soprattutto gli artisti, suoi collaboratori,
adatti ad esprimere e a rendere visibile, soprattutto attraverso la pittura, la
sua teoria, la sua idea stilistica e progettuale (alcuni dicono la sua
scommessa), sarebbe stata per lui, solo una teoria...un desiderio represso…da
realizzare...un’utopia...una scommessa né persa e né vinta: una scommessa
mancata! Anche lui non sarebbe passato alla Storia, ma alla Geografia (tanto
per citare una sua provocatoria, ironica e felice dichiarazione, rivolta a quei
critici d’arte, che non allineandosi con lui, forse vittime di una gelosia nei
suoi confronti, fino a renderli “impotenti”, non sapevano fare altro che
“criticarlo”, in modo patetico, senza la forza e l’”inventiva” di creare un
progetto alternativo). Grazie alla sua intraprendenza e convinzione, però, che
gli sponsors, i riferimenti precisi nel mondo del sistema dell’arte e gli
artisti, che collaborarono, vinsero la scommessa, con un ritorno di immagine
all’insegna di un successo globale clamoroso, conquistando finanche gli Stati
Uniti d’America (trasformandosi da Transavanguardia Nazionale a Internazionale),
che fino ad allòra, dagli anni 50 in poi, con l’Action Painting,
e poi negli anni 70 con la Minimal Art, la Land Art (o Arte
Ecologica), l’ Arte Concettuale, ma sopratutto
con la Pop Art negli anni 60 (grazie al ricco collezionismo
privato statunitense nei confronti di una ricerca artistica di punta, nata
dalle radici delle avanguardie storiche europee, rappresentate da artisti che
per sfuggire alla 1^ guerra mondiale e alla persecuzione nazista, prima della
2^ guerra mondiale, si rifugiarono negli U.S.A, tanto da trasferire la
capitale dell’arte, dalla mitica Parigi a New York), esercitavano anche nel
mondo dell’arte, una politica di “imperialismo culturale”, e l’Europa, riusciva
solo ad esprimere singole personalità, come Lucio Fontana, Alberto Burri, Jean Fautrier, Antoni Tapies, Jean Dubuffet, Francis Bacon, Yves Klein,
Piero Manzoni, Joseph Beuys, etc., e alcuni movimenti come
l’Arte Cinetica, il Nuovo Realismo di Pierre Restany e
la Pop Art Romana detta anche la “Pop Art del Vicolo” negli
anni 60 e L’Arte Povera negli anni 70 di Germano Celant.
La “Chiena”...il
recupero. Un recupero etnico-ecologico e affettivo. Il recupero di
una memoria individuale e collettiva in loco, da far conoscere fuori dalle
“quattro mura di casa”, da far riconoscere come Bene universale, come
patrimonio dell’umanità. Il recupero di una identità antropologica, storica ed
ecologica, subito dopo il tragico sisma del 23 novembre 1980, in cui si pensava
a tutto, tranne che salvaguardare noi stessi, il nostro passato, per un nostro
futuro attraverso i nostri beni, per produrre positività...per produrre
ricchezza, scardinando i luoghi comuni e le inconsapevoli rassegnazioni, fuori
dal non usuale...provocando, a volte anche con durezza, il potere vigente. La
Creatività contemporanea, al servizio di un evento di antica origine da spettacolarizzare con
l’Arte, in una città del Sud Italia...in un territorio, quello dell'entroterra salernitano,
ricco di Storia e di Segni, dimenticato da troppi lunghi anni, che chiedeva
aiuto...che aveva bisogno di rinascere a nuova vita.
Un argomento questo
che rientrava di pertinenza, nella poetica di un artista, che come me lavorava
(strafottendosene, a quei tempi, del mercato dell’arte e del “segno” personale
e soggettivo che rincorrevano i luoghi deputati dell’arte di mezzo mondo)
utilizzando ogni mezzo artistico, in modo interdisciplinare, dalla fotografia
al cinema, dalla pittura all’installazione scultorea e sculto-architettura,
all’arte comportamentale, come conseguenza di un’idea e di un contenuto, fin
dal 1975 sulla Memoria...sulle Radici…e sulla Realtà. Poetica
testimoniata da una collettiva tenuta nel 1976 al Palazzo della Permanente di
Milano, con un lavoro peculiare, dove esposi la pagella scolastica con foto
ricordo di classe (1975-76), dal titolo “Operazione Mnemonica
Passiva” e due mostre personali tenute a Salerno, alla Galleria Taide,
la prima nel 1978 (dal titolo “Affetti”) e la seconda nel 1981 (dal
titolo “godardiano”,“Due o Tre Angoli di Casa” ). Nei
film, grazie anche alla conoscenza del regista, teorico e poeta Raffaele Perrotta e
del film-maker (operatore poi di Vittorio De Seta) Federico Bruno (collocandosi
nella ricerca tra un Cinema Indipendente-ex Underground e
un Cinema d’Artista), fra gli altri (girati tra il 1975 e il 1976,
con montaggio diretto in macchina e con pochi spiccioli, ricavati dalla vendita
“in bicicletta” dei libri Einaudi a rate, a Milano), nel 1977,
d’estate, a Campagna, girai un film Super 8 sui bagni al fiume Atri “Il Sciumare”, e
d’inverno“ Il Maiale” sull’uccisione di detti animali. Un
anno dopo, nel 1978, un regista di Cinecittà, Ermanno Olmi gira il
film “L’Albero degli Zoccoli”, ambientato nel mondo contadino
della bassa bergamasca, dove l’uccisione di un maiale avveniva in modo
molto simile, a quello dell’entroterra salernitano (strana
coincidenza). Il recupero di una propria radice: autobiografica, intimistica,
storica, antropologica e culturale, mediante i ricordi personali e attraverso i
luoghi, monumenti, usi e costumi, pre e post sisma...iniziando
dall’infanzia post bellica, negli anni 50.
Nel 1991, sul palcoscenico
del teatrino di Piazza Teatro, della Città di Campagna, nell’ambito della 7^
Rassegna dell’Acqua (9° anno di recupero della Chiena), abbinata quell’anno,
in via sperimentale (per un’ennesima assenza di fondi) al 7^ Festival Teatro
Ragazzi, presentai una Performance dal titolo “magrittiano”, “Intervallo:
Questo non è un Asino”. Un Omaggio a quattro Asini veri, tra la
gioia dei bambini, di quel mondo antropologico contadino scomparso, che
interpretavano loro stessi, con voci di attori fuori campo, che ponevano degli
interrogativi al pubblico, coinvolgendoli nel coro delle voci a recitare, alla
stessa tregua di n rosario, la loro definizione di “Asini”, presa dal
vocabolario Palazzi, della lingua italiana. Qualcuno...della classe dirigente
dominante, e presente (come partito) in ogni Ente pubblico, provinciale,
regionale e nazionale, tentò di fare una querela nei miei confronti. Ma ahimé!
Mancavano gli estremi: si parlava solo di "Asini"...di semplici,
umili e onesti asini, in via di estinzione nell'uso di animali da soma, nel
mondo contadino, ormai oggi, quasi definitivamente scomparso.
Mantenendo intatti i
contenuti, in modo intuitivo e creativo, con convinzione e decisione, operai un
trasferimento e uno sconfinamento al di fuori delle dimensioni limitate
dell’opera canonica (sia essa pittura, fotografia o film), per invadere lo
spazio fisico-sociale della città, tanto da ricordare, per alcuni
versi quell’Arte Ecologica degli anni 70, di
Walter De Maria, Christo, Richard Long, etc.detta
anche Land Art o Earth Art (di cui
sopra), che consci della lezione di Fontana (con il suo Spazialismo)
di un decennio prima, dallo spazio fisico circostante della tela, sconfinarono,
estendendosi nello spazio del territorio. Fu, anche per me, un gesto naturale
Operare al di fuori dei luoghi deputati dell’arte. Tutto l’opposto di ciò che
succedeva allòra nel mondo dell’arte, che si chiudeva in se stesso,
nei luoghi chiusi: luoghi del sistema. Operare nella realtà,
con l’invenzione di altri luoghi: luoghi aperti, con l’esigenza e
nel tentativo di coinvolgere e di avvicinare il pubblico all’arte
contemporanea, di renderlo partecipe di un’esperienza, di “...far riflettere
sul rapporto tra uomo e natura...”, per dirla con
Gillo Dorfles, pensando in questo caso, al recupero della Chiena,
come ad un Happening degli Happenings, e non solo, ma anche (tra la Chiena e
il Museo), come luogo di ricerca, di riflessione, di discussione, di incontri,
di laboratori, di sperimentazioni e di “invenzioni”. Scaturì un Progetto.Soddisfacente moralmente
per l’uomo artista, ma un Progetto “monco” nei suoi investimenti per uno
sviluppo economico, per l’uomo cittadino, per la Comunità, per ignoranza
altrui, sopratutto degli Enti Pubblici non adeguati ai tempi, invasi solo,
all’epoca, dai “politichini” della partitocrazia, che rappresentavano la
negazione assoluta di qualsiasi sviluppo umano e civile, artistico e culturale,
sociale ed economico. Incapaci di cogliere le novità, legate al patrimonio
preesistente, e di incentivarle per garantire una continuità. Ero molto
lontano, in quegli anni, come documentato anche da un mio articolo pubblicato
su "L'Umanità - Speciale Arte", del 30 settembre 1983,
dagli obiettivi “integralisti” della Transavanguardia, come erano
lontani gli artisti (nei vari linguaggi multipli e interdisciplinari, fra arte
visiva, performances, happenings, fotografia, installazioni,
laboratorio, teatro, danza, musica, poesia...), che di lì a poco, avrebbero
aderito, nella sua espansione, all’idea progettuale, invadendo letteralmente la
Città di Campagna, dal 1985 al 1994: Francesco Bonazzi, Anna Malapelle e
Fausto De Marinis da Verona; Salvatore Anelli e Franco Flaccavento da
Cosenza; Sergio Pavone, Antonio Porcelli, Beppe Schiavetta e altri, da Genova;
Gaetano Nicola Cuccaro e Arcangelo Moles, da Potenza;
Emilio Morandi, da Bergamo; Raffaella Formenti , da Brescia;
Nicola Frangione, da Monza; Rosanna Veronesi, Vincenzo Pezzella e
altri, da Milano; Alessandro Mautone, Donato Vitiello, Patrizia
Marchi, Giovanna Stella La Nocita, da Praiano; Angela Hart O’Brien (irlandese),
da Firenze; Birgitt M.Shola Starp e GutteNorrild di
Copenaghen; Gisela Robert, di Monaco di Baviera; Barbla e Peter Fraefel da Biel Svizzera; Godwin Ekard,
di Vienna; Aitor Romano e Josè Bravo di Caracas; Maria Wojcik di Wroclaw (Polonia);
Renata e Giovanni Strada, da Ravenna; Alfonso Filieri, Elisabetta Gut,
Gisella Meo,Gloria Persiani, Riccardo Bergamini & Anna Zeppieri,
Emilio Leofreddi, Massimo Liberti, Marco Fioramanti, Vincenzo Cozzi e
altri, da Roma; Lucia Buono, Ilaria Bona e altri, da Bari; Fulgor C. Silvi,
dalle Marche; Camillo Capolongo, Enrico Viggiano, Mariano Mastrolonardo, Nizzo De Curtis,
Giuseppe Desiato, Giulia Piscitelli, Pasquale Cassandro e
altri, da Napoli; Arturo Casanova e altri, da Caserta; Pina Fiori, da Macerata;
Riziero Giunti, Cristiana Moldi Ravenna e altri, da Venezia;
Giovanni Canton, Antonio Baglivo, Gerardo Palmieri, Mirella
Monaco, e altri, da Salerno; Vito D’Ambrosio, Gelsomino Fezza, Antonio
Corsaro, Pompeo Ganelli, Antonio Luongo (detto Antoniuccio), Nino Aiello,
Daniele Gibboni e altri, da Campagna; Giorgio Gallotta, Vittorio Scarpa,
Pasquale Anzalone, da Eboli; Eva Rachele Grassi e Angelo Ermanno Senatore
(nomadi), da Roma, Parigi e da Salerno; Alfonso F. Mangone (nomade),
da Firenze, Amsterdam e da Altavilla; Angelo Riviello (il
sottoscritto, nomade), da Zurigo, Copenaghen, Milano, Roma e da
Campagna, etc.Non avevo e non avevamo speranza altrove, dove imperava solo
un Mostrismo di Pittura tout court, di un esercito di
gregari senza personalità e dignità, senza idee, senza contenuti, senza
dibattiti, senza confronti e senza verifiche, con l’alta sovrintendenza e
supervisione, dove a prevalere più forte era un’unica idea (e giustamente), di
Achille Bonito Oliva (che stimo e rispetto) e dei suoi “alleati”. Depresso e “incazzato”,
registrando con dignità questo humus di dissidenza, mi sentii in dovere di
rilassarmi, di divertirmi e di continuare la mia ricerca, tra pubblico e
privato e di mettermi a disposizione della mia Città...la Città che ha
registrato la mia nascita, dove mi "rifugiai", per non sentirmi
“inutile” e “disoccupato” e per giunta senza un sussidio per continuare una
ricerca (come avveniva nel resto dell'Europa civile, di nazioni presenti, che
conosciamo molto bene, nei confronti dei loro figli, ), in un’Italia, incapace
di guardare, di ascoltare e di recepire, nella sua tanto decantata
“democrazia”, “civiltà” e “libertà”, nell’abbraccio ipocrita dell’inno di
Mameli, altre voci...di figli traditi...diverse dal coro, che non venivano
ricambiati nel loro affetto (anche se "irrequieti" per smuovere i
luoghi comuni) anche nell’interesse e nei confronti della "madre
patria", capace, quando se e quando si ricorda, di rendere omaggio, a
questo o a quel dato artista, solo dopo la morte. Un altro luogo
comune di cui, pare si vada fieri, nel nostro “bel paese”. E oggi le cose pare
che vadano peggio...con la cultura del vuoto che avanza.
La “Chiena” (per
ritornare nel nostro specifico), che ha sempre organizzato il Comune di
Campagna, nel periodo estivo, fino a pochi anni prima del sisma del 1980, era
un mezzo economico, naturale ed ecologico per pulire il corso principale della
città: il salotto dei campagnesi. Si affiggeva un’ordinanza
amministrativa, in cui il sindaco ordinava e avvisava la cittadinanza della
pulizia del corso. La delibera storica che ufficializzava la Chiena (di
antica origine imprecisata), è del 1889 (come rilevato da una ricerca di Mario
Onesti, da un libro di Storia locale di Raffaele D’Ambrosio). Al tempo stesso,
il sindaco dava incarico al banditore di avvisare ulteriormente tutto il resto
della popolazione sita nei numerosi quartieri alti e bassi, del centro storico
e antico della città. In quel 1889, fu restaurato il canale che captava le acque
del fiume Tenza e finanche la pavimentazione del corso Umberto,
per meglio far scivolare l’acqua, su progetto dell’ingegnere Antonino Pastore.
Si spera in una ripresa da parte del Comune, o di un delegato come la Pro Loco,
di riutilizzare la “Chiena”, nel modo tradizionale, e
cioè, per pulire le strade del centro storico, anche per differenziarla, dal
suo nuovo uso, che scaturì dal 1982 al 1985, elevata, dal sottoscritto,
ad “Opera d’Arte”, come intervento sul territorio, partendo
dalle proprie radici, da una propria formazione artistico-culturale e
dal proprio "essere" artista.
La Chiena dopo
il sisma del 1980, rischiava di scomparire, a parte l’emergenza nel caos della
ricostruzione, ma anche perché ci si vergognava, nell’arretratezza, di pulire
il corso principale della città, con la Chiena, nei confronti dei paesi
viciniori, adeguatisi alle conquiste del “progresso civile”, come Eboli e Battipaglia,
che per lavare le strade usavano i camion “gettiacqua”…mentre una volta, senza
fiumi, per loro era duro, e guardavano con invidia Campagna, che con
disinvoltura, si permetteva il lusso di lavare le proprie strade con un fiume…
La Chiena trasformata
in Opera d'Arte del 1985, che si fece conoscere a livello nazionale, non fu
solo il particolare di un recupero, iniziato nel 1982, con la donazione di una
Fontana ridimensionata e rimasta incompiuta (la “Fontana della Chiena”,
1982-94), che doveva rientrare in una Mostra, nel 1984, di idee
progettuali per una Rassegna Laboratorio di Scultura (un Cantiere a cura di
Angelo Trimarco, di quella Scuola di Critica d'Arte di Salerno...la stessa
Scuola di Filiberto Menna, Achille Bonito Oliva, Antonio d'Avossa e altri
) e da ubicare in Piazza Guerriero (donazione accettata dal Comune di Campagna,
solo nel 1994, senza promuovere la Rassegna legata alla Chiena), che
rientrando in un progetto molto più ampio, rappresentava un tassello
importante, insieme alla proposta di un Museo d’Arte Contemporanea (Ex
Convento dei Frati Domenicani), alla proposta di un Ostello per
studiosi e studenti (Ex Complesso Conventuale degli Osservanti-Chiesa della
Concezione) e alla salvaguardia dell’assetto Storico-Urbanistico-Architettonico della
Città di Campagna, ma fu anche una situazione artistica molto significativa, il
frammento di una piccola realtà italiana, che per certi versi ha anticipato di
circa vent’anni ciò che si dibatte oggi nelle esperienze artistiche, tra
il nord e il sud del Paese, sia nella "spettacolarizzazione"
dell'arte, nei vari aspetti comportamentali, che con i laboratori in sito, dove
le “Periferie diventano il Centro”, come nel caso della Certosa
di Padula (al sud), o nel caso dell’Ex Ospedale Soave di Codogno (al
nord), nella pratica di una domanda, da parte di Enti pubblici e privati, nella
normale prassi quotidiana dei circuiti dell’arte.
Nel 1985, dopo i primi
esperimenti (1982-83-84), a seguito del dissesto stradale di un’insula interamente
abbattuta, partì la prima edizione della “Nuova Chiena” che ebbe un eco di
risonanza nazionale (il quotidiano “Reporter” riportò l’evento in
prima pagina): la scommessa di un “sognatore” accompagnato dalla collaborazione
di altri “sognatori” (Antonio Corsaro, Vito D’Ambrosio, Vito e Bruno
D’Agostino, Vito Maggio, Mario Velella, e altri), sembrava vinta! Si
realizzò un grosso Happening, creativo (e ri-creativo) dell’Acqua, a più mani.
Una Piena d’Acqua: il fiume Tenza deviato lungo le strade della Città
di Campagna. Una Piena d’Arte: un evento pensato innanzitutto come Opera d’Arte
in movimento, sul territorio, con interventi nell'intervento, in cui avveniva
di tutto, in piena libertà creativa, con ogni sorta di medium, anche il più
povero e improvvisato. Fu un’autentica rivoluzione estetico-poetica e
comportamentale, di artisti che si divertirono come bambini. Ci fu una
situazione di “resistenza”, che differenziandosi dalle esperienze estetiche
della cultura dominante in auge in quel momento, non solo in Italia, diede
ampio sfogo alla libertà creativa ed espressiva. Artisti provenienti da ogni
parte d’Italia, anche stranieri, che occuparono l’ex Convento dei Domenicani, per
farlo diventare un Museo d’Arte Contemporanea (con la complicità scettica
dell’Amministrazione Comunale).Artisti che non si riconoscevano nel movimento
coatto della Transavanguardia, e/o in altre correnti similari
del Post Modern, la cui “novità” era la “non novità”, nel suo
eclettismo e disimpegno politico, con un ritorno alla manualità, alla
decorazione, all’uso del colore, con riferimenti ad artisti del passato, nella
ricerca di punta, elegantemente imposta dal sistema dell’arte. Artisti
“disubbidienti” e viaggiatori, quelli che approdarono a Campagna, che scelsero
la città come “rifugio”, e che hanno lasciato le loro opere al Convento di
Giordano Bruno di San Bartolomeo, un Libro/Catalogo (curato e coordinato
graficamente e nelle didascalie scritte, dal sottoscritto) e un segno nella
coscienza e nella memoria, individuale e collettiva, dell’intera Comunità Campagnese.
Artisti (dei quali, alcuni deceduti) che aspettano ancora una lettera di
ringraziamenti dal Comune di Campagna e una mostra omaggio (l’occasione del
ventennale, del 2005, penso che sia il momento giusto per farlo) e da tutte le
Associazioni culturali, in primis dall’Associazione Giordano
Bruno che ha gestito il Museo per tanti anni e, soprattutto
dalla Pro Loco, che dal 1996, ha ereditato e gestito le acque
della Chiena, nel vuoto di una progettualità, senza riconoscere, per
limiti umani, la fonte dei contenuti nel Progetto originario, di chi è stato ed
è sempre all’avanguardia nella ricerca artistica e culturale del presente (è il
suo "mestiere"), che in una parentesi particolare della propria vita,
si è messo a disposizione della comunità campagnese.
Nel 1984, intanto a
Milano, un gruppo di artisti, fra i quali Stefano Arienti, anch’essi
dissidenti nei confronti dellaTransavanguardia e della Pittura
Colta, e di altre correnti similari come Magico Primario,
i Nuovi Nuovi, etc., occupavano (senza la complicità
dell’Amministrazione Comunale) l’Ex Fabbrica della Brown Boveri,
nel Quartiere Isola, a Via De Castillia (ultimo mio domicilio di
Milano, con abitazione e studio al n.20 - 3° piano 1^ porta a destra), per
farne un Museo d’Arte Contemporanea (Casa Museo Laboratorio). Due anni
prima stavano per farlo due artisti campani: il sottoscritto e Vincenzo Pezzella,
che già abitavano in una casa occupata del Comune di Milano, in Corso Garibaldi
89, nel condominio con l'ex Fabbrica di Gelati occupata da Luciano Fabro, Hidetoshi Nagasawa,
e agli inizi, da Antonio Trotta e altri, e dove venivano spesso a renderci
visita Antonio M.Faggiano e due giovani artisti di Benevento, appena
sbarcati a Milano, Arcangelo e Pompeo Bocchini. L’intento non riuscì. Gli
artisti furono sfrattati e l’ex Fabbrica fu abbattuta (ci stanno riprovando
oggi, nella Stecca Artigiani, nella stessa città e nella
stessa strada, anch’essa destinata all’abbattimento, per un
progetto-telenovela, lungo di vent’anni, e non manca Stefano Arienti,
insieme ad altri, come Gabriele Di Matteo, Grazia Toderi, Mario Airò,
Loris Cecchini, etc.). A differenza degli artisti che raggiunsero Campagna, il
cui intento riuscì. Decollò la Nuova Chiena, e l’Ex
Convento dei Domenicani di Giordano Bruno (Casa Museo Laboratorio)
fu recuperato, salvandolo così dall’abbandono e dall’incuria del tempo (anche
se più tardi, malgrado il vincolo della Soprintendenza ai B.A.A.A.S., fu
abbattuto l’Ex Complesso Conventuale degli Osservanti-Chiesa della
Concezione: grave atto!). Altri fermenti, con altre occupazioni, di ex
fabbriche e pastifici, ci furono a Roma, mi pare, al Quartiere San Lorenzo...ma
queste furono solo occupazioni, per rivendicare allo Stato, il diritto ad avere
almeno uno Studio…un Atelier, un luogo “gratuito”, per fare ricerca e lavorare
da parte degli artisti.
Ironia della sorte:
l’impresa “non riuscita”degli artisti di Milano, fu riportata da molte riviste
specializzate, e soprattutto da un’autorevole rivista d’arte contemporanea, che
nel giro di pochi mesi, fece il giro del mondo…scrivendo così una “piccola
pagina” nella Cronaca dell’Arte. L’impresa “riuscita” degli artisti “rifugiati”
a Campagna, fu riportata nella stampa normale di molti quotidiani, di riviste
culturali generiche e di periodici, che nel giro di pochi giorni, fece il giro
d’Italia… non fu registrata nella Cronaca dell’Arte. Mancarono all’appuntamento
le riviste autorevoli specializzate, da parte di critici che si dicevano e si
dicono attenti alle novità, o più semplicemente, alle diversità, ad eccezione
(nei diversi ruoli di approccio) di Rino Mele, Antonio Castaldi, Antonio Bottiglieri,
Alfonso Tafuri, Massimo Bignardi, Erminia Pellecchia, Carla
Errico, Maurizio Vitiello, Angelo Trimarco, Sabino Manganelli,
Simona Barucco, Aldo Elefante, Pino Simonetti, Cristina Tafuri,
Antonio d’Avossa , degli scrittori Alan Frenkiel, Ferruccio
Massimi, di grafici (e non solo) come Gelsomino D'Ambrosio (famosa la sua
Scheda "Campagna" del 1985 con riedizione nel 1996)
e altri…Per disinformazione? Non credo...un intellettuale, e in questo caso un
critico d’arte intraprendente, attento e curioso, legge i giornali, altrimenti
è un semplice cronista...basta dichiararlo! Per debolezza dialettica nei
confronti di un vincente e sempre più emergente, incontrastato e carismatico
Bonito Oliva? E’ probabile. O per essere più “cattivi”, per omissione culturale?
O per pigrizia? Anche questo è probabile! Oppure, per l’isolamento in cui
versava (e versa) la città di Campagna...”sconosciuto” paese...o meglio
“invisibile” paese (finanche nel nome…confondendo Campagna con la
campagna…perciò che insisto con i miei conterranei, con il nome, storicamente
più corretto: Città di Campagna, da Civitas Campaniae (come
suggerito e fatto ossevare in latino, dal giovane storico
Maurizio Ulino), dell’entroterra salernitano, dove era impossibile
che succedesse qualcosa? O per carenze nell’organizzazione, dovute soprattutto
all’insufficienza di fondi? O perché mal rappresentata politicamente? E’
probabile che sia stato anche un pò di tutto questo. Una cosa è
certa: dove non ci sono investimenti, non ci può essere sviluppo! Dove non c'è
competenza e convinzione, non si può convincere il resto del mondo! Eppure i
soldi, in quegli anni, non sono mancati alla città di Campagna, e certamente
non mancavano alla Provincia di Salerno e alla Regione Campania e al Ministero
del Turismo e Spettacolo (attuale Ministero della Cultura):...è mancata la
sensibilità, la lungimiranza e l'umiltà ad ascoltare. I soldi, all'epoca, pare
che prendessero altre vie...
Eppure, nel 1987, ci
fu anche una presentazione del Libro/Catalogo della "Nuova Chiena"
(bilingue, molto eloquente e ricco di immagini, dell'intervento artistico del
Fiume e degli altri interventi artistici, tra la Città e il Museo) al
Palazzo Sant'Agostino della Provincia di Salerno, di cui il sottoscritto
registrò una cassetta audio a "ricordo" (un documento tuttora ben
conservato, a distanza di 18 anni), erano presenti, fra le varie presenze e
assenze istituzionali, sopratutto della Regione: il Presidente della Provincia,
che porta i saluti; il compianto Pasquale Mirra ( sindaco di Campagna), che
apre l'incontro; Giuseppe Acone (docente universitario);
Marcello Caleo (docente universitario); Andrea De Simone (consigliere
provinciale); Antonio Bottiglieri (assessore provinciale alla
cultura) e il compianto D'Orazio Corinto (assessore alla cultura del Comune di
Campagna), che chiude l'incontro. Fu un incontro inutile? Non credo! E' un
piccolo pezzo positivo, di un mosaico, che dando un suo particolare contributo
documentario, rinforza la storia di un passato tuttora attuale.
Una situazione artistica,
il frammento di una piccola realtà italiana, che chiede attenzione, per una
rilettura e un’analisi più attenta di quegli anni 80, che aspetta ancora di
essere riconosciuta, almeno, dal mondo dell’arte italiana, a partire dalla
città di Salerno, passando per Napoli e Roma...per finire a Milano e nelle
altre città e capitali europee e internazionali, per un’altra “piccola pagina”
da scrivere. Ma per far si che ciò avvenga, c’è bisogno di convinzione e di
finanziamenti continui, sempre più cospicui, da parte degli Enti pubblici e
privati, difendere, risanare, incentivare il patrimonio
"sopravvissuto" alla ruspa selvaggia, scommettere e investire sulla
rinascita del Museo, dei Fucanoli, con l’integrazione
di una Rassegna d’Arte invernale, della durata di un mese, e una tre giorni di
un Festival di Musica dell’Anima (Etnica, Jazz, Blues, Pop,
Rock, e perché no...Contemporanea) e soprattutto della Rassegna
dell’Acqua, affidandone però la cura, a mani competenti, e non a “hobbisti”
da “dopolavoro”, i quali dovrebbero solo amministrare e presenziare (e bene
anche!), se si vuole uscire fuori dall’isolamento culturale e produrre
ricchezza, se si vuol essere ascoltati, con autorevolezza, per prima cosa
dall'Ente pubblico Provinciale (basta guardare lo splendido volume fortemente
voluto dal Presidente Andria, a conclusione del suo mandato, a cui va il
nostro plauso, promosso e pubblicato dall'Ente, nelle Edizioni l'Orbicolare
2004, dal titolo "SALERNO fascino di una provincia
mediterranea", per rendersi conto di come è stata trattata la
Storia di Campagna:...sempre più "città invisibile" e in
"castigo dietro la lavagna"). Gli stessi finanziamenti, che in quegli
anni 80 non furono stanziati, per far decollare, sia la città/territorio, nel
suo aspetto storico-artistico-urbanistico e monumentale,
afflitta dalle gravi conseguenze del sisma, e che aveva bisogno di crearsi un
futuro, che il nascente Museo, la Nuova Chiena, i Nuovi Fucanoli,
e quella situazione storica di artisti che rappresentarono la punta di un
iceberg, per un disgelo lento, fino agli anni 90. Un’eccezione che come quella
di Milano, nell’arte, confermò, e conferma, la regola!
Mi piace finire,
citando un passaggio finale “premonitore” e “profetico” (sempre attuale) di
Rino Mele, di uno scritto a testimonianza di ciò che fu realizzato in quell’inizio
degli anni 80, sia come Casa Museo Laboratorio nascente e sia come esperienza
di ridestinazione d’uso della “Chiena”: “...Campagna è troppo piccola
perché molti altri si accorgono dell’eventuale fallimento del
suo spazio simbolico, ma è anche abbastanza grande perché questa piccola
impercettibile catastrofe risuoni di eco in eco sommandosi alle valanghe di
azioni mancate, peccati di omissione culturale cui è sempre troppo tardi
rimediare...”.
Angelo Riviello Moscato
Note Bibliografiche:
Rino Mele - “Il Convento di
Giordano Bruno” - Libro/Catalogo “ ‘A Chiena-Kermesse Nazionale
d’Arte Contemporanea” - Edizioni Museo Campagna - Campagna 1987
Gillo Dorfles - “ Storia delle
Arti Visuali” - Edizioni Atlas - Bergamo 2000
Il testo di questo link, sul blog di "Informazione Quotidiana", scritto nel 2013, da una certa Stefania Paradiso (giornalista? pubblicista?), non fa altro che ripetere parole scritte, precedentemente e abbondantemente da altri, senza mai citare la fonte, come nel caso di Angelo Riviello Moscato, da testi presi dal vecchio sito del Comune di Campagna, dopo una ricerca in rete, dove di sicuro ha trovato il blog di Utopia Contemporary Art, che sull'argomento espone da anni, anche per i palati più raffinati, una storia mai scritta sulla Chiena, documentata e vissuta sul campo. Fino a quando dobbiamo sopportare? Non sarebbe il caso di dare un buon esempio denunciando qualcuno di plagio, per tale comporatmento professionale, eticamente inaccettabile?
http://www.informazionequotidiana.it/2013/08/16/a-chiena-la-passeggiata-nellacqua-a-campagna/11492/